Quattro anni di reclusione, un milione e mezzo di euro di multa, cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e due anni di interdizione dalla professione e dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. Questa la condanna che i giudici della seconda sezione penale del Tribunale, presieduta da Gabriella Manfrin, hanno inflitto all’ex Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio la prima della storia per chi abbia guidato l’istituto di via Nazionale. Per Fazio l’accusa era di aggiotaggio in riferimento alla tentata scalata di Antonveneta da parte della Banca Popolare Italiana di Giampiero Fiorani. La condanna supera la richiesta dei pubblici ministeri Eugenio Fusco e Gaetano Ruta che era stata di tre anni di carcere.
Fazio, al telefono con uno dei suoi legali, ha ribadito di «aver sempre operato per il bene» e l’avvocato Roberto Borgogno ha già annunciato che presenterà appello contro «una sentenza che sconcerta nel merito e nella dimensione e che va rivista». Assolto per non aver commesso il fatto invece Francesco Frasca, l’ex capo della vigilanza di Bankitalia Per lui la richiesta di condanna era di un anno e tre mesi di reclusione. Secondo Borgogno «non c’erano elementi che potessero giustificare un diverso trattamento tra il Governatore e Frasca».
Condanna a un anno e otto mesi di reclusione poi per l’ex amministratore delegato di Bpi, Giampiero Fiorani, mentre Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, presidente e vice di Unipol al tempo della scalata sono stati entrambi condannati a tre anni di reclusione. Condanna anche per Luigi Grillo, parlamentare del Popolo della Libertà, che dovrà scontare 2 anni e otto mesi, sette mesi in più di quanto chiesto dall’accusa. Condannate anche le due persone giuridiche che erano imputate: Unipol che dovrà pagare una multa di novecentomila euro, oltre a subire una confisca pari a 39,6 milioni, e Nuova Parva che dovrà pagare 360 mila euro.
Tutto finisce con quel «bacio in fronte» che Gianpiero Fiorani, numero uno della Bpl, poi divenuta Bpi, avrebbe dato al governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, per ringraziarlo dell’aiuto ricevuto nella scalata su Antonveneta. Un appoggio che attraverso le intercettazioni telefoniche apparirà non soltanto ‘passivò, da parte del responsabile della vigilanza bancaria.
Tutto era iniziato invece qualche anno prima con Fiorani che aveva consolidato via via il suo potere, anche attraverso operazioni poi accertate come quanto meno spregiudicate. Fazio lo aveva ciononostante scelto come pivot del disegno di Bankitalia in difesa del sistema bancario italiano. Quando scoppia lo scandalo (il primo di una lunga serie di telefonate compromettenti in Italia) è l’estate del 2005, Fiorani ha appena vinto la battaglia per Antonveneta dopo il fallimento dell’offerta degli olandesi di Abn Amro: un’ascesa irresistibile che sotto la sua guida ha visto la popolare lodigiana trasformarsi in uno dei più importanti istituti italiani. Il banchiere, che nei mesi successivi sarebbe finito in carcere prima di uscire di scena, è considerato da tutti in quel periodo il regista scelto da Fazio per difendere l’italianità delle banche dagli attacchi dei colossi stranieri.
Fiorani e la Bpl-Bpi avevano visto suggellato questo ruolo con due celebri passeggiate pubbliche del banchiere accanto al governatore: la prima al Forex di Lodi nel 2002, la seconda dopo quello di Modena nel 2005, quando già i rumors finanziari davano la Bnl e Antonveneta sotto l’assedio rispettivamente degli spagnoli del Bbva e della banca di Amsterdam. Attacco poi materializzatosi con la doppia opa sulle due banche, operazioni subito contrastate da Fazio che cerca di realizzare un catenaccio capace di consegnare su entrambe i fronti il 51% del capitale in mani italiane. I giocatori sui due campi sono praticamente gli stessi. Fiorani chiama a raccolta su Antonveneta quel drappello di immobiliaristi (Coppola e Ricucci soprattutto) poi ribattezzati come i «furbetti del quartierino», espressione coniata da Stefano Ricucci in una frase intercettata dalla magistratura in riferimento proprio a quell’azione di concerto nel contrastare Abn Amro poi smascherata dalla Consob, che obbliga l«armata nazionalè a lanciare un’opa sull’istituto padovano.
Quando il fallimento degli olandesi al termine dell’offerta consegna a Fiorani lo scettro del vincitore in contemporanea con la vittoria di Giovanni Consorte, guida operativa di Unipol, sulla Bnl, l’azione della magistratura butta giù tutto coinvolgendo da subito il governatore Fazio. Sono sequestrate le azioni dei ‘pattistì, avviando di fatto il ritorno di Abn Amro su Antonveneta. Contestualmente vengono pubblicati i colloqui tra Fiorani e Fazio, soprattutto quello del 12 luglio: alle 00,12 Fazio chiama l’ad di Bpi per comunicargli l’ok a crescere ancora in Antonveneta. »Io ti ringrazio – affermava Fiorani – Tonino, io guarda ti darei un bacio in questo momento, sulla fronte ma non posso farlo…So quanto hai sofferto«.
Il Governatore finirà sul registro degli indagati della procura di Roma dai primi di agosto per abuso d’ufficio e, nonostante le memorie difensive, la polemica politica monterà sia sul caso Antonveneta sia su quello gemello della Bnl, scoppiato subito dopo con modalità più o meno simili. Un duro braccio di ferro con il governo, arrivato sulle prime pagine nazionali e all’estero durerà ancora qualche mese, ma il 19 dicembre 2005 Fazio, ultimo governatore ‘a vità, getta la spugna aprendo la strada alla riforma della Banca d’Italia e all’arrivo di Mario Draghi.
fonti: AdnKronos e Ansa
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