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Il World Economic Forum conferma che il mondo del lavoro cambierà in fretta

In occasione della Festa dei Lavoratori, il World Economic Forum ha pubblicato il rapporto 2023 sul futuro del lavoro. Le previsioni riguardano un lasso di tempo piuttosto ristretto e arrivano fino al 2027, ma al suo interno sono delineati grandi cambiamenti.

L’indagine si fonda sulle interviste a 803 aziende di 45 diversi paesi, dalle cui risposte sono state calcolate le tendenze per i 673 milioni di posti di lavoro corrispondenti ai dati raccolti.

Entro cinque anni quasi un lavoro su quattro cambierà, con la creazione di 69 milioni di posizioni lavorative, ma con la corrispondente eliminazione di altre 83 milioni.

Si avrà dunque una perdita netta di 14 milioni di posti di lavoro. Saranno soprattutto la transizione verde, gli standard ESG (criteri di sostenibilità) e la rilocalizzazione delle filiere a sostenere la creazione di nuovi lavori. L’inflazione e i problemi di approvvigionamento rimangono invece le preoccupazioni maggiori.

I ruoli in crescita sono quelli legati – oltre che all’agricoltura – alla digitalizzazione e allo sviluppo di nuove tecnologie, in particolare in tutte le attività collegate ai big data.

In maniera complementare, sono queste innovazioni che porteranno alla diminuzione di molti posti di lavoro, soprattutto impiegatizi e di segreteria.

Le aziende hanno tuttavia rivisto al ribasso, rispetto all’ultimo rapporto uscito nel 2020, le loro aspettative di automazione delle mansioni. Ma tante di quelle riguardanti comunicazione e coordinamento delle attività potranno approfittare dei passi in avanti dell’intelligenza artificiale, che sarà adottata dal 75% delle imprese.

Saadia Zahidi, Direttrice generale del World Economic Forum, ha parlato delle tante difficoltà economiche degli ultimi anni, per poi aggiungere che “i governi e le imprese devono investire per sostenere il passaggio ai lavori del futuro attraverso l’istruzione, la riqualificazione e le strutture di sostegno sociale che possono garantire che gli individui siano al centro del futuro del lavoro“.

La mancanza di adeguate opportunità di formazione e riqualificazione (sei lavoratori su dieci ne avranno bisogno entro il 2027) desta forti preoccupazioni. Così come l’incapacità di attrarre talenti, per cui viene riconosciuto che l’offerta di salari più alti per far fronte al costo della vita potrebbe aiutare.

Aggiungiamo noi che senza dubbio sarebbe così, e questo è un po’ il segreto di pulcinella che i media cercano di nascondere sotto il tappeto. Dunque, almeno per il nostro paese, si tratterebbe di introdurre al più presto un salario minimo per legge, ad almeno 10 euro.

Ma dai dati abbiamo osservato che ci sarà anche una perdita netta di posizioni lavorative. Devono tornare perciò con forza nel dibattito pubblico le parole d’ordine del “lavorare meno, lavorare tutti a parità di retribuzione”.

Altrimenti continueremo a stagnare in questa condizione di disoccupazione che ci attanaglia ormai in maniera strutturale.

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2 Commenti


  • mikepz

    il wef deve essere bombardato quando sono tutti riuniti


  • Giampiero Spinelli

    Privatizzazione della conoscenza, concentrazione in poche mani della ricchezza prodotta dai lavoratori, regresso del suffragio universale, rappresenranza politica sempre più risttetta e modelli veteroautoritari, pervasiva propaganda su ogni strumento di comunicazione.
    Tutti questi, ritengo, siano una fitta rete che imprigiona le forze produttive subordinate nella catena del valore.
    Tagliare le maglie di questa rete è ineludibile: ri—organizzare il partito, ri-fondare il sindacato.
    Sono questi i compiti urgenti.

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