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Cosa ci aspetta. Contro quale manovra dobbiamo lottare

Il governo ha promesso all’Europa le nostre lacrime e il nostro sangue. Napolitano ha garantito che “qualunque governo” farà lo stesso. L’opposizione parlamentare, in attesa di subentrare magari dalla porta di servizio del “governo tecnico” evidenzia sia entusiasmi vampireschi (Casini, Rutelli, Enrico Letta), sia prudenti silenzi (Bersani, Di Pietro), sia infine imbarazzanti incomprensioni (Vendola, Diliberto). C’è insomma chi continua a giocare col “dalemone” elettorale, senza nemmeno aver capito che – se non c’è più la “sovranità di bilancio” – stare al governo significa eseguire ordini altrui.

Sarà bene dunque approfondire i dettagli, chiarendo bene che il Consiglio europeo ha chiesto all’Italia – qualunque sia il governo – di anticipare a dicembre la norma sulla “libertà di licenziamento”.

Una guida ragionata, attraverso gli articoli di oggi, su cosa ci aspetta.

Come si vede dal puntigioso elenco scadenzato, questa non è una semplice “manovra economica”. E’ una ristrutturazione dell’intera società secondo una scala di interessi prevalenti totalmente diversa. Si passa dal “compromesso tra i produttori” (imprese e lavoratori, in una prospettiva di crescita economica di lungo periodo, ne traggono entrambe vantaggio, sia pure in misura differente; “stato sociale” e welfare sono figli legittimi di questo compromesso che non è affatto “socialdemocratico”, visto che si è realizzato anche in regimi politici del tutto diversi; come peraltro è stato per “l’intervento statale nell’economia”) all’anglosassone “compromesso tra i proprietari” (industriali, finanzieri, grandi proprietari).

Ma ci si passa in condizioni di crisi. Quindi la salvaguardia degli interessi proprietari avviene a scapito della maggioranza delle popolazioni occidentali. In altre parole: salta ogni possibilità di “riformismo” e di “consociativismo”. Checché speri la Camusso…

La_lettera_del_governo_italiano_al_Consiglio_europeo.doc

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da “il manifesto” del 28 ottobre 2011

«Sotto tiro c’è la giusta causa»
Si potrebbe scrivere a Barroso, «Signor Presidente, le stannno raccontando balle… Lei deve sapere la verità»

Francesco Piccioni
Se si parla di licenziamenti, il pensiero corre a Pier Giovanni Alleva, decano degli avvocati del lavoro italiani, una vita nell’ufficio giuridico della Cgil, sempre nei tribunali a difendere lavoratori, senza guardare alla tessera sindacale in tasca.
Dicono: «licenziamenti semplificati». Cosa significa nella legislazione attuale?
Questa cosa lascia sbigottiti. Sui licenziamenti «per motivo economico-produttivo»già oggi abbiamo una piena libertà. Senz’altro quando siano determinati da una comprovabile crisi aziendale. Paradossalmente, una legge che dicesse «sono possibili licenziamenti individuali e collettivi quando l’impresa ha una crisi comprovabile» la firmerei subito.
Perché?
La legislazione liberista è andata molto più in là, fino a dire che per «motivo economico» si deve intendere «qualsiasi motivo di maggiore redditività». Anche licenziare due persone per spremere di più i cinque che restano è – secondo quella giurisprudenza – un «motivo giustificato».
Un discorso falso… Ma perché lo fanno?
Per ingannare l’opinione pubblica, penso. Vogliono far passare l’idea che in Italia un’impresa in difficoltà non possa licenziare. Il che è contrario al buon senso: tutti sanno che è possibile, ma poi ci vogliono gli ammortizzatori sociali. All’ultimo momento, come hanno fatto spesso, cambiano le carte in tavola e attaccano l’art. 18 tout court. Su questo mi sono confrontato molte volte con Ichino. «Se siamo d’accordo che sul licenziamento individuale la reintegra (da parte del giudice, ndr) è adeguata, perché se non c’è il ‘peccato’ non ci può essere la ‘punizione’, perché insisti?» Mi ha sempre risposto «perché sono licenziamenti per motivo oggettivo». In realtà è un inganno mediatico. Fanno vedere una proposta razionale per fare invece tutt’altro.
E’ l’unica possibilità?
Che vogliano eliminare – nei licenziamenti collettivi – i «criteri sindacali di scelta». Se 100 vanno licenziati, si tratta di capire le priorità (prima quelli con minor carico familiare, con minore anzianità, ecc). L’unica barricata che funziona è proprio questa; quindi potrebbero cercare di intervenire su questo punto. Oppure che «motivo economico» sia niente altro che un’etichetta insindacabile, per far passare cone «oggettivo» un licenziamento punitivo.
Un’autocertificazione aziendale…
Sì, ma di questo la giurisprudenza si è occupata spesso. Una volta i licenziamenti collettivi per «motivo oggettivo» non erano coperti dall’art. 18. E i padroni magari ne licenziavano sei con questa «giustificazione collettiva», anche senza nessuna crisi in atto. Ma i giudici hanno sempre sanzionato questa pratica applicando l’art. 18. Ma l’ipotesi principale, per me, è la prima. Vogliono di nuovo attaccare il 18, rendendo difficile distinguere quando è «motivo oggettivo» e quando no, così resta solo il risarcimento di un anno e mezzo o due.
Lo ripeteva ieri Ichino…
Lo dice da sempre. Per loro la «dignità» non significa nulla. Hanno una visione mercificata dei rapporti di lavoro, di supremazia e ricatto. E quindi hanno bisogno della licenziabilità ad usum. Il risarcimento, se il lavoratore non vuole tornare in azienda, c’è già adesso.
Ora tutti stanno reagendo…
Mi hanno meravigliato – positivamente – Cisl e Uil. Credo che il tentativo di mistificazione sia perciò fallito. Tutti hanno pensato «stanno mentendo». Dietro quella lettera c’è gente come Sacconi, Tiraboschi, Cazzola, Brunetta e altri.. Non sanno che il licenziamento economico in Italia è già liberalizzato? È un inganno mediatico. Stop.
Ma l’Europa chiede addirittura di anticipare a dicembre una legge così…
Ho l’impressione di una cosa guidata. L’Europa non può non sapere. O sa che si sta parlando dell’art. 18 (e allora…), oppure è disinformata. Qualcuno, magari un parlamentare europeo, dovrebbe scrivere a Barroso o chi per lui una lettera che dice «Signor presidente, lei deve sapere la verità. Le stanno raccontando delle balle…» Ma non ci possiamo far prendere in giro.
Dicono che compenseranno con la «riduzione degli abusi sui contratti atipici»…
È una balla. Se vogliono, la possono fare con quattro norme a costo zero. Anagrafe pubblica del lavoro, accessibile a chiunque: l’azione di trasformazione di un contratto va resa nota anche al sindacato, oltre che al lavoratore; gli ispettori del lavoro devono avere il potere di fare anche loro questa «trasformazione». Quarto, se il contratto è trasformato per via giudiziaria o amministrativa in «tempo indeterminato», si applica sempre l’art. 18. Voglio vedere chi poi continua ad «abusare» dei precari…
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Le riforme promesse da Berlusconi all’Europa: punto per punto stato dell’arte e ostacoli da superare

di Celestina Dominelli

L’Europa ha già fatto capire che terrà d’occhio il nostro Paese monitorando passo passo l’attuazione delle misure enunciate nella lettera presentata mercoledì ai vertici Ue. E il Governo di Silvio Berlusconi è chiamato a dimostrare che le riforme promesse a Bruxelles non sono un «libro dei sogni». Ecco allora, punto per punto, una rassegna rapida di ciò che è stato fatto ma soprattutto di cosa resta da fare.

Architettura dello Stato
Di già realizzato c’è poco o nulla in questo capitolo visto che gli obiettivi sono tutti collegati all’approvazione di appositi ddl costituzionali, i cui tempi, data la doppia lettura delle Camere, non si annunciano certo brevi. Il provvedimento dal cammino più avanzato è quello relativo alla modifica dell’elettorato attivo e passivo per l’elezione al Parlamento (già approvato in prima lettura alla Camera), mentre per i Ddl di riforma complessiva dell’architettura statale (riduzione dei parlamentari, abolizione delle province, e riassetto in senso federale) sono ancora all’inizio del percorso parlamentare. Sul fronte della riforma dell’articolo 41 della Costituzione (la libertà d’impresa), l’esame in aula alla Camera è iniziato il 18 ottobre ma, dopo una serie di voti in bilico per la maggioranza, è stato rinviato a fine novembre (dunque l’approvazione non è in corso come scritto nella missiva). Ultimo tassello: il pareggio di bilancio da inserire nella Carta. Il Ddl è in commissione, ma anche qui tempi saranno lunghi visto il complesso meccanismo che disciplina l’approvazione dei disegni di leggge di modifica della costituzione.

Concorrenza e liberalizzazioni
Nella lettera inviata ai vertici Ue, il Governo snocciola l’elenco degli strumenti legislativi che sono già stati approntati per potenziare l’apertura di alcuni settori, degli ordini professionali e dei servizi pubblici locali. Nel decreto 98/2011 è già stata prevista la razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti e la liberalizzazione in via sperimentale degli orari dei negozi. Mentre, nel settore del gas, l’esecutivo rinvia alla prossima pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei regolamenti che disciplinano le gare per l’affidamento della distribuzione del gas in ambiti territoriali più ampi dei comuni. Altre misure sulle liberalizzazioni sono state poi previste nella manovra di ferragosto, ma le imprese e l’Europa rivendicano un’accelerazione. Che, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrebbe trovare spazio nel Dl sviluppo, la cui tempistica non è chiarita nella missiva e che è oggetto di una fortissima contrapposizione in seno alla maggioranza tra il Pdl e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.

Fisco
I tempi per l’attuazione della delega fiscale e assistenziale sono nero su bianco (30 gennaio 2012) e anche gli obiettivi pesantissimi (20 miliardi tra il 2012 e il 2013 e altri 20 a decorrere dal 2014). Ma l’attuazione non appare semplicissima se è vero che lo stesso esecutivo ha già previsto una clausola di salvaguardia in caso di mancato rispetto dei tempi: taglio lineare delle agevolazioni fiscali del 5% per il 2012 e del 20% a partire dal 2013, oltre che un eventuale aumento – seppure parziale – delle aliquote delle imposte dirette, accisa inclusa. Uno scenario molto complesso e che potrebbe, laddove scattasse la clausola di salvaguardia, scatenare nuove tensioni sociali visto che l’accetta del taglio investe settori sensibili come pensioni (reversibilità e invalidità) e assistenza (dalle indennità di accompagnamento agli assegni familiari).

Giustizia
Per migliorare l’efficienza della macchina giudiziaria, l’esecutivo punta alla costituzione di un gruppo tecnico presso il ministero della Giustizia per individuare situazioni a forte incidenza di litigiosità – ma la tempistica non è precisata – e proporre specifiche ricette e si impegna a completare, entro il 30 aprile 2012, il progetto per la completa digitalizzazione delle statistiche civili e fallimentari, la cui realizzazione sta andando avanti e potrebbe rispettare la scadenza rispettata nella missiva.

Imprese
Il capitolo sostegno all’imprenditorialità e all’innovazione ruota soprattutto attorno all’approvazione dello Statuto delle imprese che oggi ha ottenuto il via libera della commissione Attività produttive della Camera e che approderà in aula mercoledì prossimo. Il traguardo sembrerebbe dunque vicino e il timing fissato nella missiva (fine 2011) potrebbe essere rispettato. Ma sui lavori parlamentari pesa la grande incognita dei numeri che, malgrado i 51 voti di fiducia superati dal Governo Berlusconi, continuano a essere ballerini. Non c’è quindi alcuna garanzia che mercoledì prossimo, la maggioranza riesca a spingere lo Statuto delle imprese verso il sì definitivo. E, se anche ci riuscisse, resta il problema dei ritardati pagamenti e del recepimento della direttiva Ue che sanziona gli Stati in caso di inadempienze e fissa tempi certi per il saldo. Lo statuto delle imprese prevede una delega al Governo per l’attuazione delle misure europee entro un anno. Ma la Ragioneria generale ha messo in guardia sugli effetti negativi per le finanze statali in caso di adozione delle nuove regole. La commissione Bilancio ha chiesto di stralciare il recepimento (stessa richiesta è stata avanzata anche per il Ddl comunitaria), con il risultato le imprese potrebbero di fatto non riuscire a recuperare le somme vantate nei confronti della Pa anche se lo Statuto andasse in porto. Per quanto riguarda, poi, il capitolo della semplificazione nei rapporti con la Pa, gli impegni sono tanti, ma al momento, a parte gli annunci riguardanti il Dl sviluppo, la traduzione operativa delle misure promesse alle imprese è praticamente ferma.

Infrastrutture
Il capitolo su infrastrutture ed edilizia si muove attorno all’elenco delle misure già fissate nella Tremonti-infrastrutture il cui obiettivo, tra l’altro, è rilanciare le grandi opere, sostituendo i contributi pubblici diretti con incentivi fiscali su Irap e Ires per i privati che decidano di investire nei lavori pubblici, ma anche semplificare e velocizzare le procedure di approvazione dei progetti da parte del Cipe e suddividere gli appalti in lotti funzionali per garantire alle pmi un accesso facilitato. Una road map che non ha mancato di provocare screzi in seno alla stessa maggioranza e che dovrebbe comunque entrare in quel Dl sviluppo ancora in alto mare.

Lavoro
Viste le proteste di sindacati e opposizione, è il capitolo senza dubbio più complicato soprattutto nella parte che prevede licenziamenti più facili per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato. Sull’ipotesi di modificare la disciplina esistente, si annuncia quindi uno scontro fortissimo con Cgil, Cisl e Uil pronti allo sciopero generale se non saranno coinvolte le parti sociali: insomma il nuovo tentativo di rivisitare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori potrebbe avere tempi molto più lunghi rispetto a quelli prospettati dall’esecutivo (maggio 2012). Ne sa qualcosa Roberto Maroni che, nel 2011, in qualità di ministro del Lavoro, provò a ridurre alcune delle tutele previste dall’articolo 18 con un Ddl ad hoc ma, dopo mesi di tensioni, i sindacati ebbero la meglio e il progetto naufragò.

Privatizzazioni e dismissioni
L’obiettivo è ambizioso: definire entro il 30 novembre un piano di dismissioni e valorizzazioni del patrimonio pubblico che assicuri 15 miliardi di euro di proventi nei prossimi tre anni. Non ci sono molti dettagli, ma solo la previsione del coinvolgimento degli enti locali che dovranno dire cosa intendono privatizzare tra le aziende da essi controllate. Impresa, quella delle privatizzazioni locali, non semplice e che già in passato è naufragata. Senza contare le difficoltà legate all’altro tassello: le dismissioni del patrimonio immobiliare. Operazioni simili sono già state tentate in passato (si ricordino le famose “Scip”) ma quasi mai i risultati hanno rispettato le aspettative iniziali.

Pubblica amministrazione
Il Governo affida molte delle sue speranze di rendere più efficiente e trasparente la macchina dello Stato al completamento della riforma Brunetta della pubblica amministrazione, in particolare al rafforzamento del ruolo della commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (istituita nel dicembre 2009). Le cui competenze saranno integrate con il disegno di legge sull’anticorruzione già approvato dal Senato e ora all’esame della Camera. La maggioranza ha respinto tutti gli emendamenti agli articoli 8 e 9 (delega sui requisiti di ineleggibilità e pene) con l’obiettivo di arrivare in aula entro la fine di novembre. Anche in questo caso, però, non vi sono garanzie sui tempi di approvazione definitiva del provvedimento viste le incertezze sui numeri in aula. Quanto al capitolo sulla mobilità, la vera novità su cui l’esecutivo dovrà esercitarsi è il «superamento delle dotazioni organiche» – la cui tempistica non è però precisata nella missiva – mentre gli altri due tasselli (mobilità obbligatoria e cig per i travet) sono già previsti ma vanno rispolverati e resi operativi.

Scuola e università
Degli impegni che investono il ministero guidato da Mariastella Gelmini, la prima vera scadenza riguarda la riforma universitaria. Secondo quanto si legge nella missiva, i provvedimenti attuativi saranno approvati entro la fine del 2011. Al momento, dei 38 documenti necessari per rendere operativo il riassetto che ha visto scendere in piazza gli studenti di tutta Italia, meno di un terzo è già stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, il resto non ha ancora tagliato il traguardo: alcuni sono già stati firmati dal ministro e sono in attesa di pubblicazione, altri attendono il via della Corte dei conti (che ne giudica la copertura finanziaria), e altri ancora richiedono un iter più lungo visto che si tratta di decreti legislativi. Quanto al resto – accountability delle singole scuole e ampliamento dell’autonomia finanziaria degli atenei – la scadenza è più lunga e c’è ancora da fare.

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Data per data ecco le riforme che l’Italia dovrà fare

di Celestina Dominelli


Licenziamenti più facili nei casi di crisi aziendale, dal 2026 donne e uomini in pensione a 67 anni, piano di dismissioni del patrimonio pubblico entro il 30 novembre 2011. E ancora, mobilità obbligatoria nella pubblica amministrazione e via libera alla delega fiscale entro il 31 gennaio 2012. Sono solo alcuni degli impegni contenuti nella lettera presentata ieri dal Governo di Silvio Berlusconi per rassicurare l’Europa. Ecco il calendario, mese per mese, delle riforme promesse a Bruxelles.

Entro novembre 2011

15 novembre
Eurosud: è la prima vera scadenza fissata nella missiva inviata ieri dall’Italia ai vertici Ue e riguarda la definizione del piano di crescita. In realtà, se si scandaglia meglio il documento dell’Esecutivo, si scopre che il primo appuntamento è legato alla messa a punto di un piano di azione che consenta di utilizzare pienamente i fondi strutturali «per migliorarne l’uso e ridefinirne le priorità in stretta collaborazione con la comissione europea». In sostanza, il Governo dovrà procedere alla revisione strategica dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 in modo da concentrare le risorse su crescita e competitività del Paese, in particolare sul potenziale non utilizzato al Mezzogiorno. Per intenderci, quello che il ministro Giulio Tremonti ha definito in modo evocativo “Eurosud”.

30 novembre
Dismissioni: l’obiettivo del Governo è varare un piano di dismissioni e valorizzazioni del patrimonio per almeno 5 miliardi di euro di proventi all’anno nel prossimo triennio. Gli enti territoriali dovranno definire con la massima urgenza un programma di privatizzazione delle aziende da essi controllate. I proventi serviranno a ridurre il debito o a realizzare progettti di investimento locali.


Entro il 31 dicembre 2011

a) Spending review: l’esecutivo si impegna a definire un programma di riorganizzazione della spesa pubblica per arrivare ad attuare i primi interventi già dal 1° gennaio 2012. I capitoli su cui si focalizzeranno gli interventi sono i seguenti: integrazione operativa delle agenzie fiscali; razionalizzazione delle strutture periferiche dello Stato e degli enti previdenziali; coordinamento delle attività delle forze dell’ordine; razionalizzazione dell’organizzazione giudiziaria e riorganizzazione della rete consolare e diplomatica.

b) Debito pubblico: entro la fine dell’anno il Governo affiderà l’elaborazione di un piano organico per l’abbattimento del debito a una commissione ristretta di personalità di prestigio in collaborazione con enti territoriali e principali istituzioni economiche e finanziarie nazionali e internazionali.

c) Infrastrutture e project financing: oltre agli investimenti già concordati con i concessionari, il Governo solleciterà la maggiore partecipazione degli investitori privati, con la definizione di standard contrattuali che facilitino il ricorso al project financing. Saranno individuate nelle prossime 10 settimane anche le opere cantierabili beneficiarie di sgravi Irap e Ires. Garantita la suddivisione degli appalti in lotti funzionali per garantire alle pmi un accesso facilitato e si prevede lo sblocco, tra l’altro, degli investimenti privati per i contratti di programma dei maggiori aeroporti oltre che l’ottimizzazione nelle gestioni di impianti portuali. Inoltre, lo Stato si impegna a predisporre una garanzia “reale” per i mutui prima casa di giovanne coppie prive di contratto di lavoro a tempo indeterminato.

d) Imprese: il Governo prevede di utilizzare la leva fiscale per agevolare la capitalizzazione delle aziende con meccanismi di deducibilità del rendimento del capitale di rischio.Verranno potenziati gli schemi a partecipazione pubblica di venture capital e private equity, rafforzando la concorrenza. L’esecutivo si impegna poi a trasformare le aree di crisi in aree di sviluppo – rendendo più semplice la procedura per definire i programmi di rilancio – e prevede, nell’ottica di garantire liquidità alle imprese, un sistema di certificazione di debiti delle pubbliche amministrazioni locali nei confronti delle imprese in modo da consentire lo sconto e il successivo pagamento da parte delle banche.

e) Occupazione giovanile e femminile: per potenziare l’impiego di donne e giovani l’esecutivo si impegna a promuovere contratti di apprendistato, rapporti di lavoro a tempo parziale e contratti di inserimento femminile oltre che il credito d’imposta per le imprese che assumono nelle aree più svantaggiate.

f) Riforma universitaria: il Governo è intenzionato ad approvare tutti i provvedimenti attuativi della riforma universitaria entro la fine dell’anno. Sempre, restando al settore dell’istruzione, si punta ad accrescere l’accountability delle scuole definendo per l’anno scolastico 2012-2013 un programma di ristrutturazione per quelle con risultati insoddisfacenti, valorizzando il ruolo dei docenti e introducendo un nuovo sistema di selezione e reclutamento. Per le Università si lavorerà invece ad accrescere la quota di finanziamento legate alle valutazioni avviate dall’Anvur e si accresceranno i margini di manovra nella fissazione delle rette di iscrizione. Obiettivo: destinare una parte rilevante dei fondi a beneficio degli studenti meno abbienti. È inoltre previsto anche uno schema nazionale dei prestiti d’onore.


31 gennaio 2012
Delega fiscale e assistenziale:
il Parlamento approverà il provvedimento entro questa data, mentre entro la fine dell’anno arriveranno i decreti attuativi. A ogni modo, ricorda la lettera inviata ai vertici Ue, in caso di ritardo nell’attuazione della delega oltre il 30 settembre 2012, le agevolazioni fiscali saranno ridotte del 5% per il 2012 e del 20% a partire dal 2013. Se tale scadenza non sarà rispettata o le nuove disposizioni non saranno in grado di garantire un sufficiente effetto positivo sul defici (almeno 4 miliardi nel 2012, 6 mld nel 2013 e 20 mld a partire dal 2014), si avrà comunque una riduzione automatica delle agevolazioni che assicurerà comunque gli obiettivi di risparmio.

1 marzo 2012

Concorrenza nei mercati, nelle professioni e nei servizi pubblici locali: il Governo è intenzionato a a rafforzare gli strumenti di intervento dell’Antitrust per prevenire le contraddizioni tra la promozione della concorrenza e le disposizioni regionali e locali. Sarà poi generalizzata la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali in accordo con gli enti territoriali. Molte delle misure finalizzate a potenziare la concorrenza nel mercato dei carburanti e delle assicurazioni sono state inserite in una Pdl di iniziativa parlamentare approvata dalla Camera e ora all’esame del Senato. L’esecutivo si impegna poi a completare la liberalizzazione degli ordini professionali e a rafforzare la concorrenza nei servizi pubblici locali. Lo strumento sarà il Dl sviluppo, la cui tempistica al momento è però incerta.

30 aprile
a) Semplificazione normativa e amministrativa:
l’esecutivo si impegna anche a incentivare la costituzione di “zone a burocrazia zero” in via sperimentale per tutto il 2013. Inoltre i rapporti con la Pa diverranno più snelli grazie alla completa sostituzione dei certificati con le autocertificazioni, mentre le certificazioni rilasciate dalla Pa resteranno valide solo nei rapporti tra privati. Il Governo è poi intenzionato a rivedere la regolamentazione settoriale, semplificando i procedimenti e monitorandone gli effetti.
b) Giustizia più efficiente:
il Governo è pronto a proseguire sulla strada del rafforzamento del contrasto della litigiosità e della prevenzione del contenzioso e si impegna a completare la creazione, presso il ministero della Giustizia, di una banca dati centralizzata per le statistiche civili e fallimentari. Altro obiettivo è quello della riduzione della durata delle controversie (-20% in tre anni) e del rafforzamento dei meccanismi incentivanti per gli uffici virtuosi.

30 aprile-31 dicembre
Riforma costituzionale dello Stato e pareggio di bilancio:
entro i prossimi 6-12 mesi l’esecutivo si impegna ad approvare in prima lettura i Ddl su: modifica dell’elettorato attivo e passivo per l’elezione al Parlamento nazionale; riduzione del numero dei parlamentari; abolizione delle province. Quando entrerà in vigore la legge costituzionale sull’abolizione delle province, è poi prevista l’approvazione di una normativa transitoria per il trasferimento del relativo personale a Regioni e Comuni. Sempre con la medesima scadenza, l’esecutivo intende procedere all’approvazione di un disegno di legge che riforma l’articolo 41 della Costituzione sulla libertà di iniziativa economica e sull’introduzione del pareggio di bilancio nella Carta.

31 maggio 2012

Licenziamenti e contratti parasubordinati: l’esecutivo si impegna ad approvare una riforma della legislazione del lavoro con l’obiettivo di favorire nuove assunzioni, anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato e condizioni più stringenti nell’uso dei contratti parasubordinati, oggi usati spesso in modo distorto.

31 dicembre 2012

Modernizzazione della pubblica amministrazione: per rendere più efficente e meno costosa la macchina della Pa sia a livello centrale che periferico, oltre al vigente blocco del turnover del personale, il Governo si impegna a rendere effettivi con meccanismi cogenti/sanzionatori la mobilità obbligatoria del personale; la cassa integrazione con conseguente riduzione del salario e del personale e il superamento delle dotazioni organiche.

Post scriptum 2026

Pensioni: il Governo ribadisce, ricordando gli effetti determinati da leggi varate l’anno scorso e quest’anno, il processo di innalzamento dell’età pensionabile. In particolare, grazie al meccanismo di aggancio dell’età pensionabile all’aspettativa di vita introdotto nel 2010, l’esecutivo prevede che il requisito anagrafico per il pensionamento di vecchiaia sarà di 67 anni per donne e uomini nel 2026. In realtà con «la finestra mobile» e con l’aggancio all’aspettativa di vita si arriverà a 67 anni già nel 2021.

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