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Come economia la Cina supererà gli Stati Uniti entro il 2028

Un think tank con sede nel Regno Unito ha previsto che la Cina supererà gli Stati Uniti, diventando la più grande economia del mondo, nel 2028, avendo superato il rivale nella capacità di risposta durante la pandemia globale di coronavirus.

Il Center for Economics and Business Research (CEBR) ha fatto la previsione nel suo rapporto annuale pubblicato ieri, affermando che il valore dell’economia cinese è destinato a superare quello degli Stati Uniti cinque anni prima di quanto stimato in precedenza, a causa proprio della differenza nella velocità di recupero dei due paesi dopo la pandemia.

Da qualche tempo, un tema dominante dell’economia globale è la lotta economica e di soft power tra Stati Uniti e Cina“, ha detto il gruppo di consulenti nel rapporto. “La pandemia di COVID-19 e le corrispondenti ricadute economiche hanno certamente ribaltato questa rivalità a favore della Cina“.

La CEBR ha salutato “l’abile gestione della pandemia” da parte della Cina, con il suo drastico lockdown anticipato, aggiornando perciò la sua classifica annuale sulle prospettive di crescita di 193 paesi. Il dato dirompente sta nella rapida ripresa dagli effetti del Covid-19, che permetterà a Pechino di crescere del due per cento nel 2020, unica grande economia globale a realizzare una simile performance.

La grande novità di questa previsione è la velocità di crescita dell’economia cinese. Ci aspettiamo che diventi un’economia ad alto reddito durante l’attuale periodo di piano quinquennale (2020-25). E ci aspettiamo che superi gli Stati Uniti con cinque anni di anticipo rispetto a un anno fa“, ha detto Douglas McWilliams, vice presidente della CEBR.

Anche altre economie asiatiche stanno salendo in classifica. Una lezione per i politici occidentali, che si sono comportati relativamente male durante la pandemia, è che devono prestare molta più attenzione a ciò che sta accadendo in Asia piuttosto che limitarsi a guardarsi l’un l’altro“, ha aggiunto.

Il gruppo di consulenti con sede nel Regno Unito ha affermato che, mentre gli Stati Uniti dovrebbero probabilmente avereuna forte ripresa post-pandemica nel 2021, la loro crescita potrebbe comunque essere rallentata all’1,9% annuo, tra il 2022 e il 2024, per poi rallentare ancora all’1,6% in seguito.

Il Giappone è previsto stabile al terzo posto nel mondo, calcolando il Pil indollari, fino all’inizio degli anni ’30, quando verrà però superato dall’India, il che spinge la Germania dal quarto al quinto posto.

Il Regno Unito è attualmente la quinta maggiore economia, ma dovrebbe scivolerare al sesto posto a partire dal 2024.

Soltanto il mese scorso il presidente cinese Xi Jinping ha detto che era “del tutto possibile” che la sua economia possa raddoppiare le prestazioni entro il 2035 grazie il nuovo Piano quinquennale del suo governo, che mira a raggiungere il “socialismo moderno” e un benessere fortemente generalizzato nei prossimi 15 anni.

Ovviamente resterebbe anche allora un certo gap nel Pil pro capite tra i due Paesi (la Cina conta 1,4 miliardi di abitanti, mentre gli Usa circa 330 milioni), ma le differenze nei prezzi interni già ora rendono abbastanza confrontabile il rispettivo potere d’acquisto.

Inoltre, le disuguaglianze interne di reddito – in veloce aumento negli Usa –  si stanno rivelando un handicap crescente per la dinamicità dell’economia Usa, mentre la dinamica realizzata da Pechino grazie alla programmazione è visibilmente opposta.

Il rapporto della CEBR sulle prospettive economiche della Cina tiene naturalmente conto anche della lunga guerra commerciale tra le due parti e delle conseguenti sanzioni unilaterali imposte da Washington contro Pechino.

Le relazioni economiche e diplomatiche tra Pechino e Washington sono scese al livello più basso degli ultimi decenni, a causa dell’inedita guerradei dazi voluta da Trump, con minacce di divieti e sanzioni nei confronti delle aziende tecnologiche cinesi.

Ma a quanto pare le tensioni crescenti non sono affatto servite a fermare la crescita cinese, semmai quella statunitense.

Le previsioni del CEBR arrivano insomma a confermare, anche sul piano della teoria macroeconomica, la fine ormai prossima del “pensiero unico neoliberista”.

Ogni cambio di paradigma, al livello del pensiero egemone, si poggia del resto su un cambiamento nei rapporti di forza economici.

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