La guerra commerciale procede a gonfie vele, ovviamente per iniziativa statunitense. Ma questa volta, è per ‘interposto paese’, ovvero i Paesi Bassi. Il governo olandese ha deciso il sequestro delle quote azionarie della società Nexperia, società la cui maggioranza è detenuta dalla cinese Wingtech. Nexperia è un’azienda che produce semiconduttori.
Non quelli più all’avanguardia, ma quelli largamente usati nell’industria automobilistica, nell’elettronica di consumo ed anche in altri settori. Nel 2017 viene venduta da una compagnia che era legata a Philips a un consorzio sostenuto da Pechino, e dal 2019 Wingtech ne diviene l’azionista di maggioranza.
Lo scorso 30 settembre il governo olandese decide di rispolverare il Goods Availability Act, una legge risalente agli anni Cinquanta – e dunque al contesto della Guerra Fredda – che permette di prendere di fatto il controllo di un’azienda per motivi di sicurezza nazionale. In questo caso, vengono addotte questioni sull’approvvigionamento del paese in seguito alla presunta inadeguatezza dei vertici della società.
Si tratta di una mossa che ha evidentemente un mandante: Washington. E non lo diciamo solo perché Trump aveva già messo in chiaro che avrebbe preteso dalla UE di allinearsi alle esigenze commerciali degli USA. Sono le stesse carte del Tribunale di Amsterdam a dirlo. Bisogna però fare un breve passo indietro nel tempo.
Il 29 settembre il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha imposto nuovi controlli e restrizioni alle esportazioni verso la Cina e circa una settimana dopo un rapporto del Congresso invitava ad ampliare i divieti su alcune attrezzature. Da qui è originata la reazione cinese che quei media asserviti di questo paese hanno ovviamente attribuito al Dragone.
Al di là di questo, le nuove disposizioni, allargandosi ormai a molte partecipate, hanno cambiato il quadro anche per Nexperia. Infatti, se già da tempo Wingtech è sulla Entity List delle restrizioni stelle-e-strisce, dal 30 settembre anche l’azienda olandese ci sarebbe finita. La perdita di questa relazione sarebbe stata un duro colpo.
Ma c’è di più. Perché stando a quel che l’Huffington Post riporta delle carte del Tribunale di Amsterdam, “il governo statunitense aveva chiarito che, se fosse rimasto al comando il suo attuale amministratore delegato, Zhang Xuezheng, la società non sarebbe stata rimossa dalla lista dei controlli sulle esportazioni“.
Un ricatto che, a quanto pare, non turba troppo né i ‘sovranari’ olandesi né quelli europeisti. E così, quello stesso 30 settembre, L’Aja, vero centro del potere del paese europeo, ha deciso il sequestro, mettendo in moto una valanga che ora, come è successo più di una volta negli ultimi mesi, sta arrivando dritta sulla UE, più che sulla Cina.
Infatti, Pechino ha deciso di rispondere vietando le esportazioni dei prodotti di Nexperia verso la UE. Il problema è proprio che, anche se con sede nei Paesi Bassi, i chip vengono spesso definitivamente assemblati e impacchettati in Estremo Oriente. Questo ha subito mandato mandato in tilt politici e aziende del Vecchio Continente.
Mentre la divisione cinese di Nexperia ha sostanzialmente dichiarato la propria indipendenza dalla gestione ‘commissariale’, il ministro dell’Economia dei Paesi Bassi, Vincenti Karremans, ha richiesto un colloquio con il ministro del Commercio del Dragone, Wang Wentao, stando a una dichiarazione del dicastero di quest’ultimo.
Mentre Karremans ha espresso fiducia nel raggiungimento di una soluzione, il politico cinese è stato più netto nell’attribuire la responsabilità del conflitto alla parte olandese, e che deve essere perciò questa “ad agire nell’ottica generale di preservare la sicurezza e la stabilità“.
Intanto, dall’automotive europeo arrivano affermazioni preoccupate. Hildegard Mueller, presidente dell’associazione dell’industria automobilistica tedesca VDA ha dichiarato che “la situazione potrebbe portare a notevoli restrizioni produttive nel prossimo futuro, e possibilmente anche a fermi di produzione se l’interruzione nella fornitura dei chip Nexperia non sarà risolta abreve termine“.
Volkswagen ha annunciato che sta per interrompere l’assemblaggio di due modelli – Golf e Tiguan – e, secondo il giornale tedesco Bild, ciò deriva proprio dall’affaire Nexperia, anche se dalla società smentiscono. Intanto, si sono però già mossi per trovare un altro fornitore che possa garantire i chip necessari.
Persino l’ACEA, l’associazione europea dei produttori di auto, si è detta “profondamente preoccupata” per possibili “interruzioni significative” delle linee di produzione. Questo tipo di ansie sono state registrate anche nell’automotive giapponese. Intanto, la divisione cinese ha ricominciato a distribuire i suoi prodotti sul mercato interno… ma è disposta a farsi pagare solo in yuan.
La vicenda è un altro sintomo della debolezza della UE, stretta tra il dover esaudire i desideri di Washington (che è ben felice di mandare ulteriormente in crisi l’industria europea, sperando di attirare investimenti verso gli States) e la guerra che vuole portare a ogni costo al resto del mondo, con cui potrebbe in realtà intrattenere affari d’oro.
La scelta guerrafondaia – nelle varie sfaccettature che può assumere questa definizione – di una classe dirigente miope e imbevuta della propria stessa propaganda suprematista che ha raccontato per decenni cozza con l’evidente impreparazione nella competizione globale. Prima si riesce a rompere questo ciclo fallimentare che persegue l’imperialismo europeo, prima si apre la via per un’alternativa.
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