Qui il testo del decreto spiega che sarà eliminata integralmente per due anni la rivalutazione indicizzata (al Pil, non all’inflazione!) per utuue quelle che superano i 935 euro mensili. Per quelle da 467,50 in su, in ogni caso, il recupero monetario sarà solo del 50%.
In Commissione lavoro della Camera, ieri, hanno espresso un “parere” favorevole alla rivalutazione integrale per gli assegni fino a 1400 euro lordi. Grndi grida di giubilo dei partiti e grandi titoli dei giornali padronali: “pensioni salve!”.
Tutto falso. Le pensioni come sistema sono state e restano massacrate (auento dell’età oensionabile, contributivo per tutti, scalone di almeno tre anni per donne nel privato, criteri di rivalutazione dell’assegno pensionistico progressivamente più “tirchi” ecc). Le pensioni fino al doppio o al triplo del “minimo” (fino a 1.400 euro lordi, insomma) potrebbero invece essere indicizzate appieno (in quella misura micragnosa che si è detto: l’indicizzazione al Pil, nel 2011, è praticamente pari a zero mentre l’inflazione vola oltre il 3%), ma solo se si trovano i soldi da qualche altra parte. “A saldi invariati”, ha spiegato un viceministro – Michel Martone – piovuto da Marte al pari dei suoi colleghi. Altrimenti niente. Ma i media padronali hanno bisogno di “notizie positive e tranquillizanti”. Quindi e trasformano a seconda della bisogna. Come fanno quasi sempre…
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La realtà della situazione sulle “indicizzazioni”.
La Commissione lavoro della Camera ha espresso ieri parere favorevole alla manovra, chiedendo però di «valutare la possibilità di garantire una forma di copertura rispetto all’andamento del costo della vita anche ai trattamenti compresi tra due e tre volte il minimo». In pratica, di estendere il recupero dell’inflazione (parziale, perché agganciato al Pil non all’aumento dei prezzi reali) agli assegni pensionistici fino a 1.400 euro.
Come sappiamo, il testo del governo prevede un blocco totale per due anni dell’adeguamento per le pensioni superiori al «doppio del minimo», ovvero a 935 euro. Ma anche le pensioni da 467 a 935 euro subiscono una rivalutazione limitata al 50%. La formula proposta dalla Commissione «salverebbe» (parzialmente, è sempre bene ricordare) un’altra grossa fetta di pensionati «medi».
Il vice ministro del welfare, Michel Martone, ha accolto – non poteva far altro – il suggerimento. «Considero molto proficuo il lavoro svolto dalla Commissione; vedremo se riusciremo a modificare la norma a saldi invariati». In ogni caso, «Il governo prende atto delle proposte della commissione Lavoro e della responsabilità dimostrata nel ragionare a saldi invariati in un momento così difficile per il Paese». Il vincolo è stabilito in modo ragionieristicamente assoluto: «a saldi invariati». Come soluzione, la Commissione ha avanzato la sua modesta proposta: le risorse sostitutive del mancato gettito andrebbero reperite da «un incremento del contributo di solidarietà a carico delle pensioni più elevate (sia attraverso una revisione in aumento della quota di prelievo per quelle pari almeno a venti volte il minimo Inps, sia attraverso un abbassamento dell’importo delle pensioni a cui si applica il contributo) e/o mediante l’introduzione di un contributo di solidarietà sulle cosiddette baby pensioni».
La prima soluzione chiama in causa i titolari di assegno pensionistico superiore ai 9.350 euro; è socialmente affascinante, ma agisce su una platea troppo ristretta per assicurare «la copertura» necessaria. La seconda idea (colpire i baby-pensionati) presenta parecchi – e forse irrisolvibili – problemi giuridici: sono in quella posizione in virtù di una legge dello Stato, al pari dei «capitali scudati». Se si dice che per i secondi «non si può fare di più, senza toccare al tempo stesso tutti i conti deposito», non si capisce in base a quale criterio giuridico si possa agire nei loro confronti.
Basterà questa soluzione per convincere Monti a correggere – sia pure in dose così minima – la sua manovra? Non è detto, perché la «copertura» appare molto incerta. E qui stiamo parlando con i portatori di una «logica contabile», non con politici disponibili a «cercare la quadra» in qualche altro modo.
Tutti i partiti presenti in Commissione hanno votato a favore. Contraria soltanto la Lega, che giudica questo parere «troppo blando». Il partito bossiano sta lucidamente cercando di ricostruirsi una verginità politica; e dovrà farne molte, di queste sparate, per convincere il proprio elettorato deluso a confermargli – tra qualche mese o tra un anno e mezzo – una diffidente fiducia.
Nelle dichiarazioni pubbliche – il capogruppo in Commissione è l’ex sindacalista craxiano Giuliano Cazzola – anche il Pdl si sbraccia per far capire a tutti che voterà «sì» soltanto obtorto collo. Per «senso di responsabilità». Sul piano parlamentare, a sostenere davvero e fino in fondo il governo Monti, restano perciò Casini e il Pd. Che nel frattempo sta tagliando i ponti – si veda la reazione nei confronti dei distinguo dipietristi – con tutto ciò che si agita alla sua sinistra.
Stretta meno pesante su pensioni e Ici
di Marco Mobili e Marco Rogari
Salvataggio dalla deindicizzazione anche delle pensioni superiori alla soglia di 1.400 euro, equivalente a tre volte il “minimo”, e aumento dell’attuale franchigia di 200 euro legata all’Imu sulla prima casa almeno per le fasce di reddito più basse. Anche se non è del tutto esclusa l’ipotesi del rinvio di almeno un anno del prelievo sulla prima casa. È ormai a portata di mano l’accordo su un mini-pacchetto di modifiche al decreto sulla manovra “salva-Italia” abbozzato da Pd, Pdl e Terzo polo dopo le aperture arrivate dal Governo seppure con precisi paletti.
Dell’intesa potrebbe far parte anche l’alleggerimento delle penalizzazioni per chi sceglie la pensione anticipata (42 anni per gli uomini e 41 per le donne) con un’età inferiore ai 62 anni. Una richiesta in questo senso è arrivata dalla commissione Lavoro della Camera, che ieri ha approvato con schema bipartisan il suo parere al decreto chiedendo di elevare da 936 a 1.400 euro il tetto sotto il quale garantire ai pensionati l’adeguamento all’inflazione. A questa sollecitazione, con cui è stata subito colta l’apertura del ministro Elsa Fornero, ha mostrato «interesse» il viceministro del Lavoro, Michel Martone.
Ma perché la partita dei correttivi si possa chiudere con successo occorre sciogliere il nodo delle coperture. Gli stessi partiti sono consapevoli che il vincolo della salvaguardia dei saldi della manovra, posto dal premier Mario Monti, non può essere in nessun modo aggirato.
Con tutta probabilità la via d’uscita sulle coperture sarà trovata, d’intesa con il Governo, tra questa sera e domani. Al momento sono sul tappeto varie ipotesi. Per garantire gli 1,2 miliardi necessari a rafforzare gli adeguamenti degli assegni pensionistici si pensa all’innalzamento del prelievo del 1,5% sui capitali scudati e a un contributo di solidarietà sulle baby pensioni accompagnato da un rafforzamento di quello sulle pensioni d’oro da estendere anche al personale di organi costituzionali e Authority.
Quanto all’Ici, l’aumento (probabilmente a 400 euro) della detrazione di 200 euro potrebbe essere coperto con l’aumento dell’aliquota sulle abitazioni possedute oltre quella principale. A tentare di individuare forme alternative di copertura è uno dei relatori del provvedimento, Maurizio Leo (Pdl), che sta valutando la possibilità di poter rinviare di un anno l’Imu sulla prima casa, anche puntando a una copertura una tantum per far quadrare i saldi del decreto. Intanto da 73 parlamentari di Pdl, Io Sud e Terzo Polo arriva un appello a Monti contro la liberalizzazione dei farmaci. In ogni caso i ritocchi saranno limitati. Come ha detto l’altro relatore, Pier Paolo Baretta (Pd), l’obiettivo non è tanto confenzionare un maxi-correttivo ma un «mini-emendamento» (eventualmente “targato” Governo) che recepisca pochissime modifiche, «al massimo tre, per alzare il livello di equità della manovra». Il tutto senza dilatare i tempi del decreto, che ieri con la prima giornata di audizioni ha cominciato il suo cammino alla Camera.
Una questione, quest’ultima che, insieme a quella delle coperture, è stata affrontata ieri dallo stesso premier in un incontro con i presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, al quale ha partecipato anche il ministro Piero Giarda. La tabella di marcia è molto precisa: approvazione definitiva del Parlamento entro il 22, o al massimo il 23 dicembre, anche facendo eventualmente leva sulla fiducia, sollecitata dal Pdl e non osteggiata dal Pd. Su questo punto Monti non avrebbe ancora deciso. Dal premier sarebbe arrivata solo la richiesta di blindare la manovra: nessun ritardo e nessuno stravolgimento del testo. Le commissioni Bilancio e Finanze di Montecitorio tenteranno di chiudere l’esame del testo, arricchito di due-tre modifiche, già sabato e comunque non oltre lunedì. Martedì il decreto approderà in Aula dove dovrebbe ricevere il disco verde (e l’eventuale fiducia) al massimo giovedì per poi passare al Senato e ottenere l’ok finale prima di Natale.
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… e naturalmente Repubblica…
La Camera: “Perequazione fino a 1.400 euro”
“Perequazione fino a 1.400 euro”. E nelle ultime ore un primo spiraglio sulle richieste dei sindacati sembra essersi effettivamente aperto. La Commissione lavoro di Montecitorio ha dato oggi parere favorevole alla manovra ma chiede di garantire la perequazione automatica sulle pensioni fino a tre volte il minimo, ossia fino a 1.400 euro. “Per quanto riguarda la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici di cui all’articolo 24, comma 25 – sottolinea la Commissione – si valuti la possibilità di garantire una forma di copertura rispetto all’andamento del costo della vita anche ai trattamenti compresi tra due e tre volte il minimo”.
La copertura, secondo la Commissione, dovrebbe arrivare “mediante un incremento del contributo di solidarietà a carico delle pensioni più elevate (sia attraverso una revisione in aumento della quota di prelievo per quelle pari almeno a venti volte il minimo Inps, sia attraverso un abbassamento dell’importo delle pensioni a cui si applica il contributo) e/o mediante l’introduzione di un contributo di solidarietà sulle cosiddette ‘baby pensioni’, limitato all’importo superiore al minimo, e/o incrementando la percentuale di intervento sui cosiddetti ‘capitali scudati'”. Il parere è stato votato da tutti i gruppi tranne la Lega e potrebbe essere tradotto in un emendamento che dovrebbe essere presentato dal governo o dal relatore.
Il voto della Commissione arriva dopo il via libera del viceministro del Welfare Michel Martone, che in mattinata aveva spiegato: “Considero molto proficuo il lavoro svolto dalla Commissione, vedremo se riusciremo a modificare la norma a saldi invariati”. Poi, ha aggiunto: “Il governo prende atto delle proposte della commissione Lavoro e della responsabilità dimostrata nel ragionare a saldi invariati in un momento così difficile per il Paese”.
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