Prodi, i dubbi atomici e lo «spot subliminale»
Scritto da Simone Pomi il 29 gennaio 2011 in Ambiente
Lo spot che imperversa sia in Tv che in rete sul Forum Nucleare continua a destare polemiche. Le domande ancora inevase degli EcoDem, i senatori Pd Francesco Ferrante e Roberto Della Seta in merito a chi pagasse questa pubblicità sono state il primo passo: «La cosa grave è che i 6 milioni stanziati per questa operazione sono in realtà uno dei primi costi che i cittadini e le imprese pagano all’avventura del ritorno al nucleare perché è del tutto evidente che le aziende elettriche scaricheranno tali costi sulle nostre bollette». Subito dopo è stato il turno di Antonio Di Pietro, leader Idv e promotore del referendum contro l’atomo: «Il quesito proposto dal “Forum” (tu che posizione hai, favorevole o contrario all’energia nucleare?) è solo apparentemente neutro ma in realtà è sostanzialmente ingannevole, giacchè finalizzato solo ad un sottile ma perverso “gioco comunicativo”: quello di invitare il lettore ad informarsi meglio attraverso il sito “www.forumnucleare.it”» Per ultimo in questi giorni è intervenuto l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, che ha definito lo spot di Forum Nucleare «subliminale». Per l’ex presidente dell’IRI, il forum «sarà anche una discussione aperta, ma i pro hanno gli scacchi bianchi e fanno le domande più intelligenti». Per Prodi i dubbi atomici rimangono sopratutto sulle questione tecniche. «Il treno nucleare l’abbiamo perso e corrergli dietro è difficile. Si può fare, ma bisogna correre molto molto forte […] avevamo una struttura capace di gestire un intero processo e centinaia e centinaia di ingegneri nucleari di alto livello» ha detto il Professore ricordando però che avendo «chiuso bottega e di ingegneri se ne laureano poche decine all’anno» si è avuta una «perdita di tecnologie, sui tempi di costruzione che si allungano, sui costi espansi e sul problema del consenso», senza dimenticare la mancanza di «una soluzione per i rifiuti nucleari».
Nonostante si definisca un «nuclearista molto scettico», Prodi annuncia che il giorno del referendum «andrà al mare». Una decisione finale più da “fin che la barca va” che da persona dubbiosa e non convinta.
Europa, 1 marzo 2011
Spettro referendum per Pd e Terzo Polo
La consultazione dipietrista sul legittimo impedimento potrebbe trasformarsi in una grana
Ieri mattina, quando hanno letto sulle pagine della Stampa l’indiscrezione secondo cui Fini avrebbe stretto un patto con Di Pietro per un possibile appoggio del referendum di Italia dei valori contro la legge sul legittimo impedimento, al Pd e all’Udc sono saltati sulla sedia. Possibile mai? Ma che combina Fini? Il portavoce del presidente della camera s’è affrettato a diramare una nota di smentita dell’incontro segreto tra il fondatore di Fli e Di Pietro da cui sarebbe scaturito il sostegno al referendum.
Ma per qualche ora, nelle file dell’opposizione s’è sudato freddo. Già perché lo spettro del referendum contro lo “scudo” istituzionale temporaneo per premier e ministri nell’ambito di un pacchetto dipietrista di quattro referendum – due sull’acqua, uno sul nucleare, il quarto appunto sul legittimo impedimento – turbano da qualche tempo l’opposizione.
Il nocciolo politico della questione è chiaro. Per abrogare per via referendaria la legge ordinaria sul legittimo impedimento è necessario un quorum del 50 per cento più uno dei votanti: una circostanza che non si verifica dal lontano 1995. Le percentuali di affluenza referendaria, con l’eccezione della consultazione del 1999 per cancellare la quota proporzionale, nell’ultimo quindicennio sono oscillate tra un misero 18 e il 32 per cento.
Al cronicizzato dato dell’insufficiente affluenza al voto, che invalida il referendum, si aggiunga che «da quando s’è allargata la platea elettorale agli italiani all’estero per la partecipazione ai referendum – è il ragionamento fatto proprio da un finiano, Adolfo Urso – s’è di fatto reso praticamente irraggiungibile il quorum: perché all’estero votano in minima parte». Di qui la previsione che dalle parti di Fli circola già da qualche tempo a proposito del referendum dipietrista: «Sarà così anche stavolta, il referendum non avrà il quorum ». A scoraggiare l’afflusso alle urne c’è anche la sentenza della corte costituzionale che nel frattempo, il 13 gennaio scorso, ha dichiarato parzialmente incostituzionale il testo del legittimo impedimento, eliminando un pezzo della legge che risulta così fortemente “azzoppata” rispetto alle aspettative di Silvio Berlusconi e dei suoi avvocati.
Se questo è il contesto, si può facilmente comprendere il senso del ragionamento del segretario del Pd Bersani: «La strategia del referendum non è la nostra strategia. Si è visto che non porta risultati perché ormai non si raggiunge più il quorum così si rischia l’effetto boomerang ». Tanto che i berluscones si fregano già le mani: «Ci sarebbe una diserzione di massa, l’85% non andrebbe a votare e sarebbe la conferma popolare del favore di cui gode Berlusconi», dice il falco del Pdl Straquadanio.
Per tutte queste ragioni una mossa di Fini verso Idv, avrebbe provocato un bel guaio. Un pasticcio nel terzo polo, anche considerato che i finiani all’epoca votarono a favore della legge che ebbe anche l’astensione dell’Udc.
E un motivo di grande imbarazzo per il Pd, l’oggetto principale di una martellante campagna dipietrista (che picchia anche su Sel e Terzo Polo) perché si schieri a favore dei referendum e di un election day il 29 maggio, data dei ballottaggi delle amministrative 2011: «Altrimenti bisognerà pensare che facciano opposizione solo a chiacchiere».
Sui referendum sull’acqua il Pd s’è già sganciato, presentando una propria articolata proposta di legge che dà sbocco normativo a un referendum che rischia di non raggiungere l’effetto sperato.
Ma il vero martellamento di Di Pietro si concentrerà sul legittimo impedimento. L’argomento che la legge è stata ridotta a un colabrodo dalla Consulta e che il mancato quorum sarebbe interpretato come un plebiscito a favore del Cavaliere è più che solido.
Ma in questi tempi di populismi difendere tesi razionali può risultare più arduo che non sostenere tesi irragionevoli.
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Il quorum incubo dei Democratici
Lina Palmerini
16/03/2011
ROMA
Il quorum continua a essere l’incubo dei Democratici. Anche se la tragedia del Giappone ha cambiato le carte in tavola sull’appoggio dei referendum, non tutti nel partito sono convinti che sia necessario accelerare. E non tutti pensano che sia opportuno mettersi alla testa di un movimento referendario che rappresenti, in sostanza, un messaggio politico anti-Cavaliere. Ieri Pierluigi Bersani ha spinto il Pd – quasi – sulle barricate annunciando che il Pd farà campagna per i quesiti, che il governo sbaglia sul nucleare e che – per questa ragione – in Parlamento è stata presentata una mozione per l’election day. Però nella segreteria – che c’è stata nella mattinata di ieri – la linea è stata più cauta. «La nostra non deve essere una campagna per dare una spallata a Silvio Berlusconi. Non dobbiamo dare l’idea che esista un’altra ora X in cui sarà possibile far cadere il premier. Questo sarebbe pericoloso perché, in assenza di quorum, rischieremmo un boomerang». Le parole sono di Enrico Letta che riflette sui rischi di esporre il partito a una prova assai difficile come è quella referendaria che da anni non riesce a centrare l’obiettivo del superamento del quorum.
Certo, in questi giorni la tensione emotiva sul nucleare è molto forte per quello che sta accadendo in Giappone e, quindi, il no al nucleare potrebbe trascinare i cittadini alle urne e superare la barriera del 50% anche sugli altri due quesiti, acqua pubblica e legittimo impedimento. «Ma non possiamo ragionare sull’oggi», ribatte Letta ricordando che «mancano tre mesi al 12 giugno, data dei referendum, e che tre mesi fa pensavamo di poter dare la spallata al premier attraverso Gianfranco Fini». Dunque, serve cautela. Soprattutto per chi come Enrico Letta, da ex ministro dell’Industria, ha posizioni “laiche” sia sull’acqua pubblica che sul nucleare.
Che i mesi in politica siano ere geologiche lo fa notare soprattutto Pierluigi Castagnetti che non vuole «sciacallaggi politici sulla tragedia che stanno vivendo i giapponesi». E comunque anche l’ex popolare del Pd ritiene che sarà determinante quello che accadrà lì. «In ogni caso mi pare che il quorum resti difficile da raggiungere a meno che il mondo non dovrà fare i conti con una tragedia davvero epocale, che non mi auguro».
Soprattutto, Castagnetti ritiene che sarà il governo, in primo luogo, a fare marcia indietro. «Non credo che le posizioni resteranno quelle di oggi se Tokyo subirà una catastrofe nucleare. Penso che sarà Berlusconi, per primo, a cancellare il piano del nucleare per l’Italia». L’opinione di Castagnetti trova già conferme. Basta girarsi e guardare dalla parte della Lega. Già ieri Luca Zaia l’ha detto chiaro che «in Veneto non si faranno centrali, è anche una zona sismica – quindi – finché ci sarò io non se ne parla». Insomma, il Carroccio di certo non si farà spiazzare dall’opposizione su un tema così vicino al sentimento popolare. E non è un caso che Giacomo Stucchi, deputato di spicco della Lega (in predicato per diventare capogruppo nel caso in cui Marco Reguzzoni diventi viceministro allo Sviluppo economico), ieri metteva all’indice le «strumentalizzazioni» dell’opposizione sul nucleare ma – sulla scelta del governo – diceva anche che «c’è modo e tempo per discutere». Dunque, una marcia indietro è più che una possibilità.
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Il governo dice no all’election day
Articolo di Lina Palmerini pubblicato su Il sole 24 ore, il 04/03/11
Niente election day. Il Governo decide di separare il voto amministrativo, che ci sarà il 15 maggio (secondo turno il 29-30 maggio) dal referendum che potrebbe essere fissato il 12 giugno ma si trova davanti a un fuoco di sbarramento delle opposizioni. «Sprecate 300 milioni di euro», è l’accusa di Pierluigi Bersani e pure di Antonio Di Pietro che sul referendum sul legittimo impedimento ha costruito la sua nuova battaglia contro il premier. Sul piede di guerra anche Nichi Vendola che punta non solo sull’abrogazione del legittimo impedimento ma anche sul quesito che riguarda il nucleare e la privatizzazione dell’acqua.
Ma mentre la polemica infuria c’è chi ricorda all’opposizione – e al Pd soprattutto – che i precedenti non mancano. È la Velina Rossa, il foglio di Pasquale Laurito vicino ai dalemiani, a ricordare che nel’97, ai tempi del Governo Prodi, si decise di separare il voto amministrativo dal pacchetto di referendum promossi dai Radicali. E a quel tempo il ministro dell’Interno era Giorgio Napolitano. Forse non è un caso che sia stato ricordato: non è un mistero, infatti, che una buona parte del Pd frena sul referendum che riguarda il legittimo impedimento e non per una sola ragione. La prima è non voler stare al rimorchio di Di Pietro, la seconda – più importante – è che molti Democratici ritengono che non si raggiungerà il quorum e quindi preferiscono stare defilati. «Ma la Consulta ha già corretto e arginato quella legge», diceva un perplesso Pierluigi Castagnetti che al suo partito suggerisce prudenza per non fornire altre vittorie strumentali a Silvio Berlusconi.
Ma l’informalità dei ragionamenti politici spesso non conquista la ribalta ufficiale. E comunque ieri per il Pd era prioritario puntare il dito sullo spreco di soldi pubblici che arriva in tempi ben magri per il Paese e che il Governo avrebbe potuto investire altrove. «Il referendum si può svolgere entro il 15 giugno e l’ultima data utile è domenica 12. Spetta al Consiglio dei ministri la decisione ma tenere separate le due consultazioni è una tradizione», ha detto ieri in conferenza stampa il ministro Maroni. Ed è su questo annuncio che è partito subito l’altolà di Pierluigi Bersani: «Il mancato accorpamento di amministrative e referendum porterà a uno spreco di 300 milioni che la Lega dovrà spiegare al Nord. Il Carroccio è così risparmioso sulla festa per l’unità d’Italia e ora consente uno spreco di 300 milioni? Chi pagherà? Se le tasse le paga solo il Nord sarà il Nord a pagare per far saltare il referendum sul legittimo impedimento».
Sulla stessa linea del segretario del Pd anche Nichi Vendola. «Dove sono i guardiani dei conti pubblici, coloro che rappresentano un atteggiamento rigorista?», si chiedeva il leader di Sel ma il più duro – naturalmente – è Antonio di Pietro “padre” del quesito sul legittimo impedimento. «Il governo è impaurito, truffaldino e anche un po’ ladro: decidendo di mandare a votare gli elettori una settimana dopo l’altra, spende il doppio dei soldi». Il leader dell’Idv ha reso anche nota la lettera che aveva inviato al ministro Maroni in cui si dice che «una strategia volta ad annullare i referendum puntando sul mancato raggiungimento del quorum, è lecita quando messa in opera dalla politica ma è inaccettabile se praticata dal Governo, che ha il preciso dovere di agevolare e incentivare la partecipazione dei cittadini a ogni consultazione elettorale». Ma la vera provocazione arriva da Beppe Grillo: «Gli italiani devono chiedere indietro 5-10 euro ciascuno».
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(ANSA) – ROMA, 15 MAR – Il Pd sosterra’ il referendum per abrogare la legge sul ritorno al nucleare. Lo dice, all’Unita’, Pier Luigi Bersani, spiegando che il ricorso al nucleare e’ ‘sbagliato’ e che le sue non sono reazioni emotive sulla scia di Fukushima, ma valutazioni su una ‘tecnologia molto giovane’, che, per il leader del Pd, presenta ‘seri problemi, sia per lo smaltimento scorie, che per le conseguenze di eventuali incidenti’. A ‘preoccupare’ Bersani e’ ‘il modo in cui il governo sta affrontando il tema’.
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giovanni
che ci abbiano creduto tardi, è certo. Ma che non c’entrino con la vittoria sarebbe tutto da dimostrare. Nel mio comune, ma anche altrove, i militanti del PD si sono mobilitati di più che per le comunali, andando casa per casa (perchè la storiella della mobilitazione via twitter è una barzelletta, in un paese in cui l’elettore medio ha almeno 50 anni) a dire alla gente di votare. E non penso che l’abbiano fatto gratis. Piaccia o meno, almeno metà dei voti li dobbiamo alla mobilitazione del PD. E lo dico da persona a cui non piace affatto, perchè il csx è recordman di privatizzazioni, e quindi sicuramente troveranno qualche escamotage per privatizzare l’acqua di nascosto