Due operai sono stati uccisi nelle cave, a Carrara, travolti da una valanga di marmo. È ovvio che non sarebbe dovuto succedere, che le tecnologie e l’organizzazione del lavoro moderne hanno tutti gli strumenti per prevenire ed impedire che si muoia nelle cave come quando Michelangelo faceva estrarre il marmo per i suoi capolavori. Ma se la tecnologia in 500 anni ha fatto enormi progressi, lo sfruttamento del lavoro ci sta facendo tornare sempre più indietro.
8 operai sono morti nelle cave solo negli ultimi due anni, perché con macchine sempre più potenti che tagliano sempre più marmo i rischi per la sicurezza crescono, se non si adottano apposite misure. Migliore organizzazione dei turni di lavoro , orari più umani, monitoraggio meticoloso sullo stato della montagna e del terreno, pause necessarie per verificare se tutto va bene. Non sono difficili da realizzare le misure che impedirebbero agli operai di essere uccisi, ma costano, riducono la produttività del lavoro aumentata dalle macchine e fanno fare meno profitti.
Così nell’epoca della competitività a tutti i costi si viene uccisi da una frana di sassi come quando Michelangelo dirigeva i lavori. Così i morti per omicidio di lavoro aumentano e non vale certo la penosa consolazione che gli infortuni complessivi siano in diminuzione. Perché questo assurdo statistico, meno infortuni più morti sul lavoro ha una semplice vergognosa spiegazione. Se l’infortunio non è troppo grave l’operaio viene indotto, con le buone o le cattive, a mettersi in malattia, così l’azienda passa per virtuosa e il suo dipendente, magari, per assenteista. Naturalmente i morti non si possono far passare per ammalati e allora emerge il disastro delle condizioni di lavoro.
Una semplice domanda aggiungiamo alla nostra rabbia per questo massacro. Ma perché le cave di marmo, che sfruttano un bene minerario del suolo che dovrebbe essere di tutti, perché le cave non sono pubbliche e invece come e peggio che nel Medio Evo sono in mano al profitto privato?
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