Sui prezzi dell’energia, in drammatico aumento, si fanno molti discorsi campati in aria. Anche gli “esperti” vacillano tra spiegazioni ad hoc (che non spiegano nulla) e ovvie maledizioni al clima di guerra creato dagli Usa in Ucraina (per le possibili, ovvie, ricadute negative sulle forniture di gas russo, quello più a buon mercato perché vicino).
Lasciamo perdere i serial killer dell’informazione embedded, che si limitato a tradurre e copiare gli input provenienti dall’amministrazione Biden, per cui sarebbe “tutta colpa di Putin”…
Esistono invece i meccanismi di mercato, ed è strano che tutti gli adoratori del mercato se ne dimentichino proprio quando serve comprenderli.
Ed esistono le regole europee, anche queste “stranamente” dimenticate proprio quando il loro funzionamento spiega molte cose.
L’editoriale di Guido Salerno Aletta per l’Agenzia TeleBorsa mette fine a questa dimenticanza spiega la dimensione degli aumenti sul continente europeo con una regola folle – tra le tante regole idiote – che obbliga gli acquirenti di energia a pagare il prezzo più alto tra le offerte fatte sul mercato.
Il contrario della concorrenza, se vogliamo.
La ricostruzione del meccanismo messo in moto da questa regola è abbastanza complesso, ma non incomprensibile. In pratica, di fronte a una serie di offerte fatte dai produttori di energia, che incrociano quantità di energia in vendita e quantità richieste, si crea sempre una “quantità merginale” in offerta al prezzo più alto (se la domanda eccede l’offerta).
Logica economica capitalistica normale vorrebbe che il prezzo fosse diseguale. Uno per le quantità che incontrano senza problemi (tra domanda e offerta), e uno più alto per quelle “marginali” o straordinarie.
L’ineffabile Unione Europea invece s’è inventata la regola per cui il prezzo “di mercato” debba essere in ogni caso quello più alto. Anche per le quantità – la stragrande maggioranza – che potrebbero essere profittevolmente vendute senza problemi.
E’ appena il caso di ricordare che in Marx questa situazione era già stata analizzata, nella Sesta sezione del Terzo libro de Il Capitale. Non essendoci allora un mercato del gas e del petrolio, e tantomeno dell’energia elettrica, il suo “mercato di riferimento” era quello dei prodotti agricoli, che vengono coltivati sia su terreni fertili e di facile lavorazione sia su terreni disagevoli o tendenzialmente meno produttivi.
E in quel caso – guarda un po’ – “il mercato” tende spontaneamente ad adottare il prezzo corrispondente al costo di produzione più elevato (quello sui terreni difficili), spuntando così extraprofitti per tutti gli altri produttori.
E’ la funzione – bastarda, ma inevitabile – della rendita fondiaria. Una fonte di reddito che identifica una classe sociale (i “proprietari fondiari” o rentier), diversa dall’imprenditore e dal lavoratore.
L’analisi di Marx è insomma valida anche in questo caso perché le leggi della rendita fondiaria valgono sia nel caso dei prodotti che crescono sulla terra sia per le materie prime che sono nascoste sotto di essa.
I decisori dell’Unione Europea forse non hanno studiato il Capitale (come tanta “compagneria”, del resto), ma “spontaneamente” fanno gli interessi della rendita come del grande capitale multinazionale (sia industriale che finanziario). E quindi ha imposto come regola di legge quel meccanismo di elevazione dei prezzi all’altezza della “quantità marginale”.
Sapendo, per esperienza, che quella “marginalità” può provocare anche crolli del prezzo – come avvenuto durante la pandemia per il prezzo del petrolio, per un giorno soltanto finito addirittura sotto zero – e quindi perdite per i produttori.
Naturalmente la regola viene descritta per “fermare la speculazione a scapito dei consumatori”. Come stiamo vedendo…
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Prezzi roventi & Regole inefficienti
Guido Salerno Aletta – Agenzia Teleborsa
Che ci sia qualcosa di strano, in questi straordinari aumenti del prezzo dell’energia, elettricità e gas, lo sospettano tutti. Benzina e gasolio sono aumentati, è vero, ma molto meno delle bollette.
C’è qualcosa che non torna.
La crisi sanitaria, che ha provocato a partire dal secondo trimestre del 2020 una pesante caduta dell’attività produttiva, ha creato una discontinuità sui mercati, e molti produttori di energia elettrica o fornitori di gas all’ingrosso si sono felicitati del fatto di non avere contratti di approvvigionamento a lungo termine che li avrebbero costretti a pagare inutilmente ciò che non avrebbero potuto rivendere.
I cosiddetti giganti petroliferi, da Total ad ENI, hanno pagato cara la loro strategia di lungo termine, avendo accusato negli scorsi due anni risultati assai pesanti sotto il profilo economico. Ma ora si stanno riprendendo, alla grande: stanno recuperando ampiamente le perdite subite nel biennio scorso.
Per quanto riguarda la fornitura di energia elettrica e di gas alle famiglie ed alle imprese, c’è un Sistema assai più complesso: ci sono centinaia, se non migliaia, di produttori di elettricità da fonte solare o eolica, ed ovviamente coloro che hanno le centrali di generazione alimentate a carbone, combustibili liquidi o gas, che immettono corrente nella rete. Sul fronte della fornitura al dettaglio, decine e decine di distributori che non hanno capacità propria di produzione, ma che si approvvigionano dai fornitori.
Come succede per il prezzo dei carburanti alla pompa, anche in questo caso c’è un prezzo giornaliero, che viene determinato dall’incrocio tra domanda aggregata e offerta aggregata.
Qui sta il nodo, il meccanismo di asta e di fissazione del prezzo che incrocia domanda ed offerta.
Ciascun produttore mette in offerta la quantità di energia che è in grado di offrire al mercato indicando il prezzo a cui intende venderla. Le singole offerte di fornitura in rete di elettricità vengono messe insieme, una sull’altra, su una sorta di asse cartesiano in cui figurano in ascissa le quantità ed in ordinata i prezzi, partendo da quella con il prezzo più basso e per finire con quella avente il prezzo più alto: si arriva così ad una curva in cui è rappresentato in ascissa il volume complessivamente offerto, ed in ordinata il prezzo più elevato che deriva dall’offerta a più caro prezzo. Questa è denominata “offerta marginale“.
Allo stesso modo si procede per la richiesta di energia elettrica e di gas, mettendo insieme le richieste dei soggetti distributori al dettaglio che non hanno capacità proprie di produzione, o che non si sono premuniti con contratti di fornitura a lungo termine che consentono di produrre energia o di fornire gas ai propri clienti senza passare dai meccanismi d’asta.
Arriviamo al dunque: le curve della offerta e della domanda si incrociano in un punto X, che ragguaglia le quantità, e ad un punto Y che è quello della offerta marginale, sia per quantità che per prezzo.
Le regole della Unione Europea impongono una regola inderogabile, quella dell’aggiudicazione dell’asta ad un prezzo/incasso omogeneo per tutti, compratori ed offerenti, al livello più alto, marginale: tutti coloro che hanno richiesto energia elettrica o gas devono pagare lo stesso “prezzo marginale”, quello più alto; tutti coloro che hanno presentato offerte di fornitura ad un prezzo più basso di quello marginale, incasseranno comunque un pagamento commisurato al più alto “prezzo marginale”. Extra costi da una parte, che si riflettono sulle bollette, extra profitti dall’altra parte.
In pratica, è il prezzo del mercato spot dell’energia, quello dell’ultimo metro cubo di gas venduto, che determina le bollette di milioni di consumatori.
Per chi avesse voglia di leggere la posizione della Commissione Europea nel testo originale, trascriviamo di seguito quanto affermato nella Communication on Energy Prices del 13 ottobre 2021:
“The wholesale electricity market is where the producers of energy (power plants) sell electricity, and energy retailers buy it to deliver to their clients. It is a so-called “marginal” pricing system, which works by putting on the market power plants by the order of their price, starting with the least expensive and going until the last plant is dispatched that is needed to meet consumers’ demand. It is this last plant that sets the overall price, and which is often (in the hours of higher consumer demand) a gas or coal power plant. All electricity producers are paid the same price for the same product – electricity. There is general consensus that the marginal model is the most efficient for liberalised electricity markets because generators have an interest not to bid higher than their actual operating costs. Other systems lead to more inefficient outcomes and favour speculation, to the detriment of consumers“.
“Il mercato all’ingrosso dell’elettricità è quello in cui i produttori di energia (le centrali elettriche) vendono l’elettricità e i rivenditori di energia la comprano per consegnarla ai loro clienti. Si tratta di un sistema di prezzi cosiddetti “marginali”, che funziona mettendo sul mercato le centrali elettriche secondo l’ordine del loro prezzo, cominciando dalla meno cara e andando avanti fino all’ultima centrale che è necessaria per soddisfare la domanda dei consumatori. È quest’ultima centrale che fissa il prezzo complessivo, e che è spesso (nelle ore di maggiore domanda dei consumatori) una centrale a gas o a carbone. Tutti i produttori di elettricità sono pagati allo stesso prezzo per lo stesso prodotto – l’elettricità. C’è un consenso generale sul fatto che il modello marginale è il più efficiente per i mercati liberalizzati dell’elettricità perché i generatori hanno interesse a non fare offerte più alte dei loro costi operativi reali. Altri sistemi portano a risultati più inefficienti e favoriscono la speculazione, a scapito dei consumatori“.
Il paradosso è sotto gli occhi di tutti: per evitare le possibili speculazioni al rialzo da parte dei fornitori di energia elettrica e di gas all’ingrosso, facendo incassare loro il “prezzo marginale” anziché quello che hanno presentato al momento della loro offerta, tutti gli acquirenti ed i consumatori pagano il “prezzo marginale”, che è quello più alto. E’ un delirio.
La soluzione razionale sarebbe questa: obbligare tutti i fornitori di energia elettrica e di gas, cioè le imprese che hanno contratti con la clientela al dettaglio, famiglie ed imprese, di approvvigionarsi con contratti a lungo termine, e non con le aste quotidiane, per stabilizzare i prezzi di mercato. Almeno l’80% dei consumi medi della clientela dovrebbero essere coperti con contratti a lungo termine, lasciando alle aste solo le forniture marginali di energia.
“Solo quantità marginali possono essere contrattate a prezzi marginali“: questa regola sì, avrebbe senso.
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walter Gaggero
Ma una ricerca senza citare sempre qualcun altro non la potere fare?
Guardate il calo delle forniture russe di gas a gennaio e il calo delle riserve strategiche impressionaneti,
il 50% dell’energia elettrica in Italia si produce col metano.
I dati li ho già scritti .
Redazione Contropiano
Perché mai non si dovrebbero citare le analisi altrui? L’unica discriminante è se corrispondono al vero, se forniscono informazioni che non si avevano, se sono insomma utili e costituire una “prova”. Cantarsela e suonarsela non è soltanto noioso, ma erode la credibilità.