“L’Intelligenza Artificiale è arrivata. Ci saranno molte sorprese con l’intelligenza artificiale che è qui per restare”. Sono parole del presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, che ha esaltato questa nuova possibilità offerta dalla tecnologia in un intervento televisivo.
“Siamo all’avanguardia tecnologica delle cose che appaiono nel mondo, ribaltandole sempre per metterle al servizio della verità, della creazione di consapevolezza, della comunicazione”, ha detto ancora il presidente assicurando che il suo governo resta attento ai “fenomeni della scienza e della tecnologia”, e per questo utilizzerà strumenti come l’intelligenza artificiale per “comunicare i progressi dell’Esecutivo.”
Anche nella sua recente visita nella Repubblica Popolare Cinese, il presidente della Repubblica Bolivariana ha parlato di Intelligenza Artificiale dell’Isola di Zhangjiang a Xuhui, Shanghai, uno dei principali organismi di ricerca, sviluppo e innovazione nel campo dell’IA in Cina e nel mondo.
Il capo di stato venezuelano ha visitato le strutture del centro, dove gli è stato riconosciuto il merito di aver apportato con il suo paese contributi significativi all’Intelligenza Artificiale, compresi i progressi nel riconoscimento vocale e nella generazione del linguaggio naturale.
Inoltre, le applicazioni dell’intelligenza artificiale studiate in Venezuela hanno trovato applicazione in settori come i servizi sanitari automatizzati, i veicoli autonomi e i macchinari avanzati. In effetti nel paese bolivariano si sono sviluppate solide alleanze, tra aziende, università e istituti di ricerca nazionali e internazionali, in particolare nel settore della sanità.
Analogamente a Cuba si sono registrati grandi progressi nel settore delle biotecnologie grazie anche agli strumenti informatici.
“In un discorso tenuto a pochi giorni dalla fine della crisi di Ottobre del 1962, Fidel Castro – ricorda il prof. Luciano Vasapollo, decano di economia alla Sapienza, dove ha fondato la Scuola di economia antropologica decoloniale che da oltre 20 anni collabora con istituzioni accademiche dei due paesi latinoamericani – disse che i proiettili più a lunga gittata di cui Cuba era in possesso non erano quelli nucleari, ma quelli morali”.
“Seguendo tale visione, Cuba – rivendica Vasapollo, in un’intervista a FarodiRoma – è riuscita a sviluppare ben tre vaccini efficaci contro il Covid-19, anche se ha un Pil simile a quello della Campania ed è sottoposta da oltre sessant’anni al blocco commerciale e finanziario degli Stati uniti. Abdala, Soberana 02 e Soberana Plus, sono stati utilizzati per immunizzare il 90% della popolazione adulta e il 97% di quella infantile dell’isola, e hanno protetto decine di milioni di persone in paesi troppo poveri o troppo poco succubi per ricevere in tempo i vaccini occidentali“.
Ma Cuba, sottolinea l’economista, “è riuscita a sviluppare i vaccini contro il Covid-19 perché, da decenni, possiede un’industria biofarmaceutica avanzata. Il pilastro del sistema è una rete inter-organizzativa costituita da 32 imprese, che operano in diverse aree di specializzazione. La rete è coordinata da una struttura governativa, Biocubafarma (Bcf), che si occupa di fare da integratore e da cerniera con il governo”.
Il notevole progresso scientifico a Cuba e in Venezuela, in particolare nel campo dell’intelligenza artificiale, riporta di attualità il concetto sviluppato da Marx e che si riferisce alle conoscenze e alle capacità intellettuali acquisite dall’umanità nel corso della storia, che vengono poi applicate al processo produttivo attraverso l’uso di macchine e tecnologie avanzate.
Il caso Cuba e Venezuela, e ancora più della Cina, tre paesi rivoluzionari socialisti, dimostrano, spiega Vasapollo, che “questo intelletto generale non è posseduto da singoli individui ma è distribuito a livello sociale diventando una forza produttiva collettiva appunto. In altre parole il progresso scientifico e tecnologico è sussulto, e diventa parte integrante del processo di produzione e contribuisce alla creazione di ricchezza sociale”.
“Marx – continua Vasapollo – suggerisce che il problema del ‘general intellect’ risiede nella sua natura contraddittoria all’interno del capitalismo: il progresso scientifico e tecnologico aumenta la produttività del lavoro e potenzialmente libera i soggetti produttivi da mansioni ripetitive e alienanti, ma allo stesso tempo e ‘ demolitore della base del sistema capitalistico stesso, poiché riduce la necessità di forza lavoro e di conseguenza riduce la potenzialità dell’ estorsione di plusvalore che è ‘il fulcro del modo di produzione capitalistico’.
Dunque Marx evidenzia come il sistema delle macchine rappresenti una forma di cooperazione intellettuale tra il lavoro vivo e il lavoro morto, cioè il lavoro anticipato e cristallizzato nelle macchine. Pertanto questa operazione fisica intellettuale implica che il valore del lavoro dipenda oltre che dal lavoro impiegato direttamente anche dal lavoro passato incorporato negli strumenti tecnologici messi a produzione ”.
Su questi temi si sono misurati anche Alessandro Mazzone e Tony Negri, noto per la sua militanza ma anche per le persecuzioni giudiziarie che ha subito e le posizioni e pratiche politiche spesso contraddittorie…
Nel suo concetto di “General intellect” riflettendo sulle dimensioni cognitive e intellettuali del lavoro, Toni Negri sosteneva che con l’avanzare della società post-industriale e dell’era della società ad alta automazione, il valore economico è sempre più derivato dalle capacità intellettuali e cognitive dei lavoratori della conoscenza, piuttosto che dalla produzione fisica.
Pertanto, superare l’alienazione del lavoro, per Negri, può anche significare emancipare e valorizzare il “General intellect” ovvero la la capacità creativa intellettuale sociale ma senza porsi da subito il problema del superamento del modo di produzione capitalistico.
Marx evidenzia invece come la scienza e l’abilità una volta legata al lavoro umano siano ora assorbite e controllate dal capitale incorporato nelle macchine: questo processo crea una subordinazione del lavoro vivo al lavoro oggettivato, ossia il sapere alle competenze incorporate nelle tecnologie.
Alessandro Mazzone, che possiamo considerare di quella che come anche la nostra viene definita sbrigativamente e approssimando la “scuola ortodossa”, ha scelto invece di concentrarsi sulla necessità di superare la divisione capitalistica del lavoro per trasformare le relazioni sociali e quindi trattare il general intellect nella stessa maniera in cui il metodo marxista deve affrontare il rapporto con la scienza.
Professor Vasapollo questa riflessione ci porta nel campo della epistemologia, ovvero della filosofia della scienza; lei ha conosciuto e avuto insegnamenti dal grande professor Ludovico Geymonat che dal dopoguerra fino agli anni ’80 del secolo scorso insegnava proprio nella sua facoltà di lettere alla Sapienza…
Laureato in ingegneria, Ludovico Geymonat era nato nel 1908 ed è scomparso nel 1991. Ha voluto esplorare la connessione tra la teoria marxista e la filosofia della scienza ed è stato probabilmente uno dei più importanti epistemologi del ‘900: egli fu il primo in Italia a detenere una cattedra di filosofia della scienza; egli non considerava la sua disciplina in maniera rigida, ma come mezzo per riflessioni e ampi studi sulla filosofia in generale.
Per Geymonat il primo garante di oggettività della scienza e la storia è la storicità intrinseca della scienza: il fatto che essa si imponga a noi con le sue scoperte e le sue conseguenze pratiche, che ne fa il primo ambito di riflessione per qualsiasi filosofia che non voglia limitarsi ad attrarre speculazioni prive di capacità di incidere sulla realtà effettiva.
Geymonat aderisce al Partito Comunista Italiano e combatte con la resistenza antifascista (ndr).
Per Geymonat la filosofia della scienza era un campo di battaglia ideologico e della prassi in difesa della razionalità, e la lotta contro ogni forma di oscurantismo.
E la sua riflessione non si limita a questo ma si sostanzia in una critica a tutto campo anche ad ogni concezione dogmatica e riduttiva della scienza, criticando ogni approccio dell’impostazione eccessivamente astratta distante dalla dimensione scientifica nel suo divenire storico .
Per Geymonat la prassi diventa il criterio mediante il quale valutare la correttezza di una teoria o di una proposizione nell’applicazione del metodo del materialismo dialettico; e quindi la prassi e’ parte integrante del processo di produzione della conoscenza scientifica.
Infatti per la cosiddetta scuola ortodossa marxista la divisione del lavoro nella società capitalistica è strettamente legata alla proprietà dei mezzi di produzione e alla concentrazione di potere nelle mani di una classe dominante, quindi una rivoluzione sociale adeguata dovrebbe affrontare non solo l’aspetto superficiale delle disuguaglianze ma anche la struttura economica che le genera.
Secondo Geymonat, infatti, la verità di una teoria non si trova nella teoria stessa, ma nella sua applicazione pratica cioè nel fatto che essa trova applicazioni sociali, ed è così che la scienza trova e prova la sua determinazione in quanto verità.
Il criterio della prassi ha arricchito la riflessione marxista sulla filosofia della scienza ponendo l’accento sull’importanza di collegare la teoria scientifica e la pratica concreta e la trasformazione della realtà sociale.
Geymonat ha arricchito il pensiero marxista attraverso l’analisi critica della scienza all’interno del quadro del materialismo dialettico e storico di Marx. La scienza è qualcosa di storico, di reale per gli uomini, ma allo stesso tempo qualcosa di mutevole in continuo divenire, non riducibile a schemi teorici fissi e prestabiliti e invece fare ricorso ad una realtà, in cui la dimensione storica nel suo divenire si fa verità superando ogni vecchia nozione statica.
Così si può superare l’isolamento a cui il convenzionalismo condannava la scienza ridotta a interrelazioni a senza collegamenti logico-sociali con la realtà.
La scienza invade per così dire la produzione che diventa oggettivazione e questa oggettivazione diventa alienazione. L’alienazione si manifesta anche nella separazione tra i lavoratori del prodotto del loro lavoro poiché i frutti del lavoro appartengono al datore di lavoro non al lavoratore stesso e ciò crea una disconnessione tra l’operaio e ciò che produce ma anche nello stesso tempo parte e momento per quanto centrale fondamentale del più vasto e concreto processo storico di quella che l ‘importante studioso marxista Mazzone definisce riproduzione sociale complessiva.
Geymonat inoltre rigetta la tesi della neutralità della scienza cui oppone la sua comprensione della filosofia
Geymonat sostiene che la scienza non può essere neutrale in quanto è intrinsecamente radicata in una determinato contesto di relazioni sociali di potere e politiche che determinano il contenuto condiviso del sapere scientifico.
La scienza è situata in un contesto politico-economico, e socio-culturale e si impone di cercare di superare gli estremi di una illusoria supposta neutralità assoluta e della totale subordinazione cercando di mantenere aperto sempre L’ orizzonte della validità epistemologica della scienza la cui complessità deve superare le analisi di tipo logico formale e riguardare anche le applicazioni sociali delle teorie.
Mazzone intende per riproduzione sociale complessiva proprio il complesso di tutte quelle attività umane non solo lavorative che costituiscono la cosiddetta sovrastruttura, senza le quali non potrebbe realizzarsi la riproduzione di quei rapporti di produzione il cui ambito soltanto operano e si trasformano le forze produttive del lavoro umano associato .
Ludovico Geymonat è stato un pioniere nel tentativo di applicare l’approccio dialettico di Marx all’analisi della scienza sottolineando l’importanza delle condizioni materiali e sociali nella produzione della conoscenza scientifica
Nel suo lavoro alla Sapienza il nostro docente ha posto una particolare attenzione al rapporto intricato tra teoria e prassi, elemento centrale nella sua interpretazione della filosofia marxista di forte declinazione gramsciana ; la comprensione teorica del mondo si coniuga con L ‘ agire concreto nella società.
Ed è questo il tema gramsciano dell’egemonia che ripropone e si sviluppa sulla base di un’interpretazione della teoria marxiana del modo di produzione capitalistico, cioè come modello di processo ovvero come base delle relazioni economiche e materiali.
Ecco così che si propone una prospettiva marxista sulla scienza superando l’assolutismo scientista e la irragionevolezza reazionaria nei confronti della scienza.Purtroppo gli studiosi di Marx, anche a causa della debolezza del Movimento comunista , si sono trovati limitati o addirittura incapaci a sviluppare una critica autonoma dell’uso e controllo politico della scienza , non facendo certo così gli interessi dei lavoratori
Prof. Vasapollo, tornando a Karl Marx, sembra che le riflessioni sull’intelligenza artificiale riportino al centro anche il concetto di alienazione
Marx elabora il concetto di alienazione come una condizione in cui il lavoratore si trova distante o estraneo da se stesso, dal proprio agire produttivamente e dal risultato del proprio lavoro nel modo di produzione capitalistico.
Infatti non solo il lavoro crea beni ma produce anche se stesso e l’operaio , trasformandoli in merci ;questo fenomeno sottolinea il fatto che l’oggetto del lavoro, il risultato, si può considerare di fronte al lavoratore comunemente estraneo, una forza determinata nel modo di produzione capitalistico in chiave indipendente da lui.
La realtà capitalista nel rappresentarsi come sistema economico e sociale , manifesta un senso di perdita di controllo e connessione con il senso alto dell’ umanità.
Così il lavoratore è costretto a vendere la propria forza lavoro come una merce ; ecco la mercificazione dell’essere umano o meglio della classe dei lavoratori che si separa dalla sua attività produttiva negando ogni creatività e identità, e all’espansione e potenza della sua produzione la sua dignità si degrada in relazione diretta la quantità crescente delle merci da lui generate.
In realtà ci sembra che Marx anticipi in modo molto chiaro quelli che sono i punti deboli anche dei rapporti di lavoro nella società dell’informazione dove l’intelligenza artificiale sembra guadagnare posizioni.
Certo, perché Marx denuncia che la condizione dell’operaio si deteriora proporzionalmente all’aumentare della ricchezza che contribuisce a produrre.
Il declino dell’umanità si intensifica in parallelo all’incremento del valore del mondo materiale; e la scienza ne è chiave determinante a seconda del controllo politico su di essa che si sviluppa dal contesto sociale e dai rapporti di forza in campo tra le classi .
Su questo si basa la teoria e prassi marxista sia come critica dell’economia politica sia come concezione materialistica della storia.
Ed è a partire dalla scienza e dalla sua socializzazione che si rivoluzionano i contesti storici e le determinanti politico- sociali superando definitivamente così una chiave di lettura non più economicistico materialistica volgare del rapporto tra base economica e sovrastruttura ideologico-politica.
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