Il mondo della finanza è sempre un po’ illogico. Probabilmente perché ormai si fonda sulla sola matematica – i “prodotti finanziari derivati” vengono disegnati da matematici, non da economisti – e con uno sguardo distratto all’economia reale.
Succede perciò che la Federal Reserve, la banca centrale Usa, alzi per la seconda volta in due mesi i tassi di interesse dell’0,75% e Wall Street festeggi come se fosse una sua vittoria, anziché un ammonimento.
Per spiegarlo c’è da sapere qualcosa, a monte. La manovra sui tassi di interesse è lo strumento principale di ogni banca centrale. Se la fase economica è fiacca, e l’inflazione scende fin verso lo zero, li abbassa per facilitare un’attività economica più frizzante grazie a un costo del denaro più basso.
Viceversa, i tassi vengono alzati quando l’economia “corre troppo”, riscaldando i prezzi e i salari. Un costo del denaro più alto “sconsiglia” gli investimenti, rallentando così la dinamica produttiva.
Dunque, se i tassi vengono rialzati violentemente – e lo 0,75% in un colpo solo è sicuramente uno strappo molto forte, per le abitudini della Fed – le borse dovrebbero deprimersi, visto che i valori azionari sono teoricamente riferiti alle prospettive di profitto delle aziende (economia rallentata = minori profitti attesi = calo dei valori azionari).
Ma è difficile considerare “matti” gli investitori di miliardi di dollari…
La ragione dell’inattesa festa a Wall Street (il Nasdaq era volato fino al +4%) sta nel gioco delle “attese”, perché la borsa cerca di anticipare la tendenza, comprando oggi a prezzi bassi ciò che tra qualche mese potrebbe valere molto di più (il titolo di Paypal ieri è salito di quasi il 13% per l’ingresso nel capitale del fondo di investimento Elliot, considerato come prova di un futuro radioso).
E l’attesa è quella di vedere presto la fine della fase rialzista dei tassi. Cosa permessa dalle stesse parole con cui Jerome Powell, presidente della Fed, ha parlato dei prossimi mesi.
“La posizione della politica monetaria si inasprirà ulteriormente e probabilmente diventerà appropriato rallentare il ritmo degli aumenti mentre valutiamo in che modo gli aggiustamenti cumulativi delle politiche monetarie stanno influenzando l’economia e l’inflazione”.
Tradotto: ci saranno altri rialzi, ma si comincia a vedere la necessità di andarci più piano, e quindi di ipotizzare (per il prossimo anno) una fine di questa fase. Ergo, diventa un momento buono per comprare azioni svalutate dalla paura della recessione e quindi di far correre Wall Street.
Ma ciò che è buono per la finanza può essere pessimo per chi lavora.
I dati statistici che saranno tenuti sotto osservazione dalla fed saranno infatti soprattutto la dinamica dei salari e del il mercato del lavoro («che sta andando troppo bene», ha detto il presidente, ossia “troppa gente” sta trovando un lavoro). I salari Usa, nonostante l’alta inflazione, stanno rallentando. E dunque secondo Powell è proprio il mercato del lavoro che occorre ora rallentare leggermente.
Più profitti con meno gente al lavoro. Questa è la regola del neoliberismo…
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