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“C’è un processo di concentrazione”, finanziaria e industriale

Telefono lunedì scorso ad un caro amico. Non ci sentiamo da un po’, lui problemi familiari e stress da lavoro, io preso dalle mie cose.

Ci conosciamo dai tempi dell’Università, lui frequentava Economia e Commercio. Abbiamo condiviso nell”ultimo anno che sono stato a Bologna la stanza assieme, assieme abbiamo fatto lavori saltuari. Io poi andai via.

Ci sentimmo dopo decenni, come se non fossero mai passati. Lui dopo la laurea andò a Milano, ha fatto lavori in una società di consulenza primaria poi presso una struttura finanziaria di gestione patrimoniale. Per questo è rimasto a lungo a Lussemburgo, girando l’Europa e incontrando moltissimi industriali.

Lui mi ha sempre detto che gli industriali italiani hanno patrimoni personali, spesso all’estero, tra i più cospicui del mondo. Non li stima molto, sostiene che pagano salari troppo bassi e hanno una mentalità medioevale: “Cucinelli è un’eccezione, ma all’estero Cucinelli è la norma”.

Gli chiedo una definizione del profilo del “risparmiatore italiano”. Sostiene che “è molto conservativo, fa bassa leva, prende pochi rischi, a differenza degli anglosassoni”.

Dice che c’è tanto risparmio, ma per lo più concentrato, anche se ci sono risparmi ereditati da decenni e una percentuale di rendita molto elevata in rapporto al Pil.

Gli domando del settore manifatturiero. Lui risponde che “c’è poco da fare, con questi prezzi energetici è difficile avere margini.

Poi mi parla di Milano. Lui vede “un processo di concentrazione, sia dal lato industriale, sia dal lato del capitale commerciale.

Su quest’ultimo nota che “a Milano chiudono bar, ristoranti, alberghi gestiti da piccoli imprenditori e aprono catene: magari il vecchio gestore, che prima aveva un guadagno netto di 4 mila euro, ora fa il dipendente a 1500, la differenza di margine se la prende la grande impresa che fa pure economia di scala. Stessa cosa nel settore manifatturiero.”

Nota che “i piccoli, a seguito della pandemia, sono tartassati di gabelle, avvisi, pagamenti che li stanno stroncando”. Sostiene che “li vogliono eliminare, toglierli dalla piazza”.

Finisce qui la conversazione. Oggi leggo che si sta cercando di bloccare gli avvisi di pagamento, forse sta diventando una seria questione sociale e qualcuno a Roma cerca di porre rimedio. Parliamo di noi, della fu “sinistra”, di come siano ancorati ad un mondo che non c’è più.

Lui, gestore patrimoniale, mi dice: “chiamami domani, ti racconto altre cose“. A presto.

* dal blog Pianocontromercato

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4 Commenti


  • giorgino

    “li vogliono eliminare, toglierli dalla piazza”.

    chi è che li vuole stroncare ? tali chiusure sono forse volute da decisori che hanno fatto un progetto a tavolino, quale variabile indipendente, senza il quale progetto politico, gli esercenti citati non verrebbero stroncati rimanendo invece in salute economica decente ? Una sorta di complotto ?

    potrebbe sembrare che l’idea romana di limitare cartelle ed avvisi di pagamento, decisione questa si’ politica, per tale natura sua politica, venga quindi a disporsi in una diretta continuità con l’ assunto iniziale, dal sapore complottista- soggettivista, “li vogliono eliminare, toglierli dalla piazza”..

    In questo caso forse lo stesso l’ autore, che l’idea romana aggiungeva, avrebbe dato il suo assenso alla linea causale complottista, sulla quale l’intero ragionamento sarebbe allora disposto

    Sarebbe gentile poter capire meglio la natura, ed il tipo di causalità che muove, nella precipua visione dell’ autore , l’importante processo di concentrazione circa il quale l’articolo ci informa, essa concentrazione è per certi versi la vera cifra della fase che viviamo

    affettuosi saluti


    • Redazione Roma

      Diciamo per esempio che Draghi sia prima del suo insediamento che durante l’insediamento aveva dichiarato esplicitamemte che le “imprese zombie” dovevano essere lasciare morire. Troppo piccole, troppo indebitate, scarsa liquidità, poche possibilità competitive etc. C’è un apposito documento su questo


  • giorgino

    Troppo piccole, troppo indebitate, scarsa liquidità, poche possibilità competitive etc.

    Ebbe’, allora è il capitalismo stesso che ammazza le piccole imprese, Draghi ne interpreta solo il corso oggettivo, se diamo la colpa alle scelte politiche (o a complotti), introiettiamo l’ideologia per cui il benessere di chi ci lavora è limitato solo dalle politiche ai complotti corrive, e non dal capitalismo in sé, ne discende un infinito trasferimento alle micro-imprese , come vuole la Meloni.

    piccolo o grande sempre capitale è,


    • Redazione Roma

      si, ma lascia perdere il tasto dei complotti sennò non si va da nessuna parte, e neanche con il determinismo

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