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Lavorare per vivere? Da dieci anni i salari sono fermi, anzi in caduta

Sono ormai dieci anni che i salari di lavoratrici e lavoratori italiani sono praticamente al palo.

Secondo una ricerca condotta dalla Fondazione Di Vittorio, per i lavoratori italiani il salario lordo medio si colloca a livelli molto inferiori rispetto alla media degli altri Paesi dell’Eurozona e risulta di poco superiore solo a quello spagnolo.

Si guadagna di meno ma in compenso si lavora di più. L’Italia ha infatti un alto numero medio di ore lavorate all’anno per dipendente. Infine, ma non per importanza, sui salari dei lavoratori italiani grava anche una pressione fiscale a livelli record.

Guardando nel dettaglio i dati dalla ricerca della Fondazione Di Vittorio emerge che il salario lordo annuale medio (a prezzi costanti 2019) in Olanda e Belgio si attestava, nel 2000, a 44 mila e 43,4 mila euro rispettivamente e ha registrato a fine 2019 una crescita del +8,8% e +9,9%. Nello stesso periodo, il salario in Germania e in Francia, che nel 2000 era di 35,8 mila e 32,2 mila euro, è cresciuto del +18,4% e del +21,4%. Infine, il salario in Italia e Spagna, che nel 2000 era pari a 29,1 mila e 26,8 mila euro, ha segnato nel 2019 un aumento, rispettivamente, del +3,1% e +2,2%.

Ma i bassi salari non significano affatto margini di crescita superiori per le industrie e i servizi strategici. E’ esattamente il contrario. In Olanda e Belgio, con salari più alti si registra una crescita. Germania e Francia, con salari medi che si collocano ad un livello intermedio tra i sei Paesi, registrano l’incremento salariale più alto. Invece Italia e Spagna, con i salari medi più bassi, si caratterizzano entrambe per una stagnazione di lungo periodo.

Inoltre, nel quadro delle sei maggiori economie dell’Eurozona, si registra addirittura una divaricazione tra i salari tra paese e paese. Infatti, nel periodo 2010-2019, i salari tedeschi sono cresciuti di +5.430 euro (pari a un +14,7%) mentre quelli italiani sono diminuiti di -596 euro (pari a un -1,9%). Inoltre, l’Italia è l’unico tra i sei Paesi dell’Eurozona che non ha ancora recuperato il livello salariale pre-crisi (2007) e che ha avuto complessivamente le oscillazioni più contenute.

In Italia, poi, il salario di un single al 100% del salario medio (21,6 mila euro) ha uno scarto di oltre 15,7 mila euro con i Paesi Bassi, di oltre 10 mila con a Germania, di 8,4 mila con il Belgio e quasi 5 mila con la Francia. Nel caso del monogenitore al 67% del salario medio con due figli, il salario netto in Italia (pari a 20,6 mila euro) ha uno scarto di oltre 16,7 mila euro con i Paesi Bassi, oltre 8 mila con Belgio e Germania e di 5,8 mila con la Francia, mentre è superiore a quello spagnolo di oltre 2,6 mila euro.

Infine, nel caso italiano della coppia bireddito con entrambi i genitori al 100% del salario medio e due figli (45,2 mila euro), lo scarto rispetto alle economie prese a confronto è ancora maggiore in termini assoluti: 34,5 mila con i Paesi Bassi, 23,8 mila con la Germania, 20,3 mila con il Belgio e 10,8 mila con la Francia.

Infine, da questa analisi emerge come i salari familiari netti italiani rispetto a quelli tedeschi valgano una quota che va dal 61,5% della coppia monoreddito con due figli e salario pari a quello medio fino al 71,8% del monogenitore con due figli e salario pari a due terzi di quello medio. Inoltre, i dati mostrano come l’Italia nel 2019 abbia registrato il maggiore cuneo fiscale (39,2%) proprio per la coppia monoreddito con due figli e un salario equivalente a quello medio (Ocse, 2020).

Questo mette in evidenza come sui salari lordi italiani, già mediamente più bassi degli altri, si eserciti complessivamente una maggiore pressione fiscale.

 

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