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Napoli/Lago Patria: un fastidioso neo-NATO

 

In un drammatico momento, in cui a Napoli la vita quotidiana è ancora condizionata dalla mai cessata emergenza rifiuti, mettendo a dura prova la determinazione del nuovo sindaco e della sua giunta, sembrerebbe fuori luogo mettersi a discutere di basi militari e di porti nucleari. Eppure, proprio perché la percezione della gravità di questi problemi da parte dei cittadini resta molto bassa, bisogna evitare che situazioni gravissime di militarizzazione del suolo e delle acque della nostra regione passino del tutto sotto silenzio.

Subalternità politica e provincialismo dei media, infatti, hanno contribuito in larga parte alla generale disinformazione su temi come il rischio nucleare che minaccia i porti di Napoli e di Castellammare di Stabia, oppure la realizzazione di un gigantesco comando NATO in prossimità del Lago Patria e del litorale giuglianese-domizio. Le poche notizie su questi argomenti, se e quando riescono a raggiungere i cittadini, danno comunque per scontato che si tratta di qualcosa che non riguarda la loro vita ed i loro interessi, ma alte strategie politico-militari sulle quali, in ogni caso, essi non avrebbero modo d’intervenire e di esprimere un’opinione.

Ebbene, credo che contro questa espropriazione del diritto di sapere e di criticare bisogna lanciare una seria campagna di controinformazione, per cercare di accrescere la consapevolezza della gente. Bisogna fare in modo che si formi un’opinione pubblica che non debba più sottostare ai condizionamenti sia del sistema militare – per sua natura portato a classificare tutto come segreto – sia di politici senza scrupoli, faccendieri ed organizzazioni criminali, che vedono in queste operazioni appetitose occasioni per far circolare – e poi intercettare – il denaro pubblico.

Il Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione del Territorio – Campania [1] opera da molti anni come aggregazione di varie organizzazioni impegnate a contrastare il complesso militare-industriale ed a creare mobilitazioni – dal basso e con metodi nonviolenti – contro la logica perversa del militarismo e della guerra. I suoi principali obiettivi operativi, in questi ultimi tre anni, sono stati la lotta per la denuclearizzazione dei porti della regione ed il contrasto alla militarizzazione di sempre nuove aree del territorio.

Vivere in Campania vuol dire trovarsi immersi in una delle aree più militarizzate d’Europa. Cuore della strategia NATO ed USA, la stessa città di Napoli non si è mai liberata dall’occupazione militare dei suoi ex-Liberatori. Essa, infatti, è costretta da decenni a convivere con una realtà del tutto autonoma ed estranea. Una realtà svincolata dalle vigenti norme urbanistiche, ambientali e sanitarie, sottratta a qualsiasi controllo da parte di chi dovrebbe governare il territorio e, perciò stesso, al di sopra di ogni principio democratico di trasparenza e di sovranità territoriale. Basterebbe questo, a prescindere da altre considerazioni di carattere specificamente politico, perché i cittadini/e della Campania si mobilitino in difesa dei loro diritti, contro l’arroganza di chi spadroneggia a casa loro, in nome di un’equivoca e non richiesta ‘protezione’.

Questo breve contributo (dopo quello sul rischio dei porti nucleari [2] quindi, si propone di fare un po’ di chiarezza sulla vicenda del trasferimento del Comando NATO da Bagnoli al Lago Patria, in nome di una controinformazione su questioni che ci toccano tutti da vicino, ma anche per creare le premesse di quella mobilitazione, democratica e pacifica, contro chi – da troppo tempo – ha militarizzato il suolo, le acque e perfino l’etere della nostra Campania.

 

2. I precedenti (1980-2000)

Già negli anni ’80 ebbi a definire questa città straniera dentro la nostra città col nome di “Nàtoli” e poi, da consigliere provinciale, ripresi questa ironica denominazione in un articolo del 1992, pubblicato sulla rivista ufficiale dell’ente locale. [3] Il guaio è che, da un bel po’ di tempo, a chi amministrava “Nàtoli” il solo territorio di Agnano, Bagnoli, Nisida e Capodichino stava ormai troppo stretto. Il peso dell’AFSOUTH e dei comandi integrati delle operazioni navali NATO-USA erano diventato eccessivo, passando dalla sola regione meridionale dell’Europa al controllo dei nuovi scenari strategici balcanici, medio-orientali e, più recentemente, arabo-africani.

Ecco allora che, nel 1997, l’allora sindaco di Napoli Bassolino non si fece scrupolo di firmare un protocollo d’intesa col comando AFSOUTH, che prevedeva il suo trasferimento in una mega-struttura di 13 piani, da realizzare nel Centro Direzionale di Napoli. Com’è facilmente immaginabile, questo Pentagono partenopeo avrebbe avuto un enorme impatto urbanistico ed ambientale. Sarebbe stato collocato, infatti, nel bel mezzo di un’area cittadina densamente abitata, tra la stazione ferroviaria centrale, l’aeroporto civile e militare di Capodichino e lo stesso Centro Direzionale napoletano. Grazie all’intervento di “ScardiNATO” – un network ecopacifista promosso dai Verdarcobaleno, da Rifondazione Comunista e dalla sezione napoletana di Pax Christi – in quell’occasione ci fu però una dura reazione, accompagnata dall’informazione diretta dei cittadini dei quartieri popolari limitrofi e culminata in un pacifico corteo di protesta. Probabilmente non furono le proteste dei residenti e di quel comitato a far recedere i vertici NATO dal procedere nel senso della progettata relocation del Quartier Generale di Bagnoli. Certo è che, in breve tempo, dell’ipotizzata megastruttura da realizzare al C.D.N. non si è saputo più nulla.

La soddisfazione per l’obiettivo raggiunto, però, ha fatto progressivamente venir meno la mobilitazione degli ecopacifisti napoletani che negli anni successivi non hanno saputo né potuto intervenire adeguatamente sulla scelta di una nuova area in cui traslocare il vecchio Quartier generale alleato. Dopo vari studi, infatti, essa era stata localizzata dalla NATO nel sito che ne ospitava la vicina centrale ricevente, un’area già costellata da radar ed antenne nei pressi del Lago Patria, ad una ventina di chilometri a nord-ovest di Napoli. Come si ricorda sul sito di quello che sarebbe diventato nel 2004 il Comando AJF (Allied Joint Forces) [4] – la decisione fu ratificata a Roma nel 2001 da un Protocollo d’Intesa, sottoscritto dall’amm. J. O. Ellis (Com.te in Capo dell’AFSOUTH) e dall’allora Capo di Stato Maggiore della Difesa, il gen. M. Arpino.

“Per facilitare il progetto – vi si spiega – fu formato il PMO (Ufficio Multi-nazionale per la Gestione del Progetto. Il suo compito era indicare una moderna struttura per monitorare lo stato dell’arte, che avrebbe massimizzato l’efficienza operativa, ma anche fornito l’intera gamma delle attrezzature ricreativo-assistenziali. Per un progetto di così largo ed alto profilo, il supporto della nazione ospitante è essenziale, per cui il Ministero della Difesa italiano ha generosamente provveduto ad una squadra di collegamento specializzata, il ‘Progetto AFSOUTH 2000’. I suoi compiti includono le relazioni – a nome e per conto di AFSOUTH – con le autorità locali, relativamente a svariate questioni, come la pianificazione delle licenze, gli standard nazionali e la fornitura di servizi pubblici. Nel loro insieme, l’AFSOUTH e la squadra italiana formano il JPCO (Ufficio di Coordinamento Congiunto del Progetto” [5]

Un anno dopo, nel marzo 2002 il nuovo Comandante in Capo della struttura alleata consegnò al Vice-Capo di Stato Maggiore italiano, il gen. V. Camporini, il progetto completo del nuovo Quartier generale e delle attrezzature annesse. Completata la gara d’appalto internazionale da parte del governo italiano, si aggiudicò il contratto per la realizzazione delle opere civili un consorzio temporaneo d’imprese formato dalle società per azioni italiane “Condotte” e “Sirti”. Il primo gruppo è la storica società cui sono stati affidati i lavori per l’Alta Velocità nei tratti TO-MI e RM-NA, nonché il faraonico progetto “Mose” a Venezia e, come Eurolink, la realizzazione del progettato ponte sullo stretto di Messina. La seconda è una nota azienda che si occupa da decenni di realizzare reti per telecomunicazioni, informatica e sicurezza.

 

3. Il progetto del complesso “AFSOUTH 2000”

Il nuovo complesso – che si estende su una superficie di 330.000 metri quadri – secondo i suoi progettisti, dovrà fornire servizi integrati ad una comunità molto ampia, impegnata e multinazionale. Ecco perché, in aggiunta all’enorme stabile del Quartier Generale, sono stati previsti anche un Centro Comunitario e tre edifici per alloggi, riservati specificamente al personale NATO di nazionalità statunitense, britannica ed italiana. Nei sei piani – quattro rialzati e due interrati – che compongono il nuovo Comando, sarà ospitato non solo l’AFSOUTH, ma anche il Comando Navale Alleato del Sud-Europa (NAVSOUTH), quello delle Forze di Attacco e di Supporto nella stessa area operativa (STRIKFORSOUTH, nonché le unità di supporto nazionali. E’ stata progettata infine una grande sala-stampa multimediale.

Annessi al nuovo Centro Comunitario, infine, ci saranno attrezzature ricreativo-sociali per il personale, fra cui una piscina, una palestra, un campo da tennis e vari punti vendita. Si prevede inoltre un’integrazione al progetto, in modo da realizzare anche la struttura che ospiterà la Scuola Internazionale per i figli del personale alleato.

Quello che fa impressione sono i numeri del nuovo complesso, snocciolati dallo stesso sito del JFC.: 2.100 militari e 350 civili presso il Q.G.; 85 chilometri quadri di spazi pavimentati; 600 chilometri di cablaggio; una rete di ben 2.000 computer; 2.227 spazi per parcheggio; 3 chilometri di recinzione perimetrale; 400 persone alla volta servite dalla mensa internazionale; 3 chilometri quadri designati come ‘area a verde’; un auditorium da 300 posti. Un elemento interessante è l’attenzione per alcuni aspetti ambientali, come un’esposizione solare ottimale, per ridurre lo spreco di elettricità e, allo stesso tempo, un sistema per ombreggiare i locali, allo scopo di limitare l’utilizzo di condizionatori d’aria. Gli stessi parcheggi esterni non sono stati pavimentati per intero, per evitare l’impermeabilizzazione del suolo con un migliore drenaggio delle acque pluviali.

Dal sito del noto studio di architettura “M. A. Arnaboldi e Patners” che ha curato la consulenza strutturale del progetto [6], si ricavano altri interessanti dati sulla mega-edificio del nuovo Comando NATO al lago Patria. Il volume di costruito è pari a 282.000 metri cubi, su una superficie globale di oltre 60.000 metri quadri, con 2 piani interrati, 1 piano terreno ed altri 4 piani superiori. Il complesso, realizzato in cemento armato sotto e in ferro per le parti elevate, raggiunge un’altezza di 17,30 metri fuori terra. La progettazione è stata affidata agli architetti Camillo e Alessandro Gubitosi, affiancati dagli ‘strutturisti’ Arnaboldi e Chesi e da uno stuolo di collaboratori. La progettazione degli impianti tecnici è stata affidata alla “Cormio Engineering” di Desenzano sul Garda (BS), specializzata in ambito militare e membro del consorzio COIPA.

Da altre fonti si ricavano ulteriori dati conoscitivi sull’edificio della “Afsouth 2000”. Ad esempio, sappiamo che gli uffici operativi del Comando NATO saranno ubicati soprattutto ai piani interrati – presumibilmente per motivi di sicurezza – mentre i cinque piani fuori terra ospiteranno uffici, servizi, depositi ed altri tipi di locali organizzativi, spalmati su 40.000 metri quadri a piano. Al piano copertura, infine, vi è un’area destinata ad alloggiare gli impianti tecnologici, sistemati nell’intercapedine del tetto del complesso. L’intera struttura è sottoposta a una classificazione sismica di 3a categoria ed è inoltre protetta da eventuali attacchi terroristici. Da fonti giornalistiche, poi, emerge che, tra residenti e fruitori esterni del nuovo comando, il bacino sarà molto più ampio, intorno alle 5.000 persone. Sono numeri tali da aver subito destato preoccupazione sul piano della mobilità da e per il complesso “Afsouth2000”.

Un numero enorme, se si pensa alla carenza di infrastrutture e vie di collegamento adeguate, in grado di fronteggiare un esodo così massiccio. La costruzione del quartier generale statunitense, una delle basi più grandi d’Italia, anche più della chiacchierata Vicenza, preoccupa e non poco il sindaco Giovanni Pianese, allarmato per gli effetti che gli insediamenti potrebbero avere su un territorio già di per sé devastato da scempi edilizi. Trasferire oltre 500 nuove famiglie senza garantire i necessari supporti logistici ed infrastrutturali, secondo il sindaco di Giugliano, potrebbe comportare il collasso definitivo della zona litoranea. Per questo l’amministrazione comunale, su indicazione dell’assessorato ai Trasporti delle Regione Campania, ha evidenziato come sia il settore dei trasporti quello che ha la maggiore urgenza di essere rivoluzionato, per fronteggiare in modo adeguato l’arrivo di un numero di persone così alto. Sarà affidato ad un professionista esterno, da scegliere attraverso una specifica procedura, il compito di redigere uno studio di fattibilità di un piano di mobilità, un piano di sicurezza stradale e di un piano traffico per migliorare l’accessibilità al nuovo insediamento. Lo studio andrà ad integrare quello già effettuato dagli esperti dello ‘Studio Pisciotta P. & Co.’ di Napoli, commissionato dagli stessi americani, ritenuto però carente in alcuni suoi punti dall’assessorato ai Trasporti della Regione Campania.[7]

4. L’apertura del nuovo complesso e le questioni emergenti

Al di là del facile umorismo sui ritardi nella realizzazione di un complesso – che gli stessi militari della NATO sembra abbiano ribattezzato “Afsouth 3000”… – per la fine di quest’anno e l’inizio del 2012 sembra comunque prevista la fase conclusiva della relocation del Comando alleato da Bagnoli al Lago Patria. Il progetto ha abbondantemente assorbito il finanziamento di circa 165 milioni di euro da parte della NATO e l’Italia, in quanto paese-membro, ha già sborsato la sua quota. Ma quanto ci costa veramente? Il problema tecnico più delicato sembra che sia trasferimento della rete di comunicazioni, mentre sarebbero in ritardo le infrastrutture esterne al Comando, di competenza delle autorità nazionali e locali italiani. Per rendere operativo il Comando c’ è bisogno dell’ allacciamento della rete fognaria e di raddoppiare gli assi viari esistenti, rendendoli capace di sopportare un traffico di 1400 auto nelle ore di punta. In particolare, la Nato ha invitato il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, il presidente della giunta provinciale Luigi Cesaro ed il sindaco di Giugliano Giovanni Pianese ad un sopralluogo per accelerare sui lavori esterni.

Scriveva Stella Cervasio su “la Repubblica” all’inizio dello scorso aprile: “ Il T Day si compirà alla fine del 2012. Primo dicembre. Suona apocalittico, è invece il termine entro il quale la Nato si trasferirà nel nuovo quartier generale al Lago Patria in via di completamento. Ieri lo ha reso noto il comandante del Jfc Naples ammiraglio Samuel J. Locklear III, che ha ricevuto il governatore Stefano Caldoro e il presidente della Provincia Luigi Cesaro all’ interno delle strutture in costruzione. Qualche bacchettata agli enti locali non è mancata: le infrastrutture subiscono ritardi e il comando Nato è corso ai ripari. […] Il ritardo effettivamente c’ è, e riguarda proprio le infrastrutture. «Sono disponibili 21 milioni di fondi Fas – ha detto il sindaco di Giugliano, Giovanni Pianese- recuperati per le opere mancanti». Il governatore Caldoro ha proposto la nomina di un commissario che prema sull’ acceleratore, che dovrebbe essere proprio il primo cittadino dell’ area interessata, Pianese. «Siamo già in contatto con il sottosegretario Gianni Letta – ha detto Caldoro – con il quale ci incontreremo a breve». E il presidente della Provincia Cesaro: «Il trasferimento da Bagnoli al Lago Patria avverrà entro giugno del prossimo anno e per quella data dovremo essere al passo con le infrastrutture. La Provincia dovrà migliorare la viabilità e per questo sono previsti 5 milioni di euro, c’ è già uno studio di fattibilità che sarà alla base di un protocollo di intesa fra Presidenza del Consiglio dei ministri, Regione, Provincia, Comune di Giugliano e comando Nato. Un’ occasione di crescita da non sottovalutare». [8]

Facendo un po’ di conti, soltanto se sommiamo ai 165 milioni di euro stanziati dalla NATO (e pagati in quota parte anche dall’Italia) i 21 milioni di fondi FAS per le “infrastrutture” viarie, cui si aggiungerebbero altri 5 milioni erogati dall’Amministrazione Provinciale [9], arriviamo alla somma di oltre 190 milioni di euro (ovvero 380 miliardi di vecchie lire…), cui ovviamente vanno aggiunte altre voci non dichiarate. Si tratta di una cifra spaventosa, soprattutto se pensiamo si tratta di un comando strategico di un’Alleanza militare ormai senza controparte e che, ad esempio, per il recupero del centro storico di Napoli, dichiarato dall’UNESCO “patrimonio dell’umanità”, sono stati stanziati appena 10 milioni di euro in più annualità…..

Ai cittadini del litorale giuglianese sono state offerte, in cambio del terremoto urbanistico ed ambientale provocato dal nuovo insediamento militare, delle “compensazioni” in termini di finanziamenti per opere infrastrutturali. Si tratta del prezzo da pagare per il ‘disturbo’ arrecato, e non importa se a tirare fuori i soldi sono gli stessi cittadini della Campania e se si tratta di somme molto sostanziose ed estremamente appetibili per le organizzazioni camorristiche locali. Leggendo bene le dichiarazioni del sindaco Pianese, infatti: “L’accordo Operativo prevede il completamento delle reti fognarie urbane (Lotto 1) ‘collettore via San Nullo’ per un importo di 5,4 milioni di euro; il completamento delle reti fognarie urbane (Lotto 3) ‘collettore via Madonna del Pantano’ per un importo di tre milioni di euro; il completamento delle reti fognarie urbane (Lotto 4) ‘collettore via Grotta dell’Olmo’ per un importo di 3,1 milioni di euro; il completamento delle reti fognarie urbane (Lotto 2) ‘collettore viale dei Pini e interventi di adeguamento funzionale’ per un importo di 3,7 milioni di euro” [10]

La verità è che, come giustamente denunciava ad aprile il collettivo anarchico di Livorno [11] , le

spese sono state giustificate in nome della solita storiella, secondo la quale questo genere di strutture militari rappresenterebbero un’importante occasione di sviluppo economico ed occupazionale, e quindi una sorta di ‘investimento sociale’. Non a caso, infatti, si è attinto ai FAS, che servono a finanziare lo sviluppo locale e non certo faraoniche strutture che servono solo ad organizzare meglio le presenti e le future guerre nel sud-est del pianeta.

“Insomma – commentano ironicamente gli autori dell’articolo – i denari stanziati dalla Regione e dal governo per la base NATO di Giugliano, in quanto sotto la voce “fondi Fas”, passeranno alla storia finanziaria del Paese come spese per lo sviluppo del Mezzogiorno, secondo la regola aurea che impone che al danno debba sempre accompagnarsi la beffa…” [12]

 

5. Alcune considerazioni e indicazioni operative

Le fonti di documentazione su ciò che sta accadendo al Lago Patria – a parte quelle citate e qualche altra notizia generica – dimostrano quanto sia grande la disinformazione dei cittadini ma anche la…distrazione dei movimenti politici, sindacali, ambientalisti e degli stessi pacifisti su questa sconcertante vicenda. E’ evidente, allora, che bisogna recuperare il tempo perduto e lanciare una campagna di informazione e opposizione a quest’ennesima occupazione militare del nostro territorio, che di tutto ha bisogno meno che di nuove basi USA e NATO.

Il primo elemento per ogni mobilitazione nonviolenta è, ovviamente, la controinformazione e la crescita della consapevolezza della comunità locale, finora rimasta troppo silenziosa o addirittura abbagliata dai miraggi d’investimenti in quell’area. E’ necessario che tutte le organizzazioni democratiche presenti in quel territorio s’incontrino e stabiliscano un coordinamento permanente sull’insediamento Afsouth 2000 al Lago Patria. Bisogna studiare il progetto da tutti i punti di vista e monitorare la fonte del finanziamenti e chi concretamente sta operando in loco. Vanno organizzate pubbliche assemblee con i cittadini, per informarli di quello che sta accadendo e delle conseguenze – ambientali, sanitarie e socio-economiche – di questa faraonica struttura militare.

Occorre, infatti, una capacità di mobilitazione popolare – prima ancora che da parte di organizzazioni sociali e politiche strutturate – che impedisca che tutto si realizzi senza neanche un’opposizione, ferma e responsabile, ad un progetto che non porterà né sviluppo né occupazione, ma solo nuove servitù militari, rischi nucleari e da emissioni elettromagnetiche, con evidenti danni alla comunità locale ed alle attività turistiche.

Le responsabilità dei politici sono enormi e vanno denunciate. E’ però giunto il momento di riscoprire il protagonismo della gente e nuove forme di lotta nonviolenta contro la sempre crescente militarizzazione della Campania.

 

 

NOTE:

1. Visita il sito: www.pacedisarmo.it

2. Ermete Ferraro, A propulsione antinucleare, Napoli, 2010 (pubbl. su Pace e Disarmo)

3. Ermete Ferraro, “La provincia di…Nàtoli?” in: La Provincia di Napoli, 1992, XIV-1/3, Napoli, Ann.Prov. di Na.

4. http://www.jfcnaples.nato.int/

5. http://www.jfcnaples.nato.int/page11545845.aspx

6. http://www.arnaboldiepartners.it/NAPOLI/NAPOLI.html

7. A. Mangione, “Lago Patria: nel 2012 l’apertura della base NATO, InterNapoli.it , 19.01.2010 http://www.internapoli.it/articolo.asp?id=17281

8. Stella Cervasio, “NATO, via al trasferimento da dicembre al Lago Patria” , la Repubblica, Napoli, 2 aprile 2011

9. L. Cesaro, “La nuova base di lago Patria un’opportunità per il territorio”, Ag. Stampa La Provincia di Napoli, 01.04.2011

10. Giugliano, Base Nato: compensazioni ambientali per insediamento militare a Lago Patria” , redazione di Julie News, 02.03.2011

11. “Locklear si fa la base NATO a spese della Regione Campania”, in Collettivo Anarchico Libertario, Livorno, 09.04.2011 (da www.comidad.org

12. Ibidem

(*) Ermete Ferraro (Napoli 1952), laureato in Lettere e diplomato il Servizio Sociale, insegna nelle scuole medie e si occupa di sviluppo sociale di comunità. Obiettore di coscienza fin dal 1972, è stato da allora un attivista antimilitarista e nonviolento. Tra i fondatori dei Verdi a Napoli – che ha rappresentato dal 1987 al 1987 come Consigliere circoscrizionale al Vomero e come Consigliere Provinciale – è attualmente consigliere nazionale e referente nazionale per l’Ecopacifismo di V.A.S. (Verdi Ambiente e Società onlus). Collabora col Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione del Territorio- Campania ed è riferimento per Napoli del Movimento Nonviolento.

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