Multa da 5 miliardi di dollari per il colosso americano Facebook per aver violato la privacy dei propri utenti.
Nello scandalo scoppiato già nel 2018 il social network americano, che conta più di 2 miliardi di iscritti al mondo, avrebbe ceduto i dati di più di 50 milioni di utenti all’azienda britannica Cambridge Analytica, azienda che si occupa di consulenza e strategia politica, poi usati nella vittoriosa campagna elettorale di Trump.
La Federal Trade Commission – l’agenzia del governo americano posta a garanzia del consumatore e del mercato – al termine di una lunga indagine, ha erogato la pesante misura, costringendo Facebook a patteggiare, accettando «la multa più elevata della storia per le violazioni della privacy».
Facebook si ritrova quindi a chiudere il secondo trimestre dell’anno con un utile netto in calo del 50% a causa della maximulta, avendo stanziato inizialmente “solo” 3 miliardi di dollari per il risarcimento.
Il patteggiamento, inoltre, prevede molti obblighi per il futuro rispetto della privacy. Lo stesso Mark Zuckerberg, Chief Executive del social network più utilizzato al mondo, dovrà rispondere personalmente civilmente e penalmente qualora si verificassero altre violazioni della privacy o venissero emesse false certificazioni.
I democratici americani sottolineano però che questa sanzione «non interviene sulle cause», non intacca minimamente un modello di business che si fonda sullo spionaggio sistematico, sulla vendita o uso dei dati personali, a loro insaputa.
Il Dipartimento di Giustizia americano ha inoltre annunciato, il 24 luglio 2019, l’apertura di un’indagine su tutti i big del digitale per il controllo antitrust e per verificare se abbiano alzato o meno delle barriere contro la competizione, intralciando la concorrenza o ponendo ostacoli alla crescita innovativa dei più piccoli o se abbiano arrecato una qualche sorta di danno ai consumatori.
I “Faang” – acronimo di Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google, parola inglese che ha lo stesso suono della parola “zanna”- hanno regnato indisturbati per anni, considerati vanto dell’innovazione tecnologica americana. La musica sta cambiando, le stesse istituzioni americane stanno avviando – nuovamente – numerosi i controlli antitrust e per la tutela della privacy dei cittadini.
*dal notiziario Uspi (Unione Stampa Periodica Italiana)
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