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Sempre più diseguali, ora sì che il capitalismo funziona…

Lo ammettiamo subito: siamo incazzati neri con i padroni. E anche con i loro innumerevoli servitori. Perché, qualunque ruolo svolgano, noi ricordiamo sempre la differenza tra il lavoro salariato e quello servile: al primo siamo quasi tutti costretti (non avendo risorse ereditate o “mezzi di produzione”), il secondo lo si fa per scelta, convinzione e convenienza. E serve una lingua lunga come quella del più tragico Fantozzi.

Si spiega con l’incazzatura, anche, la scelta di accostare questi due articoli presi da IlSole24Ore, organo di Confindustria che resta suo malgrado il miglior quotidiano italiano (stanno scendendo tutti di livello, ma a velocità diverse).

Nel primo Enrico Marro dà conto di un report della Boston Consulting che certifica l’aumento esponenziale delle differenze di reddito, al punto che l’1% della popolazione mondiale controlla il 45% della ricchezza mondiale. Non siamo invidiosi per non essere al loro posto perché, come diceva il poeta, “al loro posto non ci so stare”. E non ci vorremmo stare neppure se avessimo il potere di decidere.

Nel secondo, Vittorio Da Rold, usando un registro tra lo sfottente e il divertito, informa i lettori sul piano fin qui secretato dal governo giapponese: “convincere” i lavoratori a restare alla catena (fisica o virtuale) fino allo scoccare degli 85 anni.

Diciamolo pure: alla Fornero un’idea del genere non era ancora venuta, si vede che è una dilettante nello smantellamento del sistema pensionistico. Per questo devono aver messo Tito Boeri a capo dell’Inps…

Al Sole24Ore non poteva certo venire in mente di accostare le due notizie. Sarebbe risultato troppo evidente la relazione tra accentramento delle ricchezze ed estensione dell’obbligo di lavorare per sopravvivere…

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Metà della ricchezza mondiale in mano all’1% della popolazione

di Enrico Marro

Rappresentano appena l’1% della popolazione, ma già oggi possiedono il 45% della ricchezza mondiale. Sono i milionari secondo la “fotografia” appena scattata da Boston Consulting Group in un recentissimo studio: 18 milioni di famiglie di Paperoni sparse per il globo ma unite dall’ineluttabile destino di diventare sempre più ricche. Già oggi le persone con un patrimonio complessivo pari ad almeno un milione di dollari controllano una larga fetta della “torta” da 166,5 trilioni di dollari della ricchezza mondiale. Ma entro il 2021 gli “almeno milionari” arriveranno a controllare la metà della ricchezza planetaria, percentuale che toccherà addirittura quota 70% negli Stati Uniti.

Da dove arriva questo fiume di denaro? Se consideriamo il dato globale, per metà è frutto delle buone performance dai patrimoni già esistenti (grazie soprattutto alla corsa dei mercati finanziari) e per metà da quella che lo studio definisce “nuova creazione di ricchezza”, frutto perlopiù di attività imprenditoriali. La distinzione per macroaree conferma che i Paperoni nati di recente abbondano nei Paesi emergenti, come nelle macroregioni Asia-Pacifico o America Latina, mentre la fetta di patrimoni di antica data pesa di più in Giappone, Stati Uniti ed Europa.

In generale, comunque, lo studio di Boston Consulting sottolinea come la ricchezza nel mondo non solo sia aumentata del 5,3% tra il 2015 e il 2016, ma sia destinata a continuare a crescere al ritmo del 6% medio nei prossimi cinque anni. Un fenomeno generalizzato, che renderà i poveri meno poveri, ma che verrà naturalmente in buona parte intercettato dalla fetta più facoltosa della popolazione.

Un caso a parte è costituito dagli Stati Uniti, dove oggi i milionari controllano il 63% della ricchezza nazionale. Il report nota come negli ultimi 35 anni l’1% più facoltoso della popolazione abbia letteralmente raddoppiato la propria “fetta” nella torta complessiva della ricchezza, dopo aver perso terreno tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni Ottanta. Il punto di svolta è stato rappresentato dalla presidenza Reagan, l’era della detassazione e del boom borsistico.

Oggi il 5,7% delle famiglie americane possiede almeno un milione di dollari. Secondo Boston Consulting, i Paperoni statunitensi nel 2021 supereranno quota 10 milioni, con una crescita media annua dell’8%. In pratica, ogni anno gli Stati Uniti sono destinati a fabbricare circa 670mila nuovi milionari: quanto l’intera popolazione di Bologna e Venezia messe assieme, neonati compresi. Questo mentre un quarto della popolazione non riesce a pagare le bollette a fine mese, come riferisce un recente studio della Federal Reserve, e quattro americani su dieci hanno meno di 400 dollari sul conto corrente.

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Tokyo, al lavoro fino a 85 anni (se in salute)

Vittorio Da Rold

Lavorare fino a 85 anni se si è in salute e mettere in soffitta gradualmente l’idea stessa di un’età stabilità in cui andare in pensione. Questa è l’idea a cui il governo giapponese sta pensando mentre invita (senza obbligarle) le aziende a tenere al lavoro i dipendenti più anziani. Secondo l’Ocse il 23% dei giapponesi over 65 anni ha un’occupazione, il livello più elevato nel G-7 , seguito dagli Usa al 19%, Canada 13%, Gran Bretagna 10,7%, Germania 6,6%, mentre l’Italia con il 4% si colloca al quinto posto.

Oggi molte grandi aziende giapponesi attuano un percorso di pensionamento rigoroso a due stadi per i loro dipendenti, ricorda il Wall Street Journal: a 60 anni devono abbandonare i loro posti ben remunerati; successivamente possono continuare a lavorare a stipendio più basso come dipendenti a contratto per altri cinque o dieci anni. Dopo di che, sono mandati in pensione definitivamente. Molte aziende però si stanno accorgendo dell’errore di questa politica di breve respiro che elimina un patrimonio di conoscenze costruite nel tempo.

Le aziende in genere mandano a casa quanto prima i dipendenti con salario più elevato ma questa può essere una strategia perdente. Prendiamo business di vendita nei quali le persone che vanno in pensione si portano via clienti (e relazioni) che hanno impiegato decenni per costruire. Inoltre chi meglio di un dipendente anziano si potrà rivolgere a clienti coetanei? Il Giappone è un paese con una elevata età media e quindi la fetta di consumatori over 65 anni è molto consistente e spesso facoltosa. Dal Sol Levante giunge il motto: lavorare tutti, lavorare più a lungo.

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