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Le fantasiose “previsioni” del Fondo Monetario Internazionale

Ha ricevuto, come di consueto, grande enfasi il rapporto di primavera del Fmi. C’era un attesa quasi messianica, per molti aspetti simile alle previsioni dell’ologramma di Hari Seldon nelle Cronache della Galassia di Isaac Asimov.

Mentre il mondo è alle prese con la recessione, accentuata (ma non causata) dalla pandemia da coronavirus, il Fmi non si è limitato a fotografare l’esistente ma si è avventurato in previsioni per l’economia mondiale per il 2020 e il 2021. E adesso tutto il dibattito pubblico e le scelte strategiche dei vari governi dovrebbero tenerne conto.

Scorrendo quelle tabelle e i tre scenari avanzati dal Fmi, si affaccia però la sgradevole ma giustificata sensazione che si stia discutendo, e magari programmando, su dati niente affatto credibili.

Com’è noto, il Fmi si affida ad un modello econometrico che non si fonda sulle due variabili X e Y, con le quali siamo soliti fare i conti in matematica, ma su ben 1.300 variabili che vengono elaborate da un algoritmo.

Da questa elaborazione di dati, che sono suscettibilissimi all’imponderabile influenza di ognuna delle infinite variabili, vengono poi ricavati gli “scenari” sull’economia mondiale e i singoli paesi.

L’informazione mainstream ha messo in circolazione lo scenario mediano elaborato dal Fmi, con cifre pesanti sulla incombente recessione economica mondiale e le speranze di ripresa nel 2021. Ma il Fmi ha elaborato anche altri tre diversi scenari, peggiori  di quello assunto come più probabile e diffuso sui mass media.

Nel primo scenario, l’Fmi ipotizza che ci voglia più tempo del previsto per fermare la pandemia di coronavirus, in questo caso la recessione sarebbe di tre punti più grave rispetto a quella stimata, seguita da un rimbalzo inferiore di un punto a quello indicato nel 2021 dallo scenario mediano.

Il secondo scenario ipotizza invece una seconda ondata pandemica nel 2021, che manderebbe in fumo la ripresa auspicata.

Il terzo scenario, quello peggiore in assoluto, prende in considerazione entrambe le ipotesi precedenti producendo come risultato una grave recessione anche per il 2021, con un Pil mondiale di 8 punti più basso rispetto al 5,8% stimato nello scenario mediano: un terrificante -13,8%.

Insomma quello che ci hanno messo sotto gli occhi è solo il quarto e “più confortevole”scenario  – si fa per dire – utile e funzionale a indicare come “oggettivi” dei dati che in realtà non lo sono affatto.

Anche la scansione temporale serve a indicare una situazione pesante (e sarebbe difficile negarlo) nell’anno in corso, ma evoca una speranza di ripresa per quello successivo, ma sempre che si applichino le ricette indicate dal Fmi e dall’establishment.

E’ un perverso gioco psicologico che, come al solito, dipinge  gli scenari come (più) catastrofici se non si fanno le cose che “loro” dicono che vanno fatte. Un esempio fra tutti è il terrorismo diffuso nella società su una possibile fuoriuscita dall’euro: fuori da quella gabbia e oltre le Colonne d’Ercole ci sarebbero infatti solo i draghi, mentre il consiglio non scritto è che bisognerà limitarsi ad accogliere Mario Draghi come uomo della provvidenza.

Fatta questa doverosa premessa, proviamo adesso ad andare vedere con occhi diversi e meno annebbiati cosa prevede il Fmi.

Nella prefazione al rapporto, Gita Gopinath, la Chief Economist del Fmi, afferma che la recessione generata dalla pandemia da coronavirus non ha precedenti e fa impallidire quella legata alla crisi finanziaria globale del 2008. Mentre secondo il direttore generale dell’Fmi, K.Georgieva, quella in corso sarà la recessione più grave dalla Grande depressione del 1929.

Come durante una guerra o una crisi politica, c’è una perdurante e grave incertezza sulla durata e l’intensità dello shock”, scrive la Gopinath. Le stesse previsioni del Fondo ne risentono, con l’incertezza sulla ripresa attesa per il 2021, una ripresa (definita “rimbalzo”, ndr) che sarà possibile solo se la pandemia scomparirà nella seconda parte del 2020.

L’incertezza è tale che il Fmi avvisa che dati “molto peggiori sono possibili e forse addirittura probabili”, se la pandemia e le misure di contenimento dovessero prolungarsi, se l’impatto sulle economie emergenti fosse più severo, se lo stress finanziario persistesse, se fallimenti d’impresa e disoccupazione innescassero un effetto panico.

Per il Fondo Monetario Internazionale “La priorità immediata è contenere la pandemia”, soprattutto aumentando la spesa a sostegno dei sistemi sanitari (inutile dire che proprio su questo aspetto è stato rimodellato il cosiddetto “Mes senza condizionalità” che vorrebbero farci ingoiare, ndr).

Durante il periodo di lockdown, raccomanda il Fmi, i Governi devono mettere le persone nelle condizioni di provvedere ai loro bisogni e garantire che le imprese possano ripartire rapidamente appena sarà terminata la fase acuta della crisi. Per questo servono politiche di bilancio, monetarie e finanziarie consistenti e mirate.

La scorsa settimana, il numero uno del Fondo aveva ricordato che le misure di sostegno messe in atto dai Governi alle prese con la pandemia ammontano nel complesso a circa 8mila miliardi di dollari. Il Fmi raccomanda poi le banche centrali a incoraggiare gli istituti di credito a rinegoziare i prestiti concessi a imprese e famiglie in difficoltà.

Secondo il rapporto del Fmi in molti Paesi (tra cui l’Italia), la risposta è stata «rapida e significativa». Tuttavia, gli interventi di sostegno dovranno essere rafforzati se il blocco dell’attività economica sarà prolungato o se la ripresa sarà lenta, tenendo sempre in considerazione che gli incentivi pubblici avranno maggior efficacia quando le restrizioni alle attività sociali ed economiche saranno revocate.
Lo shock pandemico avrà comunque un impatto pesante sul mercato del lavoro. Inutile sottolineare che in Europa lo sarà in modo particolare per i paesi euromediterranei, i cosiddetti Pigs.

Per l’Italia, il Fmi prevede un aumento della disoccupazione dal 10 al 12,7%. In Portogallo, il tasso raddoppierà, a quasi il 14%. In Spagna salirà al 20,8%, in Grecia al 22,3%. Nell’Eurozona complessivamente saliranno al 10,4%, ma per la “miracolosa” Germania dove invece la disoccupazione resterebbe sotto il 4%.

Ancora più pesante l’aumento della disoccupazione negli Stati Uniti Drammatico con un balzo dal 3,7% del 2019 al 10,4% del 2020 (ma qui, di polvere nascosta sotto al tappeto sulla disoccupazione, ce n’era già tantissima, ndr).

Infine, in un altro rapporto (il Global financial stability report) diffuso sempre ieri, martedì 14 aprile, il Fmi sottolinea che la crisi minaccia «la stabilità del sistema finanziario globale», con una stretta delle condizioni di credito a una «velocità senza precedenti». I mercati emergenti attraversano una «tempesta perfetta», con disinvestimenti per 100 miliardi di dollari.

In generale, aumenta «il rischio che chi ha debiti non sia in grado di far fronte ai suoi impegni, mettendo sotto pressione le banche», la cui solidità, pur rafforzata dopo la crisi del 2007-09, potrebbe essere messa alla prova.

Da tutti e quattro gli scenari, anche dentro la recessione come nelle previsioni di ripresa, si rileva però quello sviluppo disuguale tra le varie economie. Ovvero la causa principale delle guerre scatenate nella storia moderna.

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