Al Volturno occupato si sono ritrovate oggi (sabato) le reti e le realtà chiamate da Roma Bene Comune a discutere di “conflitto sociale e indipendenza” il 10 settembre scorso. La discussione di oggi verteva su due questioni: dare continuità a al percorso avviato e come stare nella manifestazione del 15 Ottobre. Sulla prima questione viene indicata una data nella seconda metà novembre a Firenze che ospiterà un forum dei movimenti sociali per discutere nel merito la messa in sintonia delle vertenze e dei conflitti – dalle occupazioni delle case al No Tav, dai precari alle vertenze ambientali – che devono protagonisti reti sociali e movimenti.
La seconda questione – il 15 Ottobre – di fatto ha però monopolizzato la discussione. In parte era inevitabile ma in parte questo segna un limite duro a morire e cioè il perdurante prevalere degli “eventi” su una tabella di marcia autonoma dei movimenti. Da tutti gli interventi al Volturno, ma anche da segnali provenienti da ambiti diversi come il Coordinamento dei delegati Fiat, cresce il malessere per una manifestazione che si configura come troppo rituale rispetto alla posta in gioco e alla brutalità delle misure antipopolari avanzate dalla Bce e attuate dal governo.“Il 15 ottobre la strada per portare la protesta sotto i palazzi del potere è stata preclusa dalla Questura ma sostanzialmente accettata dalla maggioranza del Coordinamento promotore” ha detto Paolo Di Vetta (Blocchi Precari Metropolitani) aprendo l’assemblea, “molti di noi non vogliono andare a San Giovanni o fare una manifestazione rituale” ha proseguito. Vengono valorizzate le manifestazioni degli studenti ed in particolare l’azione di protesta contro Moody’s e le banche. La proposta è quella di uno spezzone comune di coloro che si riconoscono nella piattaforma dell’assemblea del 10 settembre o di quella del 1 ottobre: “beni comuni, conflitto sociale, indipendenza” senza bandiere di partito o di sindacato. “Che se ne vadano tutti” e “il debito non lo paghiamo” potrebbero essere le parole d’ordine unificanti con cui partecipare alla manifestazione del 15 Ottobre.
Sulla stessa lunghezza d’onda è Mario Paladini un “veterano” del movimento antagonista toscano che conferma la disponibilità ad accogliere a Firenze in novembre il forum dei movimenti sociali ma riporta anche che gli studenti fiorentini scesi in piazza in tanti “storcono il naso” all’idea di una manifestazione tradizionale per il 15 Ottobre. Per Giorgio di Atenei in Rivolta il 15 deve essere un punto di inizio per la mobilitazione di massa e permanente contro le misure antisociali. “Una semplice sfilata che arriva a San Giovanni non serve a niente” ma invita anche a fare attenzione alle fughe in avanti e a consolidare il movimento. “Il 15 si va in piazza per rimanerci con un grande accampamento in piazza”. Per Luca del Coordinamento di lotta per la casa esiste però il rischio che l’attesa del consolidamento produca anche rassegnazione. “Che interesse ha un precario o un occupante di case di venire a San Giovanni ad ascoltare un comizio?”, insiste poi sul tema dell’autorganizzazione, un percorso che “non ti regala nessuno e che ti devi conquistare”.
Alessia delle Brigate di Solidarietà Attiva informa che alla manifestazione del 15 ottobre porteranno i braccianti protagonisti delle lotte di queste estate nel sud. Si tratta soprattutto di immigrati per cui è importanti non farli trovare in situazioni rischiose perché rischiano più di altri.
Seguono poi gli interventi di varie realtà: dal centro sociale Macchiarossa al collettivo di Scienze Politiche della Sapienza, dal movimento antagonista di Napoli a Sinistra Critica. Alcuni spingono per una maggiore radicalità nella pratica in piazza, altri invitano a tenere l’insieme dlle realtà che verranno in piazza. L’esponente della Rete dei Comunisti invita a non fissarsi con la manifestazione del 15 ottobre come una sorta di mito e a dare soprattutto continuità ai percorsi iniziati con le assemblee del 10 settembre e del 1 ottobre. “In Spagna e in Grecia i movimenti lottano sulla base della loro realtà, non serve scimmiottare ma imparare e praticare il conflitto sulla base della nostra realtà”. Si invita a tenere conto dell’importanza della iniziativa di mercoeldi 12 ottobre verso il convegno alla Banca d’Italia con Draghi e Napoletano. L’assemblea si è conclusa con un comunicato che riportiamo qui di seguito.
Roma, 8 ottobre 2011
L’incontro promosso da Roma Bene Comune che si è svolto al Volturno okkupato, ribadisce la necessità che la mobilitazione transnazionale del 15 ottobre che nel nostro paese porterà decine di migliaia di persone a Roma, si rappresenti come assedio permanente della city politica.
Per affermare chiaramente che il 15 ottobre “a casa non si torna”, si propone la costruzione di uno spazio pubblico di corteo che dia voce ai conflitti sociali, ai movimenti indipendenti, alle lotte per i beni comuni e contro le devastazioni ambientali, ai precari e alle precarie, agli studenti e alle studentesse, ai migranti e alle migranti.
Si propone altresì che lo slogan “its not our debt-global revolution” venga assunto come riferimento comune e che la strategia dell’assedio venga rappresentata nelle diverse forme possibili dalle realtà che decideranno di far parte di questo spazio comune e da chi si riconosce su questi contenuti.
Importante che questa area di corteo non venga caratterizzata da bandiere e simboli di partito e sindacato. Le forze politiche e sindacali che sentono di condividere questo spazio pubblico devono consentire che i movimenti siano i veri protagonisti di questa giornata.
BLOCCARE LA CITTA’ PER RIPARTIRE!
OLTRE IL 15 OTTOBRE
ACCAMPIAMO DIRITTI – LIBERIAMO ENERGIA – ACCENDIAMO SPERANZA
“A CASA NON SI TORNA”
Verso la mobilitazione europea del 1° Novembre contro il vertice G 20 del 2/3/4 Novembre a Cannes/Nizza
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L’articolo uscito su “il manifesto” del 9 ottobre
«Peoples of Europe, rise up!», uno spazio politico indipendente
«A casa non si torna». Il problema è organizzarsi per restare fuori. Il precedente c’è, sia in Italia (poco) che in altri paesi (soprattutto Stati uniti e Spagna), e diventa visibile sotto lo slogan «accampiamo diritti». Al Volturno – ex cinema romano occupato – si è svolta l’assemblea nazionale di quella parte di movimento che comincia a essere stanco della «solita sfilata» e che mostra qualche sofferenza in più – nel senso che si va allargando la cerchia dei «sofferenti» – dopo che la Questura di Roma ha di fatto imposto che il corteo del 15 si concluda a San Giovanni, senza nemmeno sfiorare quei «palazzi del potere» che invece tutti volevano inizialmente «assediare».
Un equivoco va subito spazzato via. Nonostante i riferimenti oscuri della polizia a «intercettazioni preoccupanti», qui nessuno ha in testa il clima degli anni ’70. Semmai quello di Madrid, Barcellona o New York di questi mesi. Perché, in fondo, se hai qualcosa da dire contro quello che ti stanno facendo, dovresti poterlo dire a chi quelle decisioni prende e nel luogo in cui (formalmente, almeno) le prende. Parlare a un muraglione distante tre chilometri, non è la stessa cosa…
Un esempio concreto viene con la proposta di consegnare a Mario Draghi, mercoledì 12, durante la cerimonia nella sede centrale di banca d’Italia cui parteciperà anche il presidente Giorgio Napolitano, una busta con su scritto «rispedita al mittente»; allusione esplicita alla «lettera della Bce» da lui firmata in coppia con Jean-Claude Trichet. Nulla di «sovversivo», insomma, ma almeno rivolto all’indirizzo giusto.
L’assemblea unisce molte «soggettività» con storie diverse (dagli studenti a un pezzo di Fiom, dai sindacati di base a «Roma bene comune», dagli occupanti di case ai «No tav», ecc. Il tratto comune è la volontà di «costruire uno spazio politico indipendente» dai partiti (quelli presenti attualmente in parlamento»; in particolare dal Pd e da quanti si muovono nella vecchia logica del «cartello elettorale antiberluscniano», che da quasi 20 anni porta a sacrificare i contenuti rispetto agli schieramenti.
Questa autonomia vuole rappresentarsi anche all’interno del corteo – che sarà comunque unitario, altro elemento di maturità da sottolineare – per dar voce ai conflitti sociali, ai movimenti, alle lotte per i beni comuni e contro le devastazioni ambientali». Il riferimento comune è «is not our debt, global revolution», uno slogan che campeggia anche sul sito internazionale per il 15 ottobre (United for global change). Mentre sugli striscioni verrà probabilmente richiamato l’altra parola d’ordine globale (Peoples of Europe, rise up!), che suona un tantino meno vaga del «cambiare l’Europa per cambiare l’Italia» scelto dalla maggioranza dei gruppi italiani che scenderanno in campo il 15. Una mappa di oltre 400 proteste in almeno 45 paesi, che dà il senso – come ai tempi di Seattle, ma sotto la sferza di una crisi che non sembra avere vie d’uscita – di una resistenza globale che chiede un radicale rovesciamento delle priorità del sistema economico.
Nei discorsi dal palco fioccano gli esempi e i riconoscimenti (agli studenti di Milano, che hanno «sigillato» Bankitalia e Moody’s). Così come gli inviti a considerare il 15 come una tappa di una lunga campagna, non come il punto d’arrivo di una mobilitazione. Con i dilemmi di ogni nuovo movimento: «evitare le fughe in avanti», ma anche «evitare che l’attesa del consolidamento del movimento produca invece rassegnazione». Perché il problema politico, alla fin fine, è chiaro: superare «la ritualità» dei cortei per promuovere «l’assedio dei palazzi del potere», ma senza fornire pretesti a chi vorrebbe affrontare il malessere sociale come un problema di puro ordine pubblico.
Roma, 8 ott. (Adnkronos) – Una «giornata europea contro le politiche anticrisi della Bce, della Fmi, dei governi»: basta questa denominazione, riferita al corteo in programma a Roma il 15 ottobre, a far alzare il livello di attenzione negli apparati di sicurezza incaricati di gestire la prevenzione e la ‘piazzà in occasione di una manifestazione che, complice il particolare momento di crisi economica, potrebbe essere più affollata e ‘sentità del previsto. E non si può escludere che il carattere internazionale affidato all’evento possa finire per far rievocare in piazza gli slogan e le modalità delle dinamiche di lotta alle multinazionali. Il timore, spiegano all’Adnkronos fonti della sicurezza, è che all’interno del corteo che da piazza della Repubblica porterà i manifestanti a piazza San Giovanni, possano infiltrarsi elementi o gruppi intenzionati a mettere in atto provocazioni o disordini. In questo senso, il pensiero non va tanto al corteo di ieri in varie città italiane, che ha avuto momenti di tensione ma si è svolto tutto sommato in maniera pacifica, quanto piuttosto alla grande manifestazione che poco meno di un anno fa, il 14 dicembre 2010, degenerò in violenti scontri e devastazioni mettendo letteralmente a ferro e fuoco la capitale. Gli organizzatori del corteo replicano sottolineando che al momento «non c’è alcun sentore» dell’arrivo di gruppi violenti e invitano a non creare allarmismi, considerando anche che cortei analoghi saranno organizzati in altri Paesi europei quindi si riduce di molto il rischio di eventuali infiltrazioni dall’estero di malintenzionati.
«Al momento la situazione è ancora molto fluida, c’è grande attenzione ma non si può ancora delineare quella che sarà la fisionomia dell’evento», spiegano fonti degli apparati di sicurezza. «Un gesto estemporaneo può finire per condizionare la piazza ed orientarla in un senso o nell’altro. Certo, il momento è particolare e la crisi economica può inasprire gli animi. Questo è un elemento che non va sottovalutato ed anzi va tenuto nella debita considerazione. Molto dipende anche dai numeri, da quanto il corteo sarà partecipato». Insomma, la vigilanza sarà massima e i monitoraggi sulla rete della galassia antagonista, già in atto da qualche giorno, saranno presumibilmente intensificati nelle prossime settimane. Replicano a stretto giro i promotori del corteo. Dal ‘Coordinamento 15 ottobrè si invita ad evitare, almeno in questa circostanza, «il solito copione volto a disincentivare la partecipazione» popolare alla manifestazione. Un tentativo, questo, «messo a segno da Genova in poi e ripetuto ogni qual volta si decide di scendere in piazza». Quanto al timore che alla manifestazione possano infiltrarsi black bloc o gruppi provenienti dall’estero, «ricordiamo che le mobilitazioni sono previste in tutta Europa, nel Mediterraneo e in altre regioni del mondo, dunque -viene rilevato- ognuno manifesterà a casa propria». Sono al momento 210 le iniziative già in programma in vari Paesi europei per il 15 ottobre.
Obiettivo dell’appello internazionale lanciato in occasione del 15 ottobre è scendere in piazza per gridare il proprio no «alla distruzione dei diritti, dei beni comuni, del lavoro e della democrazia causata dalle politiche anticrisi, che difendono i profitti e la speculazione finanziaria». «Sono già centinaia -rilevano i promotori- le organizzazioni nazionali e locali, le reti, i movimenti che stanno preparando la loro partecipazione al grande, plurale, pacifico corteo che nel pomeriggio del 15 attraverserà le vie della Capitale, prima tappa di un percorso di mobilitazione che continuerà anche dopo quella giornata». Il corteo attraverserà il centro di Roma. La manifestazione partirà alle 14 da piazza della Repubblica e, dopo aver attraversato via Cavour, Largo Corrado Ricci, via Dei Fori Imperiali, piazza del Colosseo, via Labicana, via Manzoni, via Emanuele Filiberto, raggiungerà piazza San Giovanni.
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