Oltre alle invocazioni alla repressione, in queste ore dopo gli scontri di ieri a Roma, vanno rilevate anche dichiarazioni che, in un modo o nell’altro, tentano di negare qualsiasi carattere di classe o antagonista alle manifestazioni di protesta contro le manovre antipopolari dettate dalle istituzioni europee e tentano di ridurle alla più rassicurante dimensione del “disagio giovanile”.
Se è vero che a occhio l’età media degli incappucciati che hanno messo a ferro e fuoco le strade di Roma sembra bassa, ridurla ad un fisiologico problema giovanile è quantomeno una “paraculata”.
“Se siamo arrabbiati noi per la crisi, figuriamoci loro che sono giovani che hanno venti o trent’anni e che sono senza prospettive. Se la prendono con la finanza come capro espiatorio” ha dichiarato il furto Governatore della Bce, Mario Draghi ai margini del G20 di Parigi , a proposito del movimento che per criticare gli eccessi della finanza internazionale si è autobattezzato dei “Draghi ribelli”. “Ma li capisco: hanno aspettato tanto. Noi, alla loro età non lo abbiamo fatto”.
Sanno essere anche comprensivi i responsabili delle lacrime e sangue che vengono imposte dai loro diktat e Mario Draghi ha messo la sua firma in calce ad uno di questi. Ma non è il solo. Anche Eugenio Scalfari, uno dei patron del gruppo editoriale/finanziario De Benedetti-Epresso- Caracciolo in competizione da venti anni con il gruppo editoriale/finanziario Fininvest, oggi manda a dire nell’editoriale del suo giornale che i ragazzi hanno buone idee ma che sono utopistiche, ragione per cui è meglio lasciar perdere se non si vuole divenire “vecchi e tardi”. Insomma assistiamo a diversi pat pat sulle spalle che ricordano anche quello del presidente Napolitano il 22 dicembre scorso, una settimana dopo le manifestazioni e gli scontri tra studenti e polizia del 14 dicembre mentre Berlusconi raccoglieva l’ennesima fiducia in Parlamento.
Comprensione per le proteste dei giovani sono venute anche da Fini e Montezemolo. Tutti a dire che i giovani hanno ottime ragioni per protestare ma che non devono fare casino. A costoro sfuggono almeno un paio di particolari:
- Hanno eliminato dallo scenario politico… la politica stessa. Hanno in sostanza eliminato qualsiasi possibilità di mediazione in nome della dittatura dell’economia e dei diktat della Bce e delle istituzioni finanziarie. Sui numeri, sui tagli, sugli interessi da pagare sul debito, sulla destinazione delle risorse ai bilanci delle banche sottraendoli a sanità, scuola, lavoro, salari, servizi etc. non c’è più né ammettono mediazione. A tale scopo hanno conformato anche i sistemi politici imponendo il maggioritario, il bipolarismo, la riduzione della rappresentanza, il dogma della governabilità a tutti i costi. Per cui disporre di buone ragioni non basta più per invertire l’ordine delle priorità
- In piazza a Roma, nella enorme manifestazione del 15 Ottobre, non c’erano solo i ragazzi. C’erano anche le loro madri e i loro padri oggi colpiti delle manovre antisociali due volte: come lavoratrici e lavoratori e come adulti sempre più impossibilitati a fungere da “mediatori” attraverso il welfare familiare che ha continuato ad assicurare tra mille sacrifici reddito, abitazione, istruzione ai loro figli.
I padroni e i banchieri hanno sempre lo stesso difetto. Gli sembra quasi naturale che se viene a mancare il pane si possa ricorrere tranquillamente alle brioche. Qualora esse non siano disponibili si ricorra alla gendarmeria. Ma gli autori di questa tesi prima o poi hanno spesso perso la testa.
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