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Alitalia. Di nuovo ostaggio di una crisi di governo?

È già accaduto nel 2008 che l’infinita crisi di Alitalia si incrociasse con una crisi di governo e la campagna elettorale per le politiche, con esiti disastrosi pagati a carissimo prezzo dai lavoratori dopo la fuga di Air France e l’avvento dei famigerati capitani coraggiosi voluti da Berlusconi.

Oggi, nel rinnovarsi di una crisi politica nel bel mezzo di un’amministrazione straordinaria, nonché a poche settimane dalla deadline per l’offerta da parte del consorzio che rileverà Alitalia, non c’è un singolo indizio che porti a pensare che accadrà qualcosa di diverso da quanto accaduto 11 anni fa.

Nel caso Alitalia, il Governo riveste due ruoli essenziali: di fatto è il gestore di Alitalia e controlla attraverso il MISE l’operato dei commissari straordinari ed è anche l’azionista di maggioranza del futuro consorzio attraverso la partecipazione diretta tramite il MEF e indiretta tramite il Gruppo FSI. Una presenza minima e a nostro avviso insufficiente, ma da noi pretesa proprio per l’interesse strategico nazionale di una compagnia aerea nazionale che si riprenda il mercato lasciato in balia dei peggiori competitori.

 

Con la crisi del governo Conte, la discussione tra i membri del consorzio si piega agli interessi dei due soci privati (Atlantia e Delta) e della dirigenza del Gruppo FSI senza più stretto controllo da parte del governo, su temi quali il futuro piano industriale – pessimo così come l’ha disegnato Delta –, il perimetro delle attività che saranno interne ad Alitalia e il management. Questa condizione promette davvero niente di buono.

 

USB ritiene sia una grave responsabilità del governo aver lasciato passare troppo tempo per la costruzione del consorzio e la formalizzazione dell’offerta vincolante, nonostante i ripetuti allarmi lanciati da USB e non solo.

Questi 10 mesi sono serviti innanzitutto a Delta per dettare agli inappropriati consulenti (milionari) del Gruppo FSI un piano esclusivamente ritagliato sui propri interessi, mentre tagliava fuori in modo scandaloso Alitalia dalla nuova alleanza sui voli atlantici (joint venture), e sono serviti ad Atlantia per aspettare il momento utile per entrare a tutela delle sue concessioni autostradali, preoccupazione che viene meno una volta caduto questo governo.

Dieci mesi che sono passati mentre le casse di Alitalia si riducevano progressivamente, arrivando ormai molto vicine alla riserva, scoprendo adesso che i commissari avrebbero negoziato in peggio la suddetta joint venture. Tutto questo mentre assistiamo atterriti al totonomina per il posto di futuro AD, con nomi che hanno rappresentato il peggio di questo settore – e non solo – negli ultimi anni.

Condizioni pessime che rischiano di scaricare un’altra volta sulle spalle dei lavoratori Alitalia interessi privati che con tutto hanno a che fare fuorché con l’interesse della Compagnia e della intera collettività.

Era prevedibile che la Lega avrebbe colto l’ultimo momento utile per staccare la spina al governo prima di affrontare la prossima finanziaria; per questo pretendiamo che adesso ognuno degli attori politici si assuma le proprie responsabilità, perché Alitalia non può e non deve essere l’ostaggio di una nuova campagna elettorale.

 

Nelle more dell’evoluzione della crisi, USB formalizzerà nuovamente le proposte necessarie per un piano di rilancio e salvaguardia occupazionale che serve allo sviluppo di una compagnia aerea che sia un’opportunità per tutto il Paese.

In caso gli attuali soci del consorzio intendano fare altro, è bene che la politica scelga da che parte stare: la nazionalizzazione di Alitalia rimane per noi un’opzione praticabile per l’interesse pubblico. Di certo non staremo a guardare inermi un altro scempio sociale.

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