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Arrestato ‘Jimmy’. Scappava dalle ingiuste condanne per Genova 2001

Per qualche tempo è riuscito a scampare all’assurda condanna che gli era stata comminata per ‘devastazione e saccheggio’ – così come ad altri attivisti – dalla Cassazione per i fatti di Genova del 2001. Dopo l’emissione della sentenza della Corte infatti Francesco Puglisi – noto come Jimmy, catanese – si era sottratto all’arresto per evitare il carcere e aveva fatto perdere le proprie tracce per alcune mesi.

Ma la sua latitanza è terminata quando l’altroieri mattina è stato fermato ed arrestato da alcuni agenti della polizia nazionale spagnola a Barcellona, in Catalogna. Da Barcellona ‘Jimmy’ verrà ora trasferito a Madrid e poi di qui estradato in Italia.

Una condanna esagerata, sproporzionata – 12 anni di reclusione – quella che pesa contro di lui, e quelle analoghe che pesano sugli altri manifestanti pescati nel mucchio e puniti dalla magistratura italiana a monito futuro di chi volesse contestare l’ordine costituito (per altro assai poco solido). Esagerate soprattutto se si pensa che tutti i reati contestati ai condannati erano contro il patrimonio. Aggravati in virtù di un reato di “devastazione e saccheggio” che ha un sapore chiaramente politico e le cui fondamenta giuridiche devono essere rintracciate nei codici dell’epoca fascista.

Nel luglio dell’anno scorso la Cassazione ha condannato a dure pene cinque imputati mentre per altri cinque gli avvocati difensori hanno ottenuto “la riponderazione” dell’attenuante di ”aver agito in suggestione della folla in tumulto”. Dei primi cinque Alberto Funaro (alias ‘Fagiolino’) e Marina Cugnaschi, condannati rispettivamente a dieci e a dodici anni di carcere, si trovano in carcere, mentre Ines Morasca, condannata a sei anni e sei mesi si trova ai domiciliari, dopo aver beneficiato della sospensione della pena in quanto ha una figlia piccola. In libertà e “irreperibile”, dopo l’arresto di Puglisi, si trova ora solo Vincenzo Vecchi, condannato a quindici anni di carcere.

Questa è la situazione a pochi giorni di distanza dal prossimo 14 giugno, quando i tribunali italiani dovrebbero pronunciare la loro sentenza sulle violenze delle forze dell’ordine contro i manifestanti inermi pestati all’interno delle mura della caserma di Bolzaneto, descritta da chi vi passò come un vero e proprio lager e centro di torture. Ma gli imputati rimasti sono solo sette sui quarantaquattro iniziali, visto che per tutti gli altri i reati sono caduti in prescrizione. E non c’è da aspettarsi che sui sette ‘superstiti’ piovane chissà quali condanne. Le sentenze per casi analoghi e quella di ieri sul caso Cucchi a Roma insegnano che lo Stato assolve sempre se stesso.

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