«Penso che il Ponte sullo Stretto di Messina possa essere un ulteriore incubatore di sviluppo e di crescita per un’area di importanza strategica per tutto il paese». A pronunciare queste parole, il 20 ottobre 2009, era Mario Ciaccia, amministratore delegato e direttore generale di BIIS – Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo (gruppo Intesa Sanpaolo), neo-vicesuperministro dell’economia, delle infrastrutture e dei trasporti, accanto al collega Corrado Passera, ex consigliere delegato di Intesa Sanpaolo. L’occasione era di quelle che contano, un convegno promosso a Roma dalla banca di appartenenza su «Federalismo, infrastrutture e turismo per il rilancio del sistema Italia». Amore di lunga data quello per il padre di tutte le grandi opere nazionali. Da anni ormai, il viceministro (Grande ufficiale dell’Ordine al merito della repubblica italiana, presidente di sezione onorario della Corte dei Conti, nonché membro dei comitati direttivi dell’Istituto Affari Internazionali, dell’Associazione Civita e degli Amici dell’Accademia dei Lincei) celebra in ogni sede la sostenibilità del progetto di collegamento stabile nel mitico scenario di Scilla e Cariddi. Da presidente di Arcus (la società a capitale pubblico che avrebbe dovuto investire il 3% delle risorse della famigerata legge Obiettivo in iniziative culturali e artistiche nei territori investiti dai lavori per le megainfrastrutture), Ciaccia aveva programmato con l’Associazione Civita lo studio di «possibili connessioni e collegamenti per far divenire il Ponte di Messina una opportunità di sviluppo per il turismo e per i beni culturali della Sicilia e della Calabria».
Ponte sia dunque e ad ogni costo, ma non solo Ponte. Sotto la direzione di Ciaccia, la banca ha finanziato grandi progetti in Italia ed all’estero dal valore complessivo di oltre 30 miliardi di euro. «Abbiamo erogato finanziamenti all’Anas per la realizzazione della terza corsia del Grande Raccordo Anulare di Roma, per un importo di 390 milioni di euro; e del secondo lotto della Salerno-Reggio Calabria, per oltre 430 milioni di euro», ha aggiunto Ciaccia su Specchio Economico. «Siamo presenti nel Passante di Mestre con un investimento di 800 milioni di euro e abbiamo favorito la realizzazione di parcheggi in varie città per un importo di 130 milioni. Abbiamo attuato il collocamento e la sottoscrizione di parte dell’emissione obbligazionaria della ex società Infrastrutture Spa per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Milano-Napoli, per un importo di 320 milioni di euro. Siamo i consulenti per la realizzazione e gestione delle autostrade Brescia-Bergamo-Milano e delle Tangenziali esterne di Milano, rispettivamente per 1,6 e 1,4 miliardi di euro». Ciaccia non lo dice, ma Intesa Sanpaolo è anche azionista per il 39% di Autostrade lombarde, soggetto promotore della BreBeMi; inoltre controlla il 5% del capitale di Tem, a cui si aggiunge uno 0,25% di azioni in mano direttamente a BIIS. Inutile tentare di comprendere dove passi la demarcazione tra controllori e controllati, specie adesso che in Italia governano i conflitti d’interesse.
Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo è inoltre advisor dell’autostrada regionale Cremona-Mantova (project financing da 430 milioni) e della Pedemontana Veneta, l’autostrada che collegherà le province di Bergamo, Monza, Milano, Como e Varese. BIIS controlla il 6,03% della società di gestione della Pedemontana e contestualmente si occupa dell’arranging del debito, stimato in circa 3 miliardi di euro su un costo complessivo dell’opera di 4,7 miliardi. Nell’agosto 2010, la banca di Ciaccia ha poi concesso un credito di 15,7 milioni ad Invester, la finanziaria dell’imprenditore lombardo Rino Gambari, primo socio privato della Brescia-Padova, ricevendo in pegno le quote di proprietà della società autostradale. Della Serenissima, Intesa Sanpaolo detiene già il 6% del capitale attraverso la controllata Equiter.
BIIS è attiva nel settore ferroviario attraverso il controllo diretto di Cofergemi, la società che si occupa della linea ad alta velocità Genova-Milano. Inoltre controlla il 12% di Portocittà, la Spa che intende ristrutturare il porto di Trieste. In Liguria ha intrapreso una partnership con Regione e amministrazione comunale di Genova per lo sviluppo di grandi progetti come il Terzo Valico, la Gronda di Ponente ed il rafforzamento delle infrastrutture portuali locali (oltre 7 miliardi di investimenti). BIIS ha pure sottoscritto crediti per un miliardo di euro a favore delle imprese impegnate nei lavori della nuova Fiera di Milano ed è arranger di alcuni dei più discutibili programmi destinati alla Sicilia, come il «miglioramento dell’adozione idrica» di Siciliacque Spa (investimenti per 564 milioni) e la realizzazione dei termovalorizzatori da parte di un pool d’imprese a guida Falck (1,2 miliardi) e Sicil Power (450 milioni).
Altro importante settore d’intervento della banca di Ciaccia è la cosiddetta «cartolarizzazione dei crediti sanitari», attraverso l’emissione di obbligazioni costruite sui crediti vantati da aziende del settore nei confronti delle Regioni (in prima fila Abruzzo, Molise, Lazio, Campania e Sicilia). «Sempre nel campo delle cartolarizzazioni, la BIIS ha lanciato il 23 dicembre 2009 una maxi da 1,33 miliardi legata ad un portafoglio costituito da titoli obbligazionari emessi da enti locali italiani, mentre il 24 luglio 2009 ha realizzato l’attesa emissione da 3 miliardi di euro di obbligazioni bancarie garantite da crediti al settore pubblico», ricorda Gino Sturniolo della Rete No Ponte, autore di un saggio sulle speculazioni del capitale finanziario nostrano. «Si tratta di operazioni che approfittano della carenza di liquidità dell’ente pubblico per sostituirsi ad esso ipotecando il futuro». Ciaccia non nutre comunque alcun dubbio sul potere taumaturgico del dirottamento di massicce risorse pubbliche, specie se a favore delle grandi opere consacrate dalla legge Obiettivo. Il 3 febbraio 2010, intervenendo al convegno dell’Istituto latino-americano su «La cooperazione economica pubblico-privato», l’odierno viceministro l’ha sparata grossa: «Investendo 50 miliardi di euro l’anno così da coprire un fabbisogno infrastrutturale di 250 miliardi, il minimo per far fronte alla crisi economica ed energetica e riprendere lo sviluppo, si potrebbero ipotizzare nell’arco di un quinquennio circa 3,5 milioni di nuovi posti di lavoro». Tre volte e mezzo in più degli occupati promessi da Berlusconi, ma con dosi massicce di denaro pubblico che richiederebbero in un lustro chissà quante manovre finanziarie lacrime e sangue. La prima dell’era Monti-Passera-Ciaccia è già arrivata. Per le altre si dovrà attendere che passino le feste di Natale.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa