Manovra doppia e un po’ infame del governo. Ha presentato infatti un emendamento che rimanda l’avvio della realizzazione di centrali nucleari nel nostro paese. E l’ha inserito nella moratoria già prevista nel decreto legge omnibus, all’esame dell’aula del Senato.
Il testo parla di «abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari». La motivazione addotta è che bisogna acquisire “ulteriori evidenze scientifiche”, per cui – nell’attesa – «non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare».
Secondo molti osservatori, l’emendamento potrebbe sortire l’effetto di evitare il referendum sul nucleare che incombe a giugno. Se così fosse, sarebbe palese il mezzuccio da legulei: il rinvio sine die servirebbe solo a evitare una consultazione popolare sul nucleare mentre Fukushima sta ancora bruciando e rilasciando radioattività nell’ambiente. Palese anche l’intenzione: riattivare il programma di costruzione delle centrali quando i media avranno tolto da tempo gli obiettivi di dosso alla centrale giapponese e l’opinione pubblica sarà stata distratta con altri temi.
L’impatto principale rischia però di ricadere sul referndum che non si può bloccare – quello sull’acqua “bene comune”, da non privatizzare mai – oltre che sul “legittimo impedimento”, già di suo scomparso dall’orizzonte dei problemi. Chiaro il disegno governativo di “depotenziarlo”, in modo che non sia raggiungibile il quorum del 50 più uno degli aventi diritto. Chiaro, all’opoosto, il compito dei movimenti: raddoppiare gli sforzi e le iniziative pubbliche, casa per casa, per arrivare a quel livello.
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