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Lavorare meno, lavorare tutti. E’ necessario e si può…

Abbiamo ancora impresse nella mente le facce dei premier italiani in pellegrinaggio alla City di Londra, per l’inchino votivo al London Stock Exchange, e la faccia Tony Blair, che dagli schermi della BBC, gridava al mondo «Lasciate fare, lasciatevi andare», sopratutto in agricoltura, «apritevi al mondo, ce ne sarà per tutti».

Ricordiamo il best seller di Jeremy Rifkin che santificava la fine del lavoro, il declino della forza lavoro globale e l’avvento dell’era post-mercato, o il libro di Francis Fukuyama, che attestava addirittura la fine della Storia, l’avvento della parusia.

Gli impiegati nell’agricoltura erano scesi sotto la soglia del 3%. La mega-macchina (così la chiamavano) arava, piantava, raccoglieva, stoccava e imbustava, in perfetta autonomia, mentre sotto traccia si preparava la rivoluzione di internet.

Le centraliniste, viste in centinaia di film hollywoodiani, sedute davanti a giganteschi commutatori meccanici, smistavano le chiamate spostando manualmente il filo da una presa ad un’altra, sarebbero state sostituite dalla tele-selezione, così come le colleghe dattilografe che calcolavano e battevano a macchina le bollette.

Non è un caso che il sistema operativo più robusto ed efficiente – Unix -, usato ancora oggi come base o modello per gli OS dei telefonini e dei server internet, sia stato inventato e introdotto proprio dalla Compagnia telefonica americana.

Grazie alla rivoluzione di internet, dagli anni Novanta ad oggi, la produttività negli uffici amministrativi è aumentata notevolmente. Sono state standardizzate molte procedure. Adottando protocolli condivisi, molte banche dati, pubbliche e private, sono in grado di scambiarsi i dati. I medici e le farmacie o i dentisti, inviano direttamente i dati contabili nel mio cassetto fiscale, locato presso il cervellone dell’agenzia delle entrate.

Dal telefonino, con l’home banking, posso pagare i serramenti, posso pagare l’idraulico che mi ha ristrutturato il bagno, e disporre che il bonifico sia notificato al mio cassetto fiscale, per la dichiarazione dei redditi precompilata.

Con lo SPID, che certifica la mia identità digitale presso tutta la pubblica amministrazione, posso accedere al’INPS e inviare la domanda NASPI, il modello per gli assegni familiari, per il congedo di maternità, eccetera. I dati sono presi in carico dal cervellone, ed elaborati automaticamente.

Con lo Spid posso accedere a Entratel/Fisconline e compilare la successione e la richiesta delle volture catastali. Vi assicuro, è più facile che precompilare la dichiarazione 730. Il cervellone elabora e paga in autonomia anche l’F24.

Con lo Spid posso accedere al fascialo sanitario e scaricare la ricetta preparata dal mio medico. Con lo steso sistema posso presentarmi in farmacia e chiedere la consegna dei farmaci prescritti, senza passare dal medico. L’Amministrazione statale non è quel carrozzone che si crede che sia.

L’aumento della produttività significa riduzione del lavoro necessario per produrre un determinato prodotto. Non bisogna girarci troppo intorno. Se, da casa, interagendo con una macchina, in 400 mila, siamo in grado, tutti nello stesso momento, di sbrigare le nostre pratiche all’INPS o all’agenzia delle entrate, alla banca oppure dal medico, ciò significa che in quel giorno, 400 mila posizioni di lavoro da sportello non sono necessarie.

Se al posto della centralinista impianto una macchina che commuta in automatico e h24 le chiamate, la centralinista diventa superflua, deve essere licenziata. Anzi, tre.

Questo periodo di emergenza sta mostrando ai cittadini che molte cose possono essere fatte da casa, che non c’è bisogno di recarsi allo sportello.

Che cosa bisogna aspettarsi, un massiccio licenziamento di impiegati pubblici?

In tutti questi anni alla centralinista è stata raccontata sempre la stesa favola. Ovvero che la creazione di posti di lavoro si estende all’infinito. Che i posti sostituiti da una macchine in un settore, generano una domanda più che proporzionale in un altro settore. Che se, insomma, la centralinista è stata sostituita dalla macchina, dovrà aspettarsi di essere assunta dalla ditta che produce macchine.

Si ragiona come se non ci fosse stato un aumento di produttività, ma una redistribuzione tra i settori industriali.

Il fatto è che il “libero mercato” non è in grado di generare una domanda aggiuntiva. E non c’entra le piena occupazione e panzane varie.

In questa fase, che non è di piena occupazione, le imprese non hanno interesse a generare una domanda con investimenti aggiuntivi. Solo un pazzo, o un produttore di mascherine, getterebbe denaro in nuovi impianti o in nuove linee di produzione. Ecco perché, in un periodo come quello che stiamo attraversando, deve intervenire un soggetto il cui interesse non è il Ritorno dell’Investimento (ROI), ma il bene dei cittadini.

Solo questo soggetto può porsi come occupatore di ultima istanza, e assumere la centralinista, per farle svolgere un lavoro che le procuri un reddito. Questo lavoro, proprio in quanto sopperisce alla mancanze del libero mercato, non deve essere valutato con gli stessi criteri di profittabilità del libero mercato.

Cosa vuol dire tutto ciò? Che nel libero mercato i lavoratori continueranno a spaccarsi la schiena, mentre tutti gli altri, in 5, svolgeranno il lavoro che potrebbe fare una sola persona?

No di certo. Questo film lo abbiamo già visto.

Anche l’aumento della produttività nella pubblica amministrazione, che c’è stato e ci sarà in modo massiccio in questi anni, anche sotto la spinta di ciò che sta accadendo oggi con lo smart working, non deve tradursi in esuberi, in licenziamenti, in part-time involontari. Sarebbe un disastro.

Questo lavoro in eccedenza deve tradursi in una riduzione dell’orario di lavoro, sia per i lavoratori pubblici, sia per i lavoratori privati. Bisogna cogliere l’occasione.

Dietro l’angolo ci sono sempre nuove sorprese. La Storia non è finita. C’è ancora del duro lavoro da fare. Lo sanno bene i medici, che stanno facendo turni anche di 16 ore. Ci sono studenti che vogliono diventare medici ma non possono diventarlo, ci sono lavoratori che si spaccano la schiena e fanno straordinari per arrotondare, e lavoratori disoccupati, in ginocchio per l’emergenza, che chiedono di dare il loro contributo.

L’introduzione di internet nella pubblica amministrazione può trasformarsi in ulteriori licenziamenti (siamo passati da 7 milioni a 3 milioni di impiegati), oppure, senza negare i principi di efficienza e produttività, può trasformarsi nell’occasione per una riduzione generalizzata (privato e pubblico) dell’orario di lavoro.

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1 Commento


  • flix

    Finalmente qualcuno che parli di riduzione orario di lavoro, filiale produttiva socialista, rivoluzione e innovazione …tutti a menarle con il mes, coronabond, eurobond, finanza, capitalismo, ordoliberismo. Bisogna cominciare a parlare il linguaggio della lotta di classe dalla parte del lavoro e non del capitale. A furia di indottrinarci con Marx abbiamo buttato nel cestino Lenin e Mao . Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione quindi eccellente,

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