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Telecom Italia. Telefónica o Vivendi, dov’è che se magna ?

Francia o Spagna, purché se magna”, è un’espressione su un certo tipo di qualunquismo, menefreghismo e opportunismo italiano usata ancora ai giorni nostri. Dopo oltre 4 secoli fa, mentre le corone di Francia e di Spagna si fronteggiavano per la supremazia in Europa e nel nuovo mondo, i principi e i duchi italiani, la classe politica del tempo, gretti, rissosi e municipalistici, incapaci di pensare ad un futuro di prosperità, si appoggiavano o meglio si mettevano a disposizione dell’una o dell’altra potenza pur di salvare un minimo di potere entro le mura della loro cittadella.

Dopo gli Spagnoli di Telefónica il nuovo azionista di riferimento di Telecom Italia è diventato la Francese Vivendi di Vincent Bolloré con circa il 20% del capitale. L’ingresso in forze nel capitale arriva in un momento cruciale per lo sviluppo della banda larga, con il rinvio del decreto comunicazioni e il ribaltone in Cassa depositi e prestiti che ora potrebbe a sua volta investire nell’ex gruppo pubblico.

Infatti dopo l’incontro di agosto tra Vincent Bolloré e il premier Renzi, in cui il primo assicurava che l’investimento in Italia sarà a lungo termine nonché strategico, per proseguire con il viaggio ai primi di settembre di Claudio Costamagna Presidente (per volontà di Matteo Renzi) e Fabio Gallia AD di Cassa depositi e Prestiti, i quali si sono recati in Francia e incontrano l’AD di Vivendi Arnaud de Puyfontaine, per poi tornare in Italia per bussare alla porta del presidente Recchi e l’AD Patuano di Telecom Italia, stranamente si è sbloccata la trattativa tra Telecom e Metroweb, per lo sviluppo della banda larga in Italia.

Al momento l’attuale Management di Telecom ha posto quattro condizioni per l’accordo con con gli azionisti di Metroweb (F2i e Fsi-Cdp): trattative in esclusiva, nessun condominio con altri operatori (Vodafone e Wind), sostenibilità del piano industriale relativamente agli investimenti (Cdp?) nelle reti FTTH, certezza di ricevere le autorizzazioni dell’Antitrust e dell’Agcom, che allo stato appaiono per lo meno problematiche. Bisogna ricordare che Metroweb Italia è controllata al 53,8% da Fondi italiani per le infrastrutture (F2i) e al 46,2% dal Fondo Strategico Italiano, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti.

Di chiaro è l’obiettivo del colosso francese, ovvero quello di diventare un punto di riferimento europeo sia a livello infrastrutturale che sui contenuti, quindi la rete (compresso lo sviluppo della banda larga) di Telecom Italia è un interesse strategico per Vivendi.

E’ sotto gli occhi di tutti l’evoluzione in atto, a seguito del costante erosione del profitto sui servizi di base, i maggiori player delle tlc si sono spostati sul business dei contenuti (Pay Tv), infatti secondo le dichiarazioni dell’AD Patuano, le ambizioni di Telecom Italia sono evidenti: l’ex monopolista vuole raggiungere 12-13 milioni di abbonati nel triennio, quindi necessità garantire la profittabilità dei contenuti.

Anche Mediaset e la Rai, che sono grandi produttori di contenuti, si interrogano sullo stesso tema: esistono contenuti Local e contenuti che per il loro stesso costo devono  essere global o se volete multilocal”.

Secondo quanto riportato dal giornale “La Repubblica”, l’attuale vertice di Cdp sarebbe disposta a concedere a Telecom di entrare in Metroweb con un 40% di quote normali e un 20% senza diritto di voto. Il restante 40% potrebbe essere detenuto dai fondi Fsi/F2i (espressione della Cdp). Tutto questo in una prima fase, perché successivamente Telecom Italia passerebbe al 60% con diritto di voto e in un terza fase fondi Fsi/F2i venderebbero alla stessa a “giusto valore di mercato”. In pratica entro 5 anni l’ex monopolista potrebbe consolidare ulteriormente la sua infrastruttura nazionale in fibra. E appare scontato, per gli analisti, che Cdp infine entri in Telecom per proteggere “l’italianità del gruppo”. Siamo proprio sicuri ?

La portata della novità travalica i confini nazionali e impatta direttamente lo scenario europeo del settore delle Tlc, il cui destino prossimo sembra essere quello di un ulteriore consolidamento delle principali società a discapito delle piccole.

Il rischio è quello che con il suo 20 % Vivendi abbia reso il gruppo italiano una pedina mossa da altri nello scacchiere europeo, passando da ruolo di target e preda. Questo è sicuramente l’aspetto più interessante perché nella pancia di Telecom Italia c’è la rete che è un asset non replicabile e strategico per la competitività del sistema Paese e di tantissime sue imprese.

E’ plausibile che la strategia di Vivendi non sarà solo quella di “usare” Telecom Italia come strumento per veicolare i propri contenuti diretto nel settore media italiano, ma di dominare il mercato, “senza rivali”, e quindi con ricavi stabili, con la garanzia di dividendi garantiti minimizzando gli investimenti per un numero imprecisato di operatori industriali e finanziari.

Ma forse potrebbe ancora una volta avere ragione Guicciardini quando metteva in guardia “perché se tu fiderai nelli italiani, sempre avrai delusione; la ignoranza non avendo né fine, né regola, né misura, procede furiosamente e dà mazzate da ciechi”.

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