Un Rapporto del Cnel presentato il 4 dicembre scorso descrive in termini estremamente preoccupanti i dati sull’emigrazione giovanile dal nostro paese verso altri paesi europei. Il Rapporto intendeva in realtà analizzare l’attrattività dell’Italia per i giovani di altri paesi ma il riscontro è stato sia negativo che pesante. Tra l’altro i risultati sono impietosi anche analizzando il fattore umano sia in termini di “capitale umano” che di valore perduto vero e proprio.
Solo nel 2024 sono stati 78mila giovani che hanno lasciato l’Italia. Rispetto agli ingressi di giovani immigrati – provenienti però da altre economie avanzate della fascia d’età 18-34 anni- il saldo è decisamente negativo: -61mila.
Il Rapporto del Cnel allarga poi lo sguardo ad un periodo che va – significativamente – dal 2011 al 2024. Il 2011 è infatti l’anno della crisi del debito. In questi tredici anni sono emigrati dall’Italia in 630mila – di cui il 49% dalle regioni del Nord e il 35% dal Meridione -, il che corrisponde al 7% dei giovani residenti in Italia. Anche in questo caso il saldo migratorio è negativo di 441mila giovani.
Lo studio ha poi quantificato anche il valore del capitale umano emigrato dal nostro Paese nel periodo 2011-2024 e il valore perduto ammonta a 159,5 miliardi di euro, stimato sul saldo migratorio e come costo sostenuto dalle famiglie e, per la sola istruzione, dal settore pubblico, per crescere ed educare i giovani italiani che sono poi emigrati all’estero.
In termini di Pil, il valore del capitale umano uscito nel l’arco temporale 2011-24 è pari al 7,5%. Il paradosso è che con la denatalità – nel 2025 toccheremo un nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia probabilmente scendendo sotto i 350mila neonati – e con il progressivo invecchiamento della popolazione, i giovani sono da considerare una risorsa che rischia di scarseggiare per ogni ipotesi di sviluppo futuro del paese.
C’è poi il dato del capitale umano e qui, analizzando la platea di chi ha lasciato l’Italia tra i giovani emigrati nel triennio 2022-2024, emerge che il 42,1% è composto da laureati, in aumento rispetto al 33,8% dell’intero periodo 2011-24. Ragione per cui non è un paradosso che punte più alte di questa emigrazione “di valore” si registrino nelle regioni più ricche come Trentino (50,7%), Lombardia (50,2%), Friuli-Venezia Giulia (49,8%), Emilia-Romagna (48,5%) e Veneto (48,1%).
Nei tredici anni del periodo 2011-24 ci sono stati solo 55mila arrivi in Italia di giovani dalle prime dieci economie avanzate verso cui invece emigrano i giovani italiani (Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Usa). Nello stesso periodo ben 486mila giovani italiani sono emigrati in quei Paesi.
La prima destinazione rimane il Regno Unito (26,5%), seguito da Germania (21,2%), Svizzera (13%), Francia (10,9%) e Spagna (8,2%).
Per quanto riguarda la migrazione interna al nostro paese, nel 2011-24 si sono trasferiti dal Meridione al Centro-Nord 484mila giovani italiani. Tra loro 240mila sono andati nelle regioni del Nord Ovest, 163mila nel Nord-Est e 80mila nel Centro. Il deflusso record è quello dalla Campania, pari a 158mila, seguita da Sicilia con 116mila e Puglia con 103mila. L’afflusso maggiore riguarda la Lombardia con 192mila ingressi, alla quale seguono Emilia-Romagna (106mila) e Piemonte (41mila).
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