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E’ boom di lavoratori poveri nell’Unione Europea. Italia prima in numeri assoluti

I dati di Eurostat diffusi ieri a Bruxelles, confermano che nell’Unione Europea sono in crescita coloro che lavorano, magari anche a tempo pieno, ma che le sempre più basse retribuzioni stanno gettando dentro il gorgo della povertà. Insomma è boom dei working poor, i lavoratori poveri.

Secondo i parametri ufficiali, si parla di rischio di povertà lavorativa nel caso in cui un lavoratore che vive in un nucleo familiare abbia un reddito disponibile al di sotto della soglia del rischio povertà. La soglia è stabilita al 60% del reddito medio nazionale disponibile, considerando i contributi sociali.

Il rischio di povertà continua ad affliggere diversi Paesi dell’Unione Europea e può variare a seconda della tipologia di contratto: è il doppio più alto per i lavoratori part-time (15,8%) che per quelli full-time (7,8%) e tre volte maggiore per i lavoratori con contratto a tempo determinato (16,2%) rispetto a quelli con contratto a tempo indeterminato (5,8%). I lavoratori uomini (10,0%) inoltre sono secondo Eurostat, più a rischio di povertà rispetto alle donne (9,1%).

I dati segnalano che il rischio di povertà lavorativa nell’Unione europea sta aumentando e sta incidendo soprattutto sui giovani. Secondo l’ufficio statistico europeo, negli ultimi anni la proporzione dei lavoratori a rischio povertà è in continuo aumento, dall’8,3% nel 2010 al 9,6% nel 2016. Questo vuol dire che circa un decimo (9,6%) dei lavoratori sopra i 18 anni nell’Unione europea erano a rischio povertà nel 2016. E l’Italia è il primo paese in classifica, in termini assoluti e non percentuali, per presenza di lavoratori a rischio povertà.

In negativo infatti, se il paese dell’Unione europea con maggiore rischio di povertà lavorativa è la Romania (18,9%), seguita da Grecia (14,1%), Spagna (13,1%), Lussemburgo (12,0%), l’Italia (11,7%) si posiziona al quinto posto nella classifica dei Paesi con rischio povertà più alti. In termini assoluti l’Italia però risulta primo Paese dell’Ue nel 2016 con poco più di tre milioni i lavoratori a rischio povertà, seguita da Spagna con 2,9 milioni e Romania con 1,6 milioni.

L’aumento più elevato di lavoratori a rischio di povertà si è registrato in Ungheria con un aumento dal 5,3% nel 2010 al 9,6% nel 2016, seguito da Estonia, Germania, Italia e Spagna.

Ai primi posti della classifica di chi invece ha meno working poor, ci sono quei paesi in cui meno del 5% della popolazione senza lavoro era a rischio di povertà. Al primo posto abbiamo la Finlandia (3,1%), seguita da Repubblica Ceca (3,8%), Belgio (4,7%) e Irlanda (4,8%).

La situazione migliora in alcuni Paesi in cui il rischio di povertà lavorativa sembra essere diminuito secondo i dati Eurostat. In Lituania per esempio, il rischio si è ridotto dal 12.6% nel 2010 al 8.5% nel 2016, con a seguito Danimarca, Lettonia e Svezia.

 

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