Chi sa come sarebbe andata a finire se il suo pestaggio non fosse stato fortuitamente ripreso da un telefonino. O se i suoi familiari non fossero riusciti a diffonderlo al grande pubblico attraverso la trasmissione di Rai Tre ‘Chi l’ha visto’. Fatto sta che, paradossalmente, il 28enne romano Stefano Gugliotta può considerarsi fortunato. Perché è sopravvissuto, e perché i suoi aggressori sono sotto processo. A molte altre vittime di Malapolizia in questo paese ed in questi anni è andata molto peggio…
La vasta eco generata dalla diffusione delle immagini del suo brutale pestaggio obbligarono allora la magistratura a toglierlo prima dalla cella d’isolamento e poi a scarcerarlo. In galera ci era finito accusato di un reato che sembra essere stato inventato apposta per coprire gli episodi di ‘Malapolizia’: resistenza a pubblico ufficiale. E’ la parola di un agente, di un Carabiniere, di un funzionario dello Stato contro quella del malcapitato di turno.
Quella sera del 5 maggio del 2010 Stefano era a cena in famiglia, a guardarsi la finale di Coppa Italia tra Roma e Inter. Poi scese sotto casa, a Viale Pinturicchio, e salì sul suo motorino, diretto alla festa di compleanno di suo cugino. Ma si trovò, come si dice in questi casi, nel posto sbagliato al momento sbagliato. In mezzo ad una tonnara di Poliziotti imbestialiti, all’interno di un perimetro dove i celerini avevano scatenato una specie di caccia all’uomo contro i ‘tifosi’ che dal vicino Stadio Olimpico si allontanavano cercando di sfuggire agli scontri e alle cariche. Stefano non ebbe neanche il tempo di dimostrare agli agenti in tenuta antisommossa la propria estraneità a quanto stava accadendo intorno allo Stadio: contro di lui scattò improvvisamente un pestaggio in piena regola, ripreso per fortuna dal cellulare di un vicino. Lo picchiarono in nove, a lungo: schiaffi, calci, pugni e manganellate. I celerini gli massacrarono la faccia. Poi finì in carcere, insieme a tanti altri sfortunati passanti che quella sera caddero nella rete del Reparto Mobile della Polizia di Stato. Da quel momento è iniziato un lungo e difficile calvario: prima le proteste e la mobilitazione dei parenti e degli amici affinché fosse tolto dall’isolamento e scarcerato, poi il lungo iter giudiziario affinché gli agenti violenti fossero puniti. “Non mi importa del risarcimento, mi importa che chi mi ha pestato senza motivo sia giudicato e condannato in Tribunale” chiarì Gugliotta qualche tempo fa durante la presentazione del libro di Adriano Chiarelli, ‘Malapolizia’, a Genzano. Raccontando che in questi mesi in vario modo ha dovuto fare i conti con i numerosi tentativi da parte di esponenti vari delle forze di Polizia di convincere lui stesso, i suoi familiari e i testimoni a non ritrattare, a ritirarsi dal procedimento penale. Con promesse, e a volte anche con minacce.
Ma Stefano e gli altri hanno tenuto duro, fino a ottenere il rinvio a giudizio di 9 poliziotti. Troppi per consentire a qualche giornalista di utilizzare la abusata categoria delle ‘mele marce’ che non devono squalificare il comportamento dell’insieme delle forze del cosiddetto ‘ordine’. E infatti alcuni hanno etichettato Gugliotta come ‘tifoso’. Anche se Stefano il calcio lo segue, ma non si può certo definire un ultrà, ed ora – racconta in alcune interviste – è più interessato a trovare un buon lavoro che al pallone. D’altronde già durante il suo rilascio alcuni media, imbeccati dalle solite veline, cominciarono a sputare veleno sulla vittima, definita appunto un ‘ultrà’, uno che aveva avuto problemi con la giustizia e quant’altro.
Ieri il giudice dell’udienza preliminare Valerio Savio ha deciso che gli agenti Leonardo Mascia, Guido Faggiani, Andrea Serrao, Roberto Marinelli, Adriano Cramerotti, Fabrizio Cola, Leonardo Vianelli, Rossano Bagialemani e Michele Costanzo debbano essere processati. Con l’accusa di lesioni aggravate i nove dovranno comparire in aula il prossimo 5 giugno per la prima udienza. Così il pubblico ministero ha ricostruito il pestaggio: i nove «agendo con abuso di potere e violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione» hanno causato a Gugliotta «lesioni gravi alla mandibola e gravissime per lo sfregio permanente al viso». Gli agenti in servizio di ordine pubblico per la partita dell’Olimpico, «in una zona non interessata agli scontri e senza che ricorressero esigenze di tutela dell’ordine pubblico o di contrasto di particolare resistenza», hanno intimato l’alt al ciclomotore guidato dal giovane romano. L’agente Leonardo Mascia, quindi, ha aggredito Gugliotta al volto «schiaffi, manate e manganellate». Successivamente sono intervenuti gli altri otto colleghi che «colpivano» il giovane «con calci, pugni e manganellate una delle quali particolarmente violenta alla testa che gli faceva perdere i sensi».
Nel capo d’imputazione il pm ha affermato che l’azione violenta proseguiva davanti a un blindato con altri pugni che «determinavano la perdita di un dente al giovane» e dopo all’interno del mezzo, dove «Gugliotta veniva fatto sdraiare a terra immobilizzato con un ginocchio e una mano pressata sul collo».
Una disavventura che Stefano ha ora la ‘fortuna’ di poter raccontare.
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