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Caos annunciato sull’assegno familiare unico

Fare i conti ma senza l’oste. Osservando la ridda di annunci sulla introduzione dell’assegno unico familiare, si ha la netta sensazione che la fregola dell’effetto annuncio sia foriera del caos prossimo venturo e che magari, ancora una volta, sarà accollato all’Inps e al suo presidente Tridico, colpevole di credere nel welfare pubblico e di essere poco indulgente con le imprese private.

Spezziamo però subito una lancia a favore dell’”assegno familiare unico”, perché quella degli assegni familiari diventa finalmente una prestazione “universale” e non più legata esclusivamente alla condizione lavorativa/contributiva di chi ha dei figli minorenni.

Ma che si stia rischiando l’ennesimo bluff lo avevamo già segnalato dalla pagine del nostro giornale

Oggi infatti gli assegni familiari vengono percepiti solo dai lavoratori dipendenti e da quelli domestici, in gestione separata o in Naspi. Disoccupati e lavoratori autonomi ne erano esclusi.

Nel primo caso c’è una sorta di triangolazione con le imprese, che anticipano gli assegni familiari e poi recuperano le somme conguagliandole dai contributi che versano annualmente all’Inps.

Nel secondo caso invece si tratta di un pagamento diretto dell’Inps sugli iban forniti dagli utenti con un nucleo familiare.

Nel caso di disoccupati o inoccupati (paradossalmente) o di lavoratori a partita Iva non era invece prevista dall’Inps alcuna prestazione per i figli. Solo in alcuni casi erano i Comuni a erogare un assegno dal terzo figlio in poi.

Le veline ufficiali scrivono che il 23 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che istituisce il nuovo beneficio economico a favore dei nuclei familiari in base della condizione economica (Isee).

Tra le novità introdotte a seguito delle osservazioni del Parlamento ci sono i trattamenti per i figli disabili: a quelli tra 18 e 21 anni la maggiorazione mensile è stata incrementata da 50 a 80 euro. La domanda per il nuovo assegno, che ha validità annuale, si presenterà dal 1° gennaio, mentre l’assegno decorrerà da marzo.

Il nuovo assegno unico comporterà la soppressione di una serie di prestazioni sociali e misure vigenti: sparisce la detrazione Irpef per i figli a carico, spesso non fruibile da parte dei contribuenti a più basso reddito, cioè con imposta lorda inferiore al beneficio (c.d. incapienza); gli assegni familiari erogati ai lavoratori dipendenti e pensionati da lavoro dipendente; l’assegno comunale per le famiglie numerose (3 o più figli); l’assegno di natalità (c.d. bonus bebè); il premio alla nascita.

In queste righe c’è una buona notizia (l’assegno ai figli fino ai 21 anni e non più solo ai 18), ma si nascondono anche molte imprecisioni e cattive notizie.

Ad esempio già adesso è prevista e riconosciuta una maggiorazione dell’assegno se si hanno figli invalidi riconosciuti come tali (non è sufficiente la 104, ndr). In secondo luogo, con la nuova legge l’assegno viene riconosciuto a tutti i figli fino a 21 anni e non solo a quelli con invalidità.

Fino ad oggi i figli sopra i 18 anni potevano continuare a beneficiare dell’assegno familiare solo se membri di un nucleo numeroso (da quattro figli in su) o se familiare con totale inabilità a proficuo lavoro (ossia il 100% di invalidità). Infine già da giugno di quest’anno l’importo degli assegni era stato ricalcolato e aumentato.

Ma il caos annunciato è già lì che incombe. Infatti se le famiglie potranno presentare le domande sin da gennaio, prima di marzo l’erogazione degli assegni non sarà possibile. Non solo.

La periodizzazione indicata nel decreto per le domande per gli assegni – da marzo 2022 a febbraio 2023 – andrà a interferire con le domande già in corso da parte di lavoratori dipendenti, domestici e in Naspi, che vanno invece dal 1 luglio dell’anno in corso al 30 giugno dell’anno successivo.

Il buonsenso avrebbe voluto che l’assegno familiare unico partisse in concomitanza di una periodicità ormai consolidata da anni invece che interferire con essa, innescando così una sovrapposizione con milioni di domande già in essere.

Inoltre, fonti interne all’Inps fanno sapere che ancora non esiste alcuna procedura per la gestione delle domande di assegno familiare unico, né è stata annunciata la necessaria formazione di impiegati e funzionari che dovranno gestire la nuova prestazione, resa più delicata anche dal fatto che sarà un pagamento diretto dell’Inps e non più una sorta di triangolazione con le imprese come nel sistema vigente per gli assegni familiari ai dipendenti di aziende attive.

Infine, e non certo per importanza, se le famiglie stanno guardando il dito pensando di poter portare a casa qualche euro in più per il mantenimento dei figli, la luna manda a dire che, a conti fatti, con l’assegno unico familiare i soldi stanziati per questa prestazione verranno spalmati su una platea più ampia, elimineranno le detrazioni fiscali sui figli a carico ed elimineranno gli assegni familiari dei Comuni e i bonus natalità e prima nascita.

A consuntivo entreranno sulle buste paga meno soldi di prima. E’ sufficiente pensare che la relazione di accompagnamento della misura dell’assegno unico familiare nel 2019 parlava di risparmi per il bilancio pubblico. Se tanto ci dà tanto, il risparmio sui conti pubblici significa meno soldi alle famiglie.

Insomma, come dicevamo in apertura, hanno annunciato una festa, ma facendo i conti senza l’oste. Sarà bene che le famiglie riducano le proprie aspettative sul nuovo assegno familiare unico, sia per i tempi che per la consistenza effettiva.

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1 Commento


  • Giovanni Iannetta

    E’ giusto che chi ha un figlio maggiorenne oltre i 21 anni non autosufficiente e disabile con solo la pen-
    sione monoreddito e con moglie a carico e, siccome
    ha un isee che supera i 40.000,00 euro deve percepi-
    re solo 25, 00 euro al mese mentre prima si prende-
    va 156,81 euro, mentre l’ on. Bonetti sostenava che nessuno avrebbe perso un euro.

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