Non è (ovviamente) solo un problema italiano. La disoccupazione giovanile rimane alta a livello globale e i dati sembrano indicare che sia destinata a crescere ulteriormente. Lo dice un rapporto recentemente pubblicato dall'International Labour Organization (ILO), che mette anche in guardia sul fatto che pure i giovani che lavorano si trovano spesso in situazioni di semi-povertà a causa di lavori precari e malpagati e che la percentuale di giovani che vogliono emigrare per sempre dal proprio paese è in costante crescita.
I dati dell'ILO ci dicono che a livello globale il tasso di disoccupazione dei giovani fra i 15 i 24 anni è salito dal 12.9 al 13.1 per cento, molto vicino quindi al picco toccato nel 2013 (13.2 per cento). Si noti che l'Italia è ben sopra questa media, visto che il suo tasso è attorno al 40 per cento (dati Istat).
Un risultato trainato dal brusco arresto della crescita del fenomeno nei paesi emergenti come Russia, Brasile e Argentina, ma anche i paesi occidentali non vanno tanto meglio, visto che ci si aspetta che la disoccupazione cresca nel 2016 per poi diminuire solo dello 0.2 per cento nel 2017.
Il rapporto sottolinea poi che anche per i giovani che lavorano la situazione non è molto migliore. Essi si trovano spesso bloccati in situazioni contrattuali ultraprecarie e malpagate, col risultato che a livello globale ben il 38 per cento dei giovani che lavora si trova in una situazione di povertà. Il problema è drammatico nell'Africa Sub-sahariana (70 per cento), Asia meridionale (49 per cento) e nei paesi arabi (39 per cento), ma anche nei paesi occidentali la situazione non è affatto positiva. Ad esempio nel 2014 nell'Unione Europea il 12.9 per cento dei giovani lavoratori si trovava a rischio di povertà.
Non sorprendentemente cresce dunque il numero dei NEET, i giovani che “non studiano, non lavorano e non guardano la TV”, come cantavano i CCCP. L'evidenza empirica disponibile per 28 paesi in tutto il mondo ci dice infatti che circa un quarto dei giovani fra i 15 e i 29 anni non studia né lavora, una percentuale enorme. Secondo uno studio dell'Università di Milano, l'Italia con il suo 26 per cento si trova al primo posto in Europa.
Gli ennesimi segnali di un'economia globale che ormai si trova in una situazione permanente di stagnazione, e di come uno degli aspetti di questa crisi sia stato un attacco globale senza precedenti alle fasce giovanili della società.
Inutile stupirsi se l'ultimo aspetto sottolineato dal rapporto dell'ILO è che in questa situazione cresce il desiderio dei giovani di emigrare. Nel 2015 quasi 51 milioni di migranti avevano fra i 15 e i 29 anni, e più della metà di essi risiedeva originariamente in paesi contraddistinti da economie “sviluppate”. Complessivamente nel 2015 un quinto dei giovani in questa fascia d'età mostrava la volontà di emigrare permanentemente dal proprio paese. Un risultato strettamente collegato alle condizioni del mercato del (non) lavoro: ad un incremento dell'1 per cento del tasso di disoccupazione giovanile si collega infatti un incremento dello 0.5 per cento della volontà di emigrare.
Da sottolineare, infine, che anche fra i giovani persistono grandi diseguaglianze di genere, il che suggerisce che queste diseguaglianze rischiano di restare radicate anche in futuro. Basti pensare che, a livello globale, solo il 37.3 per cento delle donne lavora o è attivamente in cerca di lavoro, a fronte del 53.9 per cento degli uomini.
Numeri e tendenze da tenere in mente per evitare un approccio esclusivamente “italocentrico” alla crisi globale.
Panofsky
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