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Sui migranti, un vertice europeo senza idee

La gestione dei flussi migratori mette in discussione l’Unione Europea molto più di quanto non facciano i trattati economici. Ed è quasi paradossale, perché sono questi ultimi ad aver creato – e ad aggravare – la moltiplicazione delle disuguaglianze e la povertà delle popolazione in tutti i paesi dell’Unione.

Il mini-vertice “non convenzionale” svoltosi a Bruxelles ha sancito l’assoluta differenza di posizioni, tanto da far dire a molti che c’è una “guerra di tutti contro tutti”. L’evanescente primo ministro italico, Giuseppe Conte, ha portato lì la proposta di istituzionalizzare il “modello Minniti”: rafforzare le frontiere esterne e gli accordi tra Ue e paesi terzi, oltre che di creare centri di protezione internazionale negli Stati di transito. Un misto tra incremento di Frontex come “polizia di frontiera” comunitaria e costruzione di lager di tipo libico in tutti i paesi africani disponibili. Di fatto, il governo grillin-leghista premere per superare il regolamento di Dublino, cancellando o limitando fortemente la regola della responsabilità del paese di primo ingresso, stabilendo piuttosto che “chi sbarca in Italia” a tutti gli effetti arriva nella Ue.

La Francia di Macron non è affatto più “umanitaria”. Rispetto alla proposta italiana cambia soltanto la collocazione geografica dei lager: “centri chiusi” per i migranti gestiti e finanziati dall’Unione Europea nel paese di primo approdo: Italia, Grecia e, in misura molto minore, Spagna. La differenza sta, forse, nel tipo di “trattamento” da riservare ai migranti imprigionati e nella maggiore facilità di selezione delle “figure professionali” più utili.

Spagna e Grecia hanno provato a barcamenarsi tra questi due opposti, rilevando che comunque queste proposte non sono affatto “innovative”, ma in qualche modo già attuate.

Il punto dirimente è palesemente un altro: la distribuzione dei richiedenti asilo – gli unici migranti in qualche misura garantiti dalla legislazione europea – tra tutti i paesi dell’Unione. Qui casca comunque l’asino, visto che una serie di paesi (il gruppo di Visegrad, ma non solo) rifiutano assolutamente di condividee questa responsabilità comunitaria.

Con questa palla al piede, il vertice vero e proprio del prossimo weekend parte parecchio ridimensionato nelle aspettative. Doveva essere il vertice che riscriveva alcuni trattati, creando magari una “Europa a due velocità” (un nucleo stretto a più forte integrazione, e un cerchio più largo che gravita intorno a questo nucleo). Il vertice che faceva in qualche modo ripartire un convoglio da qualche tempo col motore imballato.

Rischia” di diventare invece il vertice in cui si fanno passare sotto silenzio alcune modifiche decisive per la sopravvivenza della banche francesi e tedesche oberate da “titoli illiquidi” (ossia invendibili, carta straccia) e mortifere per la banche di altri paesi, a cominciare da quelle italiane. Mentre si strepiterà molto intorno alla collocazione geografica dei lager in cui rinchiudere gente che fugge da guerre, carestie, desertificazione.

Ogni “politico” sa fare il gioco della distrazione di massa. E mentre i coglionazzi fascistoidi usano i flussi migratori per nascondere la propria impotenza nel realizzare le promesse elettorali, quelli più abili – o semplicemente più forti – fanno la stessa cosa per rafforzare il proprio sistema finanziario a scapito dei partner.

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