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L’industria “green” europea tra crisi delle forniture e competizione con gli Usa

Intervenendo al  World Economic Forum di Davos, Ursula Von der Leyen ha parlato di un nuovo piano industriale nella Ue – il NetZero Industry Act – funzionale al Green deal europeo, finanziato da un Fondo sovrano europeo teso ad aumentare i finanziamenti del settore. Si tratta di un piano a livello europeo perché sul piano finanziario, ha spiegato la Von der Leyen, gli aiuti di Stato, da soli, “sarebbero una soluzione limitata”.

Appare evidente come l’iniziativa europea sia una risposta all’Inflation Reduction Act statunitense, teso a riequilibrare la competitività dell’ industria nella Ue rispetto a quella USA (1), ampiamente finanziata dal Governo di Joe Biden. Arrivare alle emissioni zero senza “nuove dipendenze” (in questo caso statunitensi) dopo quella russa di cui l’Europa si sta faticosamente sottraendo, è l’obiettivo dichiarato dalla von der Leyen.

Ma quello della costruzione di una vera capacità produttiva verde è un tema sul quale lo stesso World Economic Forum, in un report diffuso qualche giorno prima del suo inizio, ha fornito informazioni significative e secondo il quale lo squilibrio tra domanda e offerta di prodotti green genererà una “scarsità verde” che non riguarda, naturalmente solo l’Europa, ma tutto il mondo.

Lo studio curato dal Wef e dal Boston Consulting Group analizza le possibilità delle imprese sui nuovi mercati “green”.

Ma nelle catene di forniture industriali (supply chain) più importanti, “gli operatori impegnati per la decarbonizzazione situati a valle sono di gran lunga più numerosi degli operatori a monte della catena del valore (value chain). In alcuni casi, questo divario di quote di mercato supera i 20 punti percentuali”, dice il report.

La situazione più grave è quella della plastica e dei prodotti chimici green: nel 2030 potrebbero non esserci affatto “alternative verdi”, e quindi le industrie non riusciranno a soddisfare la domanda.

Le aziende a valle della catena del valore, hanno obiettivi rientranti nel quadro della Science Based Target iniziative (l’iniziativa Ipcc per la riduzione delle emissioni) in un numero di casi che corrisponde al 45% del mercato. Tuttavia, in industrie come la plastica e l’alluminio, rispettivamente solo il 6% e l’11% della quota di mercato ha assunto impegni analoghi per le emissioni.

Naturalmente, il problema è sia a lungo che a breve termine: già oggi i prodotti a basse emissioni di carbonio hanno ancora prezzi proibitivi, che superano anche del 50% il resto dei prodotti in commercio, in particolare nel settore industriale.

Anche von der Leyen ha evocato il problema delle forniture industriali. L’obiettivo del NetZero Industry Act “sarà quello di focalizzare gli investimenti su progetti strategici lungo l’intera catena del valore delle tecnologie verdi. Vedremo in particolare come semplificare e accelerare i tempi per consentire nuovi siti di produzione di tecnologie pulite”, ha aggiunto von der Leyen.

L’accorciamento e la ridefinizione delle filiere produttive all’interno e non più all’esterno dell’area europea, è diventato una priorità della riorganizzazione produttiva delle industrie europee. Il problema sarà quello di mantenere costi di produzione “competitivi” imponendo condizioni produttive e salariali come quelle asiatiche ai lavoratori dei paesi della Ue.

E qui un brivido già corre lungo la schiena dei lavoratori nei paesi PIGS e dell’Europa dell’Est, cioè quelli già con salari molto più bassi rispetto ai paesi e alle aree produttive del nord e del centro dell’Unione Europea.

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(1) Le industrie europee sono alquanto allarmate per l’ entrata in vigore negli Usa del pacchetto di circa 391 miliardi di dollari, che dal primo gennaio 2023 agevolerà imprese e famiglie nella transizione green. Si tratta dell’Ira (Inflation reduction act), che stanzia una quantità di sussidi senza precedenti per convincere le imprese a tornare a investire negli Stati Uniti, oltre a concedere robuste agevolazioni fiscali alle famiglie per convincerle a «comprare americano», in testa le auto elettriche. L’Ira è dotato di un budget di 738 miliardi di dollari, dei quali 391 miliardi saranno spesi per l’energia e il cambiamento climatico. Le industrie dell’automotive tedesche e francesi temono di non poter reggere la concorrenza statunitense: basti dire che l’Ira prevede un credito d’imposta di 7.500 dollari per l’acquisto di un’auto elettrica nuova, e di 4mila dollari per una usata. Incentivi fuori portata in Europa.

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