C’è ancora tempo prima di vedere la prossima legge di bilancio licenziata dal governo, ma cominciano già ad essere diffuse ipotesi su alcuni capitoli di spesa centrali, come quello delle pensioni. E quel che prepara il governo si presenta come un ennesimo ricatto per tutti i lavoratori di oggi e i pensionati di domani.
I punti fermi, per ora, sono quelli dell’austerità unioneuropeista, condivisa in tutto e per tutto dal centrodestra. Come da decenni a questa parte, ciò significa ridurre la spesa sociale (ovviamente, per far posto ad altre spese inutili per le classi popolari, come quelle per la guerra) e smantellare quel poco che è rimasto dei pilastri pubblici della previdenza.
Ad esempio, rafforzando quella complementare. E il tutto avviene tramite un ricatto sottile, ma molto evidente: siccome le pensioni, col passaggio definitivo al sistema contributivo in un paese di precarietà e salari da fame, avranno livelli assolutamente insufficienti per la sopravvivenza dei pensionati, allora dovranno essere dirottate altre prestazioni per garantire trasferimenti al limite del dignitoso.
Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha in mente di destinare il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) a una sorta di integrazione dell’assegno, per raggiungere la soglia minima per legge, e poter magari andare in pensione leggermente prima. La ministra Calderone, invece, predilige l’utilizzo del TFR per far aderire gli attuali lavoratori ai fondi pensione complementari.
Già oggi è possibile stornare i fondi della ‘liquidazione’ per incrementare l’importo della pensione futura, ma la realtà è che in Italia lo sviluppo della previdenza complementare ha sempre faticato a decollare. I lavoratori, giustamente, non vogliono scambiare un diritto per un altro, e sanno bene i pericoli di queste forme integrative.
La ministra ha già promesso che ne parlerà coi sindacati, ma qui c’è un altro problema. Alcuni di questi fondi, quelli cosiddetti ‘negoziali’, sono gestiti proprio da alcune organizzazioni dei lavoratori, il che chiaramente potrebbe spingerli all’assenso verso una riforma del genere. Mentre molti altri sono sostanzialmente fondi privati, che reinvestono il frutto del lavoro nel mercato finanziario.
Questa mossa sarebbe uno strumento ulteriore per garantire alla finanza l’afflusso di nuove risorse, in questa fase di crisi, ma legherebbe anche i risparmi previdenziali di milioni di lavoratori all’andamento delle borse. Non una prospettiva di solide garanzie per chi vive della propria fatica giornaliera, ma sappiamo bene che di questi le classi dirigenti non si preoccupano.
Sul piatto rimangono anche altre questioni spinose. L’uscita anticipata dal mondo del lavoro per chi svolge lavori usuranti, gli effetti della Legge Fornero che porterà l’età pensionabile a 67 anni e 3 mesi nel 2027, Opzione Donna. Chissà quali altri giochi di bilancio si inventerà il governo, togliendo quello che è già dei lavoratori per tappare altri buchi.
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