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Turismo. Per il crac Thomas Cook le imprese in Italia già battono cassa al governo

Il fallimento di uno dei big dei tour operator internazionali, la britannica Thomas Cook, come previsto si farà sentire anche in Italia.

Se in Spagna il crac ha lasciato crediti esigibili e per ora non riscuotibili per circa 500 hotel e strutture turistiche, in Italia sembra che il numero sia addirittura il doppio.

Su questo si è tenuto un vertice d’urgenza all’Enit (Ente Nazionale del Turismo, uno degli enti che si volevano disciolti già da alcuni anni, ndr) tra le organizzazioni delle imprese del settore e la sottosegretaria al Turismo Lorenza Bonaccorsi.

Una indagine, realizzata nella settimana dal 24 al 30 settembre e che consultato 2.094 strutture alberghiere nel territorio italiano,  ha scoperto che il 61,3% di queste vanta crediti nei confronti del gruppo Thomas Cook con cifre che vanno da centinaia di migliaia di euro fino a oltre il milione.
Le categorie più colpite (47,2%) sono quelle della fascia medio alta, alberghi a 4 e 5 stelle; nel 36,3% dei casi sono alberghi a 3 stelle, nel 18,4% alberghi a 1 e 2 stelle. Sono hotel e alberghi situati soprattutto in Lombardia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto. Sembrano essere fuori tiro le strutture ricettive in città a forte vocazione turistica come Roma, Napoli, Firenze.

Inutile dire che le imprese private sono andate subito a battere cassa al governo, ancora prima di accedere agli eventuali risarcimenti previsti dalle garanzie Atol per il settore. “Riconoscimento di un credito di imposta; sgravi ai fini Irpef; congelamento dell’Iva per le fatture emesse e non pagate dal fallito; ammortizzatori sociali per i lavoratori dei fornitori colpiti”. Sono queste le richieste avanzate al governo dalla Fiavet (Federazione Imprese Associazioni Viaggi e Turismo) a sostegno delle aziende italiane colpite dal crac Thomas Cook. La Fiavet ricorda di aver presentato un emendamento al Ddl Trasporti – atto Senato 727 – per la costituzione del Fondo di Garanzia a favore dei consumatori per i biglietti ‘no fly’, sul quale era stato richiesto un intervento sempre da parte del Governo”.

Intanto si apprende che dal prossimo lunedi 7 ottobre, sarà disponibile online la pagina web messa a punto per avviare le procedure per le richieste di rimborso da parte dei clienti della Thomas Cook che avevano prenotato una vacanza con partenza nei giorni successivi alla dichiarazione di fallimento del gruppo.

Stando alle prime stime, dovrebbero avere diritto al completo risarcimento, in base al sistema di protezione Atol esistente in Gran Bretagna, circa 360mila persone: “un numero che è tre volte superiore a ogni altro programma di riprotezione fatto in passato” scrive il sito specializzato TTI.

Per avere una idea dei soldi che girano in questo settore, occorre sapere che solo in Italia i viaggi organizzati valgono oltre 8 miliardi, “per l’80% sono ancora veicolati dal trade. Però due terzi della crescita del settore arriva dal canale on-line” commenta Gabriele Ferri, managing director & partner di Boston Consulting Group, esperto del settore travel. Eh sì perché i “travel detailer” ossia i consumatori dinamici (come vengono chiamati nel linguaggio del business i turisti) girano e fanno girare un sacco di soldi. E su questi soldi sono tanti gli squali che ne vorrebbero azzannare il più possibile.

Molti lettori si chiederanno il perché di tutta questa attenzione che il nostro giornale presta alla questione del turismo. La risposta è semplice ma ben nascosta nelle pieghe di un senso comune mal riposto.

Il turismo, da risorsa sta diventando una dannazione per molte città e territori. Gentrificazione, congestione, insostenibilità del turismo di massa, lavoro nero diffusissimo, altissimo livello di appropriazione privata dei proventi e scarsissimi benefici gli abitanti per le città e i territori.

Il turismo è il settore dell’economia mondiale con il più alto fatturato, ma la sua gestione tutta privata non produce benessere collettivo, al contrario. Ed è tempo che se ne prenda atto, se ne discuta e si mettano in campo soluzioni che non affidino tutto agli spiriti animali del mercato.

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