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Recovery fund, i conti sui sussidi danno saldo negativo per l’Italia

Bisogna sempre guardare dentro i “trattati europei” e mai fidarsi delle dichiarazioni dei boss di Bruxelles, e ancor meno dei gazzettieri retribuiti per rilanciarne le dichiarazioni come fossero parole della bibbia.

Dopo l’illuminante analisi degli economisti di Coniare Rivolta, che spiegano con chiarezza come il Recovery Fund (o NextGeneration EU) non sia altro che una “garanzia europea” su prestiti da contrarre sul mercati, con una modesta riduzione della spesa per interessi ma con il collare di ferro della “condizionalità” decise dalla Commissione Europea (come usarli, per quali investimenti, con quali tempi, ecc), ecco un altro approfondimento che – conti alla mano – dimostra quanto ci perde questo Paese.

E poiché parliamo di soldi pubblici – contributi versati dallo Stato – ossia di risorse raccolte con la fiscalità generale, le cui storture sono note da decenni (pagano tutto e di più lavoratori dipendenti e pensionati, mentre imprenditori di ogni livello moltiplicano le loro entrate grazie all’evasione fiscale su grande scala), si capisce in un attimo come questa perdita non sia una lamentela “nazionalistica”, ma una brutale questione di classe.

Siamo noi che paghiamo e veniamo espropriati di buona parte dei nostri non eccelsi redditi. Mentre da tv e giornali veniamo tempestati col messaggio seriale “le centinaia di miliardi che ci mette a disposizione l’Europa“….

Buona lettura e fatevi due conti…

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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte avrebbe dovuto ascoltare Daniel Gros. Conte dovrebbe ricordare che l’Italia, terzo contribuente netto della UE, versa al bilancio europeo più di quanto riceve.

Daniel Gros, intervistato dal quotidiano La Stampa l’8 aprile 2020, ipotizzava per il nostro paese “trasferimenti diretti dall’Unione Europea sotto forma di un temporaneo stop ai contributi dovuti a Bruxelles…. Si tratterebbe, con una decisione che durerebbe 7 anni, di sospendere i trasferimenti all’Ue, che per l’Italia ogni anno sono pari a 15 miliardi. In sette anni sarebbero 105 miliardi di risparmi”.

Qui Gros si riferisce ai versamenti (trasferimenti) italiani al bilancio Ue. In realtà i risparmi, come vedremo, sarebbero “solo” sui circa 35 miliardi di saldo negativo versamenti/accrediti tra Italia e UE. Comunque sarebbe un risparmio.

Converrebbe rinunciare ai Fondi UE, sia quelli ordinari, sia quelli del Next Generation EU, e, non contribuire al bilancio europeo per i prossimi sette anni.

Per capire, vediamo concretamente l’ultima relazione disponibile della Corte dei Conti sui rapporti finanziari con l’UE e l’utilizzazione dei Fondi europei: nel settennio 2012-2018 l’Italia ha versato al bilancio UE 112,85 miliardi e ha “ricevuto” 76,49 miliardi.

Come evidenziato in tabella, secondo la Corte, il saldo netto versamenti/accrediti tra Italia e UE è “negativo per 36,3 miliardi. In tale periodo, l’Italia ha perciò contribuito alle finanze dell’Europa con un saldo medio di 5,2 miliardi l’anno”.

E allora, se nel 2012-2018 avessimo rinunciato ai sussidi UE, a patto di non dover versare il nostro contributo al bilancio UE, avremmo avuto 112 miliardi da spendere senza attendere le approvazioni della Commissione Europea.

 

La programmazione del bilancio UE è settennale: sta finendo il ciclo 2014-2020 e sta per iniziare il ciclo 2021-2027. Seguendo l’ipotesi di Daniel Gros vediamo cosa si prevede per il settennio 2021-2027.

I leader UE hanno raggiunto un accordo nel vertice del 21-22 luglio 2020 che prevede due canali finanziari: 1) il QFP (Quadro Finanziario Poliennale) 2021-2027 pari a 1074,3 miliardi; 2) il programma Next Generation EU, pari a 750 miliardi, di cui 390 miliardi per sovvenzioni e 360 miliardi per prestiti.

In tutto 1824 miliardi come evidenziato in tabella. Nel primo canale finanziario, il QFP, secondo l’informativa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla Camera dei deputati del 22 luglio 2020, il saldo italiano resterebbe negativo: meno 2,9 miliardi in media all’anno; nel settennio 2021-2027 il saldo cumulato è meno 20,3 miliardi (2,9 × 7). Questo per il primo canale finanziario.

Purtroppo anche per Next Generation EU il saldo è negativo. NGEU è suddiviso per singolo programma. Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility), il celebre Recovery Fund, prevede per l’Italia 127,6 miliardi di euro in prestiti e 63,8 miliardi in sussidi ovvero contributi a fondo perduto.

Dagli altri programmi, sempre come contributi a fondo perduto, l’Italia avrà: 15,2 miliardi per REACT-EU (il meccanismo ponte tra l’attuale Politica di Coesione e i programmi 2021-27); 0,5 miliardi da Horizon Europe, il programma per la ricerca e l’innovazione; 0,8 miliardi nell’ambito della Politica agricola comune; 0,5 miliardi dal Fondo per una transizione giusta (JTF); 0,2 miliardi da RescEU il meccanismo di protezione civile dell’Unione.

In tutto 81 miliardi a fondo perduto. L’Italia quanto dovrà versare al bilancio UE come suo contributo a Next Generation EU?

Per ora l’unico documento ufficiale che riporta il versamento dovuto dall’Italia è il documento dei servizi della Commissione Europea SWD (2020) 98 FINAL: qui si opera una simulazione secondo cui ogni Stato riceverebbe la totalità dei contributi a fondo perduto e circa la metà dell’importo massimo dei prestiti. Nel contempo ogni Stato versa il suo contributo al bilancio UE.

Come evidenziato in tabella, l’Italia riceverebbe 153 miliardi (prestiti e contributi a fondo perduto) e dovrebbe versare 96,3 miliardi. Il saldo di 56,7 miliardi (153-96,3) è positivo solo grazie ai prestiti.

Analizzando solo i contributi a fondo perduto, poiché riceviamo 81 miliardi e versiamo 96,3 miliardi, il saldo italiano di NEXT Generation EU è negativo, ovvero meno 15,3 miliardi (81-96,3 = -15,3).

Ricapitolando, sui soli contributi a fondo perduto, nel ciclo 2021-2027, l’Italia, verso il bilancio UE, avrà 20,3 miliardi di saldo negativo relativo ai fondi UE ordinari e 15,3 miliardi di saldo negativo relativo a Next Generation EU. In totale un saldo negativo totale di 35,6 miliardi.

Quanto era il saldo negativo nel settennio 2012-2018 secondo la Corte dei Conti italiana? 36,3 miliardi. Next Generation EU cambia tutto per non cambiare nulla.

Vediamo ora i tempi. Come evidenziato in figura, secondo il Parere numero 6 della Corte dei Conti UE del settembre 2020, qualora gli Stati membri presentassero i loro Piani (PRR) entro il 30 aprile 2021, qualora la Commissione approvasse tali Piani entro due mesi, qualora il Consiglio approvasse la proposta della Commissione in 4 settimane “i PRR non verrebbero molto probabilmente approvati prima della seconda metà del 2021”.

Veniamo ora ai tempi effettivi dei pagamenti. L’ammontare dei sussidi previsti sarà diviso in due tranche, pari rispettivamente al 70 per cento e al 30 per cento del totale: la prima tranche del 70 per cento deve essere impegnata negli anni 2021 e 2022; la seconda tranche del 30 per cento deve essere interamente impegnata entro la fine del 2023.

Ma, fatto salvo il 10% di anticipo ipotizzato per il 2021, quando la Commissione Europea erogherà i sussidi? Come ricordato in un Dossier della Camera dei Deputati: Per quanto riguarda i pagamenti, lo Stato membro sottopone alla Commissione una richiesta di pagamento su base semestrale, al raggiungimento degli obiettivi intermedi (milestones) previsti nel Piano. La Commissione ha 2 mesi per accertare il soddisfacente raggiungimento degli obiettivi”.

I pagamenti vengono erogati qualora la Commissione accerti il raggiungimento degli obiettivi intermedi e nessuno Stato Membro abbia obiezioni su tale raggiungimento.

Concretamente che significa? Nella migliore della ipotesi, la Commissione Europea approverà il Piano italiano per la Ripresa entro il 2021, il Governo italiano impegnerà la prima tranche del 70% del Piano entro il 2022 e raggiungerà gli obiettivi intermedi del Piano non prima del 2023.

Ergo la Commissione Europea erogherà i primi rimborsi all’Italia non prima del 2023.

 * dall’Huffington Post

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