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Tagli e aumenti, Kiev capitola di fronte alla Troika

Prezzi del gas da triplicare, tagli alle pensioni, licenziamenti nel settore pubblico, diminuzione dei sussidi: l’Ucraina ha adottato ieri un pacchetto di misure di austerità imposte dal Fondo Monetario in cambio di un megaprestito quanto mai necessario a Kiev – che ha le casse completamente vuote – ma che costerà assai caro alla popolazione del paese. Intanto la Banca centrale ha annunciato ieri che a partire da oggi avrebbe alzato il principale tasso di riferimento, dal 19,5% al 30%, per tentare di imbrigliare l’inflazione galoppante, che a gennaio ha raggiunto il 28,5% su base annuale.

Dopo il golpe di un anno fa la già grave recessione ha subito una vera e propria impennata, con la valuta nazionale, la grivna, che ha perso il 40% del suo valore dall’inizio dell’anno e le riserve valutarie del paese praticamente del tutto prosciugate. In questo contesto, il Fondo Monetario Internazionale ha dato l’ok preliminare a un nuovo prestito da 17,5 miliardi di dollari su quattro anni, ma solo in cambio di cosiddette “riforme”. Niente di nuovo, per la Troika, che sta attuando in Ucraina lo stesso metodo brutale imposto negli ultimi anni con i paesi della periferia dell’Unione Europea, ridotti sul lastrico dai prestiti che avrebbero dovuto aiutarli a uscire dalla crisi. Il nuovo programma di cosiddetti ‘aiuti’ deve essere approvato in via definitiva il prossimo 11 marzo e fa parte di un piano di prestiti internazionali che dovrebbe toccare quota 40 miliardi di dollari – tra contributi dell’Ue, degli Usa, della Banca Mondiale –  ma dai contorni ancora piuttosto vaghi.
Le cosiddette riforme economiche adottate ieri dalla Verkhovana Rada, il parlamento di Kiev, prevedono anche alcune misure di lotta alla corruzione (che dovranno essere gestite dall’ex presidente georgiano Saakashvili, messo a capo di una speciale commissione), una ristrutturazione della società pubblica dell’energia Naftogaz (che verrà scorporata e dovrà cedere una parte delle sue attività a privati) e provvedimenti per “ottimizzare le spese statali”, cioè per tagliare la spesa pubblica e sociale già ridotta all’osso. Tra i punti più controversi, ma sui quali i ‘creditori’ non transigono, l’aumento del 300% del prezzo del gas per l’utilizzo domestico, e l’aumento del 70% delle tariffe per il riscaldamento. Incredibilmente, nonostante gli aumenti dei prezzi e il taglio dei servizi pubblici e dei sussidi, il parlamento di Kiev ha anche accettato che le pensioni superiori all’equivalente in moneta locale di 53 euro mensili vengano tagliate del 15% se percepite da anziani che continuano a lavorare. Si tratta in buona parte di misure che il Fondo Monetario Internazionale reclamava da tempo ma che il precedente governo del Presidente Viktor Yanukovich e del premier Mykola Azarov si erano in buona parte rifiutati di implementare, prima che la mobilitazione di piazza filoccidentale nota come ‘EuroMaidan’ sfociasse in un vero e proprio golpe contro le autorità “colpevoli” di aver detto fatto resistenza rispetto al trattato di associazione con l’Unione Europea.
“Nella situazione attuale, non esistono decisioni semplici o facili”, aveva avvertito ieri il premier Arseny Yatsenyuk, parlando al parlamento, “siamo coscienti del fatto che una parte di queste leggi saranno accolte molto male dalla popolazione. Ma la pazienza, e il fatto che stiamo andando nella direzione giusta, ci permetteranno di arrivare a una certa stabilità e di rilanciare la crescita economica”. Parole di circostanza che non allevieranno di certo le crescenti sofferenze di una popolazione ucraina alle prese con una guerra sanguinosa e dispendiosa scatenata dal regime contro le popolazioni russofono del sud-est –  e che tra l’altro Kiev sta perdendo – e che rivelano il grado di sudditanza dei cosiddetti nazionalisti ucraini al potere nei confronti dei poteri politici e finanziari stranieri.

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