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L’auto occidentale batte in testa. E in ritirata…

La crisi di un sistema diventa evidente quando, di fronte a qualsiasi problema, le scelte che si possono fare sono tutte sbagliate.

Prendiamo ad esempio il mercato dell’auto, merce-pivot che capitalismo occidentale per tutto il Novecento e fino ai giorni nostri. Merce centrale per molte ragioni: ha fatto da “motore” per una marea di attività economiche, sia industriali (accessori, riparazioni, ecc), che artigianali (meccanici, gommisti, carrozzieri, elettrauto, ecc) o nei servizi (assicurazioni, documentazione, contenziosi legali, ecc).

Merce centrale anche per l’immaginario, in quanto rendeva esemplarmente concreto il mito della “libertà individuale” assicurata solo dal capitalismo e dalla proprietà privata. E pazienza se la “pratica” quotidiana di quel mito era realizzabile solo se si aveva il reddito per pagare le rate, il bollo, la manutenzione, l’assicurazione… e il pieno di benzina.

Per assolvere a questa funzione strategica – economica, politica, ideale – doveva necessariamente essere una merce di massa, disponibile praticamente per chiunque (secondo la grande intuizione di Henry Ford), con prezzi ampiamente differenziati a seconda della classe sociale (dalla Panda alla Ferrari), e con un vastissimo mercato dell’usato per renderla accessibile anche ai redditi più bassi.

Una merce geniale, insomma.

Non è più così. E se ne lamenta per primo il mondo industriale, che conosce bene I numeri della produzione e soprattutto delle vendite. Qui in Italia l’allarme è stato lanciato dal quotidiano di Confindustria, ossia IlSole24Ore, con un servizio dal titolo inequivocabile: “Auto, scomparse in Italia le vetture a meno di 14mila euro. Ecco perché”.

Naturalmente, quel “perché” è piuttosto una interpretazione, sagomata sul punto di vista – gli interessi – dei produttori. Non certo una “spiegazione scientifica”.

Si parte come sempre dai numeri: “Delle auto immatricolate nel 2022, in Italia, solo 360mila stavano sotto i 20mila euro di listino, pari al 27% del mercato. Nel 2019 erano state 800mila ossia il 42% del mercato, di cui un 7% stava addirittura nella fascia sotto i 14mila euro, che nel 2022 è scomparsa.

Soprattutto, in termini assoluti, le vendite sono crollate da 1,9 a 1,3 milioni l’anno. Quasi un 30% in meno.

La constatazione che “mentre le bollette, i mutui e anche gli stessi finanziamenti schizzavano in alto, le Case alzavano i listini e tagliavano gli sconti” – accelerando così la ritirata dei potenziali acquirenti di una quattroruote – necessita di una spiegazione.

Che IlSole, ossia l’imprendtoria, descrive così: “La strategia è produrre e vendere meno auto, per cui non serve svenarsi sul prezzo.

Questo implica che l’auto non potrà più essere una “merce di massa” perché “Se [l’industria automobilistica] vendesse tutte le macchine che il mercato chiede, ovviamente non ai prezzi attuali ma neppure a quelli di saldo degli anni scorsi, ci sarebbe un mix troppo sbilanciato sulle termiche classiche, sforando i limiti imposti dalla politica: troppi gr/km di CO2 e multe salate”.

Ricapitoliamo: la domanda (quelli che vorrebbero comprare un’auto) c’è; ma purtroppo è una “domanda povera”, che chiede modelli a prezzi molto bassi; questa domanda potrebbe essere soddisfatta soltanto con auto diesel o benzina (a motore termico, appunto); ma purtroppo le politiche di riduzione delle emissioni climalteranti – decise anche dall’Unione Europea – per quanto possano essere timide e inefficaci, sono comunque un limite insopportabile per le Case automobilistiche.

Fin troppo facile vedere, tra le righe, la mano dei costruttori, sempre ostili ad ogni nuova normativa che li costringe a diminuire le emissioni di CO2 e, a breve, anche di altri inquinanti generati dall’usura di freni e gomme.

Sta di fatto, comunque, che le auto elettriche prodotte in Europa o negli States sono ormai troppo care per chi riceve solo un salario medio (non parliamo neanche di quelli precari o part time, definitivamente usciti dal novero dei potenziali acquirenti di un’auto nuova).

Se dal punto di vista aziendale singolo si potrebbe anche trattare di un ragionamento “intelligente” (faccio auto per chi se le può permettere), dal punto di vista sistemico (l’economia e la società nel suo insieme) è chiaramente un’idiozia.

Anche perché, durante i cento anni di centralità dell’auto, è stato disegnato e realizzato un sistema integrato del trasporto di uomini e merci che prevedeva e prevede una grandissima diffusione dei mezzi individuali.

Basti guardare alla costante riduzione delle tratte ferroviarie regionali, ormai abbandonate a concessionarie che devono agire secondo la logica del profitto e a scapito della fruibilità del servizio da parte del pubblico. Un viaggio su Trenord, per i lumbard, equivale ormai ad un esercizio masochistico…

Oppure lo stato in cui è ridotto il trasporto pubblico nelle città medio grandi, assolutamente sottodimensionato rispetto all’esigenza di “far muovere” una popolazione priva dell’automobile o di un “due ruote”.

Ma per IlSole e l’industria l’unica colpa sta nelle “norme antinquinamento” (viene citato anche l’esempio delle caldaie a gas). E quindi la grande contraddizione tra sviluppo e difesa dell’ambiente verrebbe risolto con una contrazione violenta del mercatoautomobilistico ai “felici pochi” con un reddito sufficiente.

Travolgendo così l’indotto di ogni genere e, va da sè, una quota stratosferica del Prodotto interno lordo.

Ma c’è un ma. Il “mercato” si era fatto mondiale, e molta della produzione era stata delocalizzata. E proprio quel processo, realizzato per abbassare i costi e aumentare i profitti, ha messo in moto la capacità di progettare e sviluppare altrove nuove tecnologie meno inquinanti, a costi ancora relativamente bassi.

E quindi “l’invasione delle auto elettriche cinesi” diventa quasi una punizione divina per l’ingordigia dei decenni passati, quando tutta quella marea di profitti finiva regolarmente in speculazione finanziaria anziché in ricerca e sviluppo.

E quindi sempre IlSole deve farsi interprete delle ansie protezionistiche di un’industria morente – l’auto occidentale, tranne che nei settori di lusso – sparando pezzi come “Auto elettriche, Ue apre consultazione con la Cina” (non troppo stranamente inserito nel polpettone sulla guerra in Ucraina), oppure “Auto elettrica, corsa contro il tempo per la prima fabbrica europea di magneti”.

Riassumendo: protezionismo doganale, sussidi pubblici per gli investimenti e rinvio sine die di qualsiasi “transizione ecologica”.

Dite voi se non è crisi questa…

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