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Banda larga, tutti contro tutti (anche con soldi pubblici)

Dopo diversi lustri di pace sociale (o di “inciuci”, dipende dai punti di vista), nelle Tlc è scoppiata all’ improvviso la guerra tutti contro tutti, cominciando da Ei Towers controllata da Berlusconi, leader dell’opposizione che ha lanciato un’ Opa su Rai Way, proseguendo poi con il Governo, attraverso il Cavallo di Troia del piano per la fibra ottica che vuole ipotecare a tavolino un pezzo del futuro di Telecom Italia (privata) rischiando di lasciarla domani in balia di un pericolosissimo tiro al piccione in Borsa.

Dopo quattro lustri di duopolio televisivo e della disastrosa privatizzazione dell’ ex monopolio delle tlc (Telecom Italia) stanno arrivando al pettine tutti allo stesso momento, mentre nel resto del pianeta il mercato e le nuove tecnologie ridisegnano la mappa del mondo a cavallo tra media, telecomunicazione e internet, i “competitor” tricolori si presentano all’appuntamento in ordine sparso, senza soldi e in battaglia (apparente) tra loro.

Il RISIKO sulle Tlc italiane in corso non può essere decontestualizzato dal costante erosione dei servizi base tradizionali che storicamente generavano margini a vantaggio dei servizi offerti attraverso la rete, basta osservare British Telecom e Telefonica che si sono già proiettati sulle tv in un mondo dove i confini tra tlc, media e internet stanno sparendo.

Attualmente nel panorama italiano per far ciò bisogna investire molti soldi che non ci sono visto, infatti analizzando la situazione finanziaria dei nostri operatori abbiamo Telecom Italia e Vodafone che hanno un ebitda pari a circa il 40% dei ricavi. Significa che ottengono, dalla loro attività industriale, un margine del 40%: è tantissimo, se si pensa che una grande azienda manifatturiera quando raggiunge il 20% di ebitda brinda con lo champagne millesimato, mentre Wind ha un ebitda di oltre il 35% e quello di H3G sfiora il 18%.

Purtroppo questa redditività anziché essere destinabile a finanziare gli investimenti e remunerare parsimoniosamente il capitale è soprattutto destinata a rimborsare i debiti di Telecom e Wind, generati dalla clamorosa sfilza di errori di politica industriale commessi dai governi italiani in questo campo. E causa, a loro volta, delle condizioni di concorrenza imperfetta che hanno danneggiato tutti i competitor rispetto alla ex-Sip, ma soprattutto le stesse Wind e H3G.

La politica ha sbagliato dapprima privatizzando malissimo Telecom Italia (1997), poi lasciandola preda degli scalatori che nel ‘99 la indebitarono con quasi 30 miliardi di euro; poi, svendendo Wind a un compratore speculativo com’è stato Sawiris, infine, disertando il territorio proprio dell’intervento economico pubblico nelle infrastrutture, cioè lasciando che sulla rete a banda larga l’iniziativa fosse solo dei privati, da Telecom a Vodafone a Fastweb, che ovviamente, tarantolati dai debiti (Telecom), dall’ingordigia di utili (Vodafone) o dalle piccole dimensioni (Fastweb) hanno investito il minimo indispensabile, facendo sì che la rete a banda larga italiana, da eccellente che era, è oggi la cenerentola europea.

Sul fronte televisivo Rai Way ed Ei Towers potrebbero provare a convincere Telecom a conferire le sue torri (destinate alla quotazione per ridurre il debito) per la creazione di un polo unico in cui scaricare i loro ripetitori. Risolvendo magari così anche il delicato tema del controllo. L’ ex monopolio delle tlc – soci permettendo – potrebbe poi valutare se mettere la sua banda larga al servizio delle tv made in Italy.

L’affondo muscolare del governo sulla banda larga per la modernizzazione digitale del Paese dipenderà se si riuscirà nell’intesa di far entrare Telecom Italia nel capitale di Metroweb, la società che ha cablato Milano, trattativa è saltata sul tema del controllo: Telecom vuole il 51%. Ma Cdp – che ha il 46,2% – non è d’ accordo.

Telecom Italia ha troppi debiti per fare gli investimenti necessari, ma ha le tecnologie. Metroweb ha la struttura finanziaria necessaria ma ha bisogno delle competenze e delle strutture di Telecom. Il nodo è: chi comanda? Sulla carta sono tutti d’accordo che sia Telecom ad avere la maggioranza della nuova società, ma per Recchi e Patuano questo non è garanzia sufficiente. Quando sei in società con lo Stato che decide le regole, è lui il partner più forte. Per un’azienda senza padrone come Telecom (tutti gli azionisti forti vogliono vendere le loro quote, da Intesa Sanpaolo alla spagnola Telefónica a Mediobanca).

Sembra incredibile dopo che la politica ha lasciato che il settore delle telecomunicazioni italiane divenisse preda indifesa delle logiche speculative finanziarie: indebitamento, spolpamento, pochi o nessun investimento, l’unica strada possibile è la rinazionalizzare di Telecom Italia, sottraendola al rischio di finire allo straniero.

E il giro paranoico delle telecomunicazioni italiane pubbliche – finanziate dallo Stato, spolpate dai privati – sarà tornato alla casella di partenza. Senza che nessuno dei colpevoli di tanta assurdità abbia pagato pegno politico per questo scempio a quasi vent’anni dalla privatizzazione.

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