Non sarà “tombale” come quella di Draghi e Trichet nel 2011, ma sarà comunque pesante la lettera che domani arriverà al governo italiano da parte della Commissione europea a seguito della radiografia da parte dei commissari di Bruxelles sui progetti di bilancio presentati da tutti gli Stati membri. La lettera non sarà solo una formalità visto che conterrà richieste non solo di ulteriori informazioni sulla Legge di Stabilità, ma anche le eventuali misure economiche da prendere nei paesi aderenti all’Unione Europea, inclusa e soprattutto l’Italia.
Solo oggi si saprà se l’Esecutivo della Ue si limiterà alla lettera o se, invece, andrà avanti con il rapporto previsto dall’articolo 126.3 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, che stabilisce la procedura e le sanzioni per i disavanzi eccessivi (anche in rapporto alla mancata riduzione del debito pubblico).
Su questo punto i commissari europei sono divisi fra il presidente, Jean Claude Juncker, e il commissario agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici e i sei “falchi” (Katainen, Dombrovskis, Oettinger, Malmostrom, Hahn e Vestager) che continuano a puntare sul rigore di bilancio. Ma anche una presunta “colomba” come Moscovici, spinge affinché in Italia siano adesso adottate le misure antipopolari di risanamento finanziario che era più difficile realizzare durante la crisi.
Il pilota automatico della Troika (Commissione, Bce, Ue) ha però il suo bel da fare nell’imporre i suoi diktat in un quadro d’instabilità politica nei maggiori paesi europei (ad esclusione della Francia): in Germania non si riesce a formare la nuova maggioranza di governo, in Spagna c’è un governo senza maggioranza stabile, nel Regno Unito si è alle prese con le conseguenze della Brexit e in Italia ci sono le elezioni in primavera.
Secondo i “falchi” nella Commissione, tutto questo però non rappresenta più un problema: ci sono continuamente elezioni nei vari paesi Ue, ma l’Esecutivo europeo – il “pilota automatico” deve continuare comunque a procedere sugli indirizzi strategici definiti a livello centrale. C’è un po’ di gioco della parti con gli altri commissari che, a partire dal presidente Juncker, sembrerebbero appena un po’ più attenti anche alle conseguenze politiche e alle esigenze dei partiti di governo di affrontare le scadenze elettorali senza dover giustificare e difendere le terapie d’urto in materia economica e sociale
L’Italia, subito dopo le elezioni, rischia di essere l’unico Stato membro oggetto di una procedura di infrazione prevista dall’art. 126.3 fra i sei paesi (gli altri sono Belgio, Francia, Portogallo, Austria e Spagna) che riceveranno comunque l’avvertimento di Bruxelles per il rischio di mancato rispetto (“non compliance”) delle regole sui bilanci. Nei giorni scorsi aveva fatto rumore il vicepresidente della Commissione Europea Jyrki Katainen, che aveva lanciato strali nei riguardi dei governi, in particolare quelli dei “paesi che vanno verso elezioni”, con un chiaro riferimento all’Italia. “Dobbiamo dire la verità, fare in modo che i cittadini conoscano la situazione in cui sono; dobbiamo essere onesti: specialmente in quei paesi che vanno alle elezioni, la gente merita di conoscere la situazione per poi decidere liberamente”, aveva detto Katainen durante una conferenza stampa, martedì a Strasburgo. E il ministro Padoan si era risentito, o meglio, aveva sentito fischiare nelle orecchie.
Al momento non si può sapere chi vincerà le elezioni di primavera, si sa solo che dovrà riprendere a fare apertamente il lavoro sporco dopo i mesi di veline rasserenanti diffuse prima da Renzi e poi da Gentiloni con la complicità dei mass media. A meno che qualcuno non rovesci il tavolo e respinga al mittente i diktat europei.
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