Sono prescritti i reati di ‘sequestro di persona’ contestati ai poliziotti per le violenze, i pestaggi e le vere e proprie torture inflitte a decine di manifestanti, durante il Global Forum che si svolse a Napoli il 17 marzo del 2001.
Lo ha deciso ieri sera la Corte d’Appello di Napoli in merito al processo sui pesanti abusi commessi dagli agenti all’interno della caserma della polizia Raniero dove furono condotti i molti manifestanti fermati nelle brutali cariche contro una grande manifestazione convocata dai sindacati di base e dai movimenti e centri sociali per contestare un vertice dell’OCSE. Un episodio gravissimo che, a posteriori, alcuni hanno giustamente definito “le prove generali” di ciò che sarebbe stata la ‘macelleria messicana’ di pochi mesi dopo, durante il G8 di Genova. Le cariche contro i manifestanti che volevano violare la ‘zona rossa’ furono violentissime, in particolare contro i giovani e i giovanissimi, rinchiusi in una vera e propria tonnara, senza vie di fuga, in Piazza Municipio.
Nel corso del procedimento a carico degli agenti inquisiti, in primo grado la quinta sezione aveva inflitto 10 condanne ad altrettanti poliziotti, tra i quali due funzionari, accusati di ‘sequestro di persona’, mentre la corte dichiarò già all’epoca prescritti i reati di violenza privata, lesioni, abuso d’ufficio e falso. Per la procura di Napoli, invece, gli 85 manifestanti che furono portati alla ‘Raniero’ furono picchiati e ‘tenuti segregati’.
Quando nel 2001 gli agenti della Squadra mobile si presentarono dai colleghi per notificare loro le ordinanze di custodia cautelare, i poliziotti presenti in questura attuarono una catena umana intorno all’edificio di via Medina, per impedire gli arresti, dimostrando già all’epoca un atteggiamento – contraddistinto dalla tolleranza e dalla copertura corporativa di colleghi accusati di violenza – che sembra essere diventato nel frattempo predominante all’interno degli apparati di sicurezza di questo paese. La rete No global presentò poco dopo i fatti un libro bianco con testimonianze di vario tipo sui pestaggi sia in piazza sia all’interno della caserma Raniero.
Mentre in occasione della brutale repressione e delle torture inflitte ai manifestanti nel luglio di quell’anno a Genova le maggiori – ma non esclusive – responsabilità politiche di quanto accadde vanno addebitate al governo di destra presieduto da Silvio Berlusconi, ai tempi del Global Forum il premier era Giuliano Amato, alla guida di un esecutivo ‘tecnico’ di centrosinistra. Il ministro degli Interni era l’esponente ‘democratico’ Enzo Bianco, attivo poi anche nell’organizzazione della sicurezza del G8 di Genova assieme agli uomini dell’allora Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini.
E a proposito di Genova 2001 è stato interrogato ieri mattina nell’ambito del processo a suo carico per falsa testimonianza Luca Cinti, vicequestore di polizia e dirigente del Reparto mobile di Bologna nei giorni durante il G8.
Il 20 luglio, poco dopo le 15, il reparto mobile di Bologna, comandato da Cinti, caricò i manifestanti pacifici riuniti in piazza Manin e arrestò due ragazzi spagnoli accusandoli di resistenza. Gli agenti sostennero che i due fossero armati di spranga e molotov, ma poi un provvidenziale video scagionò i due inermi manifestanti. I quattro poliziotti responsabili dell’arresto (Antonio Cecere, Luciano Berretti, Marco Neri e Simone Volpini), sono stati già condannati in via definitiva a 4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per “falso e calunnia” e sono attualmente sospesi dal servizio (ma non in carcere).
Nell’ambito del processo di primo grado contro i quattro, Cinti (che era il loro superiore) testimoniò in aula di aver visto il momento dell’arresto aggiungendo che uno dei due arrestati aveva in mano una spranga. Di fronte alla visione del filmato, che mostrava invece i due spagnoli assolutamente disarmati, Cinti affermò che non era certo che si trattasse proprio dei due spagnoli arrestati. Nel tentativo di giustificarsi, ieri in aula Cinti ha detto “Non abbiamo arrestato i due spagnoli, probabilmente in Questura è stato fatto qualche pasticcio”, di fatto sostenendo che i suoi sottoposti avevano arrestato due manifestanti di cui uno armato di spranga, in un episodio distinto da quello del fermo dei due spagnoli. Peccato però che i due giovani siano stati gli unici arrestati in piazza Manin in tutta la giornata del 20 luglio. E peccato anche che la fantasiosa e bislacca tesi difensiva di Cinti non sia stata utilizzata prima dai suoi agenti già condannati per lo stesso episodio.
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