Questa è la premessa doverosa:Banche in paradiso, contribuenti all'inferno: salvate dallo Stato eludono il fisco
Dall’istituto di Siena a Intesa, da Unicredit a Mediolanum: ecco come i grandi gruppi del credito eludono il fisco italiano attraverso le loro controllate in Lussemburgo,a Bermuda e nelle Cayman. Ma quando le cose vanno male, lo Stato deve intervenire con miliardi di soldi pubblici
Segue la notizia : Italia in deflazione
Nel suo comunicato di oggi sui prezzi, l’ISTAT dice che il 2016 è stato per l’Italia il primo anno di deflazione dal 1959. Nell’anno appena terminato, in Italia i prezzi sono calati dello 0,1 per cento rispetto al 2015. Nel 1959 calarono dello 0,4 per cento rispetto all’anno precedente. Durante una deflazione i prezzi calano, in genere perché la domanda di beni e servizi è bassa: è un segno che l’economia è ancora debole (qui avevamo spiegato cosa significa). Altri paesi europei, come la Germania, hanno mostrato prezzi più dinamici, con l’inflazione che è cresciuta dello 0,5 per cento.
La deflazione è il contrario dell’inflazione: tecnicamente si verifica quando il tasso d’inflazione – cioè l’aumento dei prezzi – scende sotto lo 0 per cento. Sono anni che l’inflazione è bassa in tutta Europa, a causa della lenta ripresa dalla crisi economica. Nel 2016 la crescita è stata inferiore alle aspettative, e in molti esperti avevano previsto l’entrata di uno o più paesi europei in una situazione di deflazione vera e propria: la notizia, quindi, non è una grande sorpresa. Il compito di cercare di regolare l’inflazione spetta alla Banca Centrale Europea, che ha l’obiettivo di mantenerla intorno al 2 per cento, il valore considerato sano dagli economisti. Nonostante gli sforzi compiuti in questi anni, però, la BCE non è mai riuscita ad avvicinarsi a questo risultato (al punto che oggi si parla di utilizzare soluzioni molto creative dalle quali sarebbe ben diffidare considerate precedenti esperienze, ad esempio quelle riguardanti i subprime e dei prodotti derivati).
Alcune sommarie considerazioni:
Il processo deflattivo in corso, al di là delle percentuali, dimostra la debolezza strutturale dell’economia italiana e del suo apparato produttivo; sicuramente non affrontabile come ha fatto il precedente governo attraverso un coacervo di incentivi, agevolazioni, sviluppo di precarietà, voucher, tutele crescenti , tutti provvedimenti spostati dalla parte delle imprese senza che minimante si sia almeno pensato di affrontare il tema decisivo che è quello di una politica industriale, di recupero di presenza nei settori strategici, di riequilibrio sul terreno di infrastrutture e di assetto del territorio, attraverso la ripresa del concetto di programmazione e di gestione pubblica (fondamentale in questo campo il mutamento d’asse nel settore bancario).
Un quadro complessivo che richiede un vero e proprio rovesciamento rispetto alla politica liberista ormai comune a tutti gli schieramenti politici in un Paese dove il numero dei poveri riconosciuti è ormai salito a 4 milioni: questione certo non affrontabile scegliendone 1/4 cui elargire 400 euro, proseguendo in una politica negative di mance e di carità.
Da aggiungere ancora, per descrivere lo stato di cose in atto, il tema dei migranti: dramma umano e politico che, In Italia, sembra rappresentare l’occasione di una gigantesca speculazione da parte di voraci cooperative e di altrettanto voraci “imprenditori” che stanno accumulando profitti esercitando un duplice livello di sfruttamento sulle persone in cerca di asilo e sui lavoratori addetti a far funzionare i lager nei quali i migranti si trovano rinchiusi.
Mentre si discute su ciò che, sul piano istituzionale, conviene a chi già detiene il potere e intende mantenerlo attraverso qualche astuzia formale la realtà è quella di un disastro che continua e che queste poche righe hanno cercato molto parzialmente di descrivere.
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