Un paio di giorni fa rendevamo conto dell’ondata di licenziamenti che sta colpendo l’Europa, con le due principali economie del continente – Francia e Germania – in grave affanno. E scrivevamo anche di come ciò significa crisi anche per l’industria italiana, riorganizzatasi negli ultimi decenni come subfornitrice per le imprese tedesche.
I dati sono conclamati da mesi e mesi, ma i “buoni risultati” millantati dal governo Meloni impongono di tornare a raccontare la realtà. L’Istat ha reso pubblici i numeri di settembre sulla produzione industriale del nostro paese, e per la ventesima volta l’indice destagionalizzato è andato calando (-0,4% rispetto ad agosto).
Se guardiamo ai numeri trimestrali, rispetto ai tre mesi precedenti, il terzo trimestre ha segnato una diminuzione ancora più significativa (-0,6%). Inoltre, è stato registrato un andamento peggiore rispetto ai principali partner europei e anche rispetto alla media dell’area euro.
Tornando ai dati di settembre, la produzione di mezzi di trasporto continua a colare a picco (-15,4%), seguendo la crisi dell’auto che riguarda tutta la UE. Seguono il settore tessile, abbigliamento, pelli e accessori (-10,7%), e quello del coke e dei prodotti petroliferi raffinati (-8,1%), ma in campo negativo rimane anche la produzione di beni intermedi e strumentali, e dei beni di consumo.
L’Istat ha sottolineato che “nei primi otto mesi del 2024, le esportazioni in valore hanno registrato una riduzione dello 0,6% in termini tendenziali [rispetto allo stesso periodo del 2023], riflettendo in particolare l’andamento negativo delle vendite verso i mercati UE“.
Ciò non fa che palesare come il ruolo di contoterzisti ci leghi mani e piedi all’industria tedesca. La frenata di quest’ultima, nel 2023, si è trasmessa all’economia italiana con un impatto stimato “in 1 punto percentuale di export e 0,2 punti percentuali di PIL“, ovvero un quarto del rallentamento ascrivibile alle condizioni del ciclo economico internazionale.
La nota dell’istituto di statistica sull’andamento dell’economia riporta che nel terzo trimestre del 2024 “il livello del Pil italiano, in base alla stima preliminare, è rimasto stazionario rispetto ai tre mesi precedenti“. Che tradotto, significa che l’economia ha rallentato rispetto a una crescita già quasi insignificante.
Il clima di fiducia ne ha risentito, sia per ciò che riguarda le famiglie sia per quanto riguarda l’attività imprenditoriale. Ottobre registra il deteriorarsi delle opinioni sul futuro dell’economia, e tra le imprese raggiunge il valore più basso dall’aprile 2021: da quando, in sostanza, sono andate scomparendo le misure di contenimento del Covid-19.
I dati sul PIL e sulla disoccupazione di fine ottobre, che avevano segnalato un aumento degli inattivi e un calo di tutti gli occupati, e soprattutto dei dipendenti a tempo indeterminato, aveva già fatto presagire che l’Italia era tutto fuorché sulla strada di uscita dalla crisi. Ora sta affondando con tutta l’Unione Europea.
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Prowall
Emerge la mancanza di una Strategia autonoma del Paese che preservi un futuro sostenibile. Stanno collassando molti macro indicatori di “crescita”
. Ma non sarà visibile ancora per un anno o poco più. Quindi non viene visto come un problema da affrontare nel qui-ed-ora .