L’ex alto ufficiale israeliano –Tauber Gedalya,– era ricercato da tutte le polizie del mondo, e’ stato arrestato all’aerporto Leonardo da Vinci di Roma e si trova ora nel carcere di Civitavecchia.
Dai controlli è emerso Gedalya era inseguito da un mandato di cattura internazionale emesso da un tribunale brasiliano: era stato condannato all’ergastolo per il reato di traffico di organi umani. Dal gennaio 2002, nello stato del Pernambuco, Gedalya, in complicità, con alcuni cittadini brasiliani avrebber organizzato l’asportazione di organi umani di almeno 19 cittadini della zona nord est del Brasile.
Il coinvolgimento di ambienti israeliani nel traffico di organi umani, non è però una notizia che deve destare sorpresa.
Nel 2004 in Brasile una commissione legislativa riferì che “Almeno 30 brasiliani hanno venduto i loro reni a un giro internazionale di trafficanti d’organi umani per trapianti eseguiti in Sudafrica e finanziati per lo più da israeliani”.
Secondo una notizia diffusa dall’agenzia IPS: “I riceventi erano soprattutto israeliani, che hanno diritto a rimborsi dell’assicurazione sanitaria di 70-80.000 dollari per interventi salvavita eseguiti all’estero”. L’IPS riporta ancora che i brasiliani venivano reclutati nei quartieri più poveri del paese e venivano pagati 10.000 dollari a rene, “ma con l’aumento dell”offerta’ i prezzi crollarono a soli 3000 dollari”. Il traffico era stato organizzato da un poliziotto israeliano in pensione, il quale disse che “non pensava di commettere un crimine, visto che la transazione è considerata legale dal governo di questo paese”.
L’ambasciata israeliana diffuse una dichiarazione smentendo qualsiasi forma di partecipazione del governo israeliano al traffico illegale di organi umani, ma riconoscendo che i suoi cittadini, in casi d’emergenza, potevano sottoporsi a trapianti di organi all’estero, “legalmente, nel rispetto delle norme internazionali” e con il sostegno finanziario della loro assicurazione medica.
Tuttavia l’IPS scrive che il capo della commissione definì la posizione di Israele “perlomeno ‘anti-etica’, aggiungendo che il traffico può avvenire su vasta scala solo se esiste una grossa fonte di finanziamento, come il sistema sanitario israeliano”. Affermò poi che le risorse fornite dal sistema sanitario israeliano “erano un fattore determinante” che rendeva possibile il funzionamento della rete.
Un piccola inchiesta può aiutarci a capire le connessioni più ampie di questo traffico.
Nel maggio dello scorso anno la polizia israeliana aveva scovato alcune cellule di israeliani coinvolti nel traffico di organi in Israele. “Dieci individui sospettati dell’organizzazione e della mediazione del traffico di organi in Israele e verso l’estero sono stati arrestati”, ha confermato il portavoce della polizia israeliana, Luba Samari.
Nel settembre del 2011, il ministro palestinese per gli Affari dei Prigionieri, ‘Issa Qaraqe’, aveva affermato: “In Israele ha sede il più vasto centro di commercio internazionale di organi, proprio a causa del costante traffico degli organi dei detenuti palestinesi deceduti”. In occasione della giornata nazionale della Campagna per la restituzione dei corpi di palestinesi e di arabi trattenuti da Israele, e per la sorte degli scomparsi in Israele, Qaraqe’ ha dichiarato che “continuando a trattenere i resti dei palestinesi, Israele viola la legge internazionale, gli accordi e le norme”.
Il giornalista palestinese Khalid Amayreh in un articolo pubblicato nel 2009 per CCUN (Cross Cultural Understanding) scrive:“Nel gennaio del 2002 un ministro del governo israeliano ammise tacitamente che degli organi presi dai corpi di vittime palestinesi potrebbero essere stati usati per trapianti effettuati su pazienti ebrei senza che i familiari di tali vittime nel fossero a conoscenza. “Il ministro, Nessim Dahan, rispondendo a una domanda posta da un membro arabo della Knesset, disse che non non poteva smentire né confermare che organi di giovani e bambini palestinesi uccisi dall’esercito israeliano venissero prelevati a scopo di trapianto o di ricerca scientifica.“‘Non potrei dire con certezza che una cosa simile non è accaduta”.
Amayreh scrive che il membro della Knesset che aveva posto la domanda sosteneva “aver ricevuto ‘prove credibili che i dottori israeliani all’istituto di anatomopatologia di Abu Kabir estraevao organi vitali come cuore, reni e fegato dai corpi di giovani e bambini palestinesi uccisi dall’esercito israeliano a Gaza e in Cisgiordania”.
Nel 2009 il caso esplode anche sulla stampa occidentale. L’Aftonbladet, uno dei princiapli quotidiani svedesi, pubblicava un lungo reportage di Donald Bostroem che suscitò scandalo, polemiche e levate di scudi da parte israeliana.
Nell’articolo “Si rubano gli organi dei nostri figli”, il giornalista Donald Bostroem scriveva che i palestinesi “nutrono forti sospetti nei confronti di Israele per il sequestro di giovani da usare come riserva di organi del paese – accusa estremamente grave, con sufficienti punti interrogativi da giustificare l’apertura da parte del Tribunale Penale Internazionale di un’inchiesta su possibili crimini di guerra”.
Un esercito di funzionari israeliani e di apologeti era subito sceso in campo, accusando di “antisemitismo” Boström e la redazione del quotidiano. Il ministro degli esteri israeliano si dichiarò “inorridito” e definì “un esempio infamante di accusa del sangue”. Un alto funzionario israeliano l’ha chiamato “pornografia dell’odio”. Molti hanno paragonato l’articolo all’“accusa del sangue” medievale (storie ampiamente confutate di ebrei che uccidevano per usare il sangue delle vittime a scopo rituale). Perfino alcuni scrittori pro-palestinesi si sono uniti al coro di critiche esprimendo scetticismo. Il fatto è, tuttavia, che da molti anni venivano ampiamente riferite prove fondate di traffico pubblico e privato di organi, e anche peggio.
Secondo l’Economist, tra il 2001 e il 2003 in Sudafrica fiorì un racket dei reni. “I donatori venivano reclutati in Brasile, Israele e Romania offrendo loro da 5000 a 20.000 dollari per andare a Durban e donare un rene. I 109 destinatari, per lo più israeliani, pagarono 12.000 dollari ciascuno per una ‘vacanza del trapianto’; fingevano di essere parenti dei donatori e sostennero che non c’era stato alcun passaggio di denaro”.
Tornando al Brasile – vicenda che vede coinvolto l’ex alto ufficiale israeliano arrestato a Fiumicino – l’agenzia IPS ricorda che “Nancy Scheper-Hughes, che dirige il progetto Organs Watch (Osservatorio sugli Organi) all’Università di Berkeley, California, ha testimoniato davanti alla commissione legislativa di Pernambuco che il traffico internazionale di organi umani cominciò circa 12 anni fa e fu promosso da Zacki Shapira, ex direttore di un ospedale di Tel Aviv.
“Shapira ha eseguito più di 300 trapianti di rene, talvolta accompagnando i suoi pazienti in altri paesi, come la Turchia. I riceventi sono molto ricchi o hanno buone assicurazioni mediche, e i ‘donatori’ sono persone molto povere dell’Europa Orientale, delle Filippine e di altri paesi in via di sviluppo, ha detto Scheper-Hughes, che è specializzata in antropologia medica”.
Nel 2007 il quotidiano israeliano Ha’aretz riferì che due uomini avevano confessato di avere convinto “arabi della Galilea e del centro di Israele che erano mentalmente handicappati o soffrivano di grave patologie mentali di acconsentire a cedere un rene in cambio di denaro”. Poi si rifiutavano di pagarli.
Il quotidiano riferiva che i due facevano parte di una banda criminale che comprendeva un chirurgo israeliano. Secondo l’accusa, il chirurgo vendeva i reni così raccolti per somme che oscillavano tra i 125.000 e i 135.000 dollari.
Sempre quell’anno un altro quotidiano israeliano, il Jerusalem Post, scrisse che erano stati arrestati dieci membri di un giro israeliano di trafficanti d’organi che prendeva di mira gli ucraini.
In un altro articolo del 2007, il Jerusalem Post scriveva che “Il Professor Zaki Shapira, uno dei maggiori chirurghi israeliani specializzati in trapianti, è stato arrestato giovedì in Turchia perché sospettato di coinvolgimento in un giro di trafficanti d’organi. Secondo quanto riferito, i trapianti venivano organizzati in Turchia ed eseguiti in ospedali privati di Istanbul”.
Zaki Shapira, ex capo dell’unità trapianti del Centro Rabin di Petah Tikva, nei pressi di Tel Aviv, è stato arrestato in seguito una sparatoria in una clinica privata di Istanbul nel maggio del 2007, quando quattro uomini armati hanno attaccato l’edificio per esigere un rimborso. Dopo l’incidente la polizia ha aperto un’indagine e ha scoperto che il tribunale aveva ordinato la chiusura della clinica più di un mese prima per prelievo illegale d’organi. La clinica aveva ricevuto molti preavvisi. Al momento dell’incidente, quattro pazienti erano in attesa di un trapianto.
fonte: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=8584&lg=it
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