Si è parlato molto del neonazista Stefano Andrini: condannato a suo tempo per il tentato omicidio di due giovani di sinistra picchiati selvaggiamente nel 1989 insieme ad una squadraccia di naziskin, viene arrestato nuovamente nel 1994 nel corso di scontri con militanti di sinistra, dopo essersi avvicinato all’ex leader di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie, noto come “er Caccola” per la non imponente statura. Il cursus honorum di Delle Chiaie comprende la partecipazione alla fondazione di Ordine Nuovo ed un discreto curriculum al servizio di Pinochet ed altri gorilla latinoamericani degli anni 70 e 80, come sintetizza Wikipedia: “(Delle Chiaie) Ebbe coinvolgimenti con il regime di Augusto Pinochet in Cile, partecipando alla Guerra sporca e all’Operazione Condor per l’azzeramento dei dissidenti. Sempre in Sud America, aiutò il dittatore Luis García Meza Tejada a prendere il potere in Bolivia con un colpo di stato (1980). Il gruppo paramilitare che lì dirigeva assieme al neofascista Pierluigi Pagliai e al criminale nazista Klaus Barbie si autodefinì i fidanzati della morte e fu responsabile di numerosi omicidi e torture contro esponenti politici e cittadini. (…)”.
L’amico dei vecchi fidanzati della morte viene insediato nel 2009 sulla poltrona di amministratore delegato di Ama Servizi Ambientali, nonostante le proteste dell’opposizione, delle quali Alemanno non si cura e che, comunque, finiscono presto. Infatti, Andrini sarà costretto a dimettersi non a causa del suo torbido passato e delle flebili proteste dell’opposizione, ma per il suo coinvolgimento nella falsa candidatura di Nicola Di Girolamo, il senatore di proprietà di Gennaro Mokbel e delle famiglie della ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto. E il nome di Mokbel ricorre spesso, quando si parla del sistema di potere romano impostosi dopo l’elezione del sindaco in camicia nera.
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Secondo il giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi, che ha curato un’ottima inchiesta sulle poltrone conferite a fascisti e nazisti nella Roma di Alemanno, l’inchiesta su Mokbel ed il gigantesco giro di truffe ed altro che lo ha reso ospite delle patrie galere, non fa dormire sonni tranquilli al primo cittadino con la croce celtica al collo.
La magistratura, fra le molte altre cose, indica i rapporti di Mokbel con Antonio D’Inzillo, che Fittipaldi ricorda essere uno dei fondatori dei NAR, fondatore di Avanguardia Nazionale e, soprattutto, sodale della Banda della Magliana: il personaggio del “Nero” del film e della fiction “Romanzo criminale” è ispirato a lui. Della cricca di Mokbel fa parte anche un certo Silvio Fanella, che i magistrati considerano il cassiere della cricca stessa.
Nel luglio 2000, Fanella rileva il 50% delle quote della “Mondo Verde”, società fondata dall’attuale capo della segreteria di Alemanno, Antonio Lucarelli, e da due suoi cugini. In quella data, Antonio Lucarelli aveva già lasciato l’impresa, impegnato nel suo ruolo di portavoce dell’organizzazione di estrema destra Forza Nuova: è lui che gestisce le mobilitazioni contro il Gay Pride, arrivando a minacciare l’uso della forza per impedire fisicamente la manifestazione dei “froci”. Dopo pochi mesi, però – rivela l’Espresso – Fanella rivende le sue azioni ad “una ditta amministrata da tal Fabrizio Moro. Sarà un caso, ma Moro è un amico di Lucarelli. Sarà una coincidenza, ma per la Mondo Verde targata Moro lavorerà in alcuni progetti – come ha rivelato Repubblica – il cognato di Gennaro Mokbel”.
Moro gestirebbe oggi i “punti verdi qualità” in alcuni quartieri di Roma, fra i quali Nomentano e San Basilio. I “punti verdi qualità” sono terreni di proprietà comunale che vengono assegnati a privati a seguito dell’impegno ad attrezzarli a verde pubblico, con la possibilità di costruirvi installazioni finalizzate al loro utilizzo, quali bar, ristoranti, impianti sportivi, ecc. Altri due “punti verdi” (a Castel Giubileo ed a Forte Ardeatino) sarebbero poi controllati da tale Giancarlo Scarrozza. Chi è costui? E’ il marito di Lucia Mokbel, sorella di Gennaro, di cui è dunque il già citato cognato. Il cognato di Mokbel, dunque, dopo aver lavorato per la Mondo Verde della famiglia Lucarelli, condivide con Fabrizio Moro, l’amico di Lucarelli, la gestione dei “punti verdi qualità”. Pure coincidenze, naturalmente.
Un’altra vicenda che interessa il capo della segreteria di Alemanno presenta aspetti decisamente curiosi. Sin dagli anni 80, Antonio Lucarelli risulta locatario di alcuni terreni di proprietà di Propaganda Fide, situati sui due lati della Via Nomentana, poco all’interno del Grande Raccordo Anulare. Su questi terreni, sono stati edificati alcuni manufatti di grandi dimensioni, affittati poi ad una serie di attività commerciali, che ne avevano fatto una sorta di Auchan ante litteram, cioè un grosso centro commerciale dove si trovava di tutto, dagli elettrodomestici ai casalinghi, dagli articoli da campeggio all’arredamento, per una superficie coperta di migliaia di metri quadrati.
Il problema di Lucarelli era che quelle migliaia di metri quadri di manufatti, che dovrebbero garantire un’ottima rendita, sono tutti abusivi: lo rileva un oscuro geometra del Comune di Roma all’inizio degli anni 90, e da lì parte il relativo e farraginoso iter sanzionatorio, che – come spesso avviene a Roma – non produce alcuna iniziativa.
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Eppure, quegli abusi non possono essere sanati: un documento della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici datato maggio 1997 afferma perentoriamente la “non suscettibilità di sanatoria (…) per le opere abusive messe in essere nel tratto settentrionale della via Nomentana”. Quelle costruzioni non possono essere condonate, anzi vanno abbattute e si ipotizza il reato di cui agli artt. 733 e 734 del Codice Penale (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale e distruzione o deturpamento di bellezze naturali).
Ma non succede un bel niente. Il centro commerciale continua la sua attività, fino a quando – siamo ormai nel XXI secolo – avviene una cosa veramente degna di ammirazione.
LA MOSSA DEL CAVALLO
Nel suo romanzo storico “La mossa del cavallo”, Andrea Camilleri narra le vicende di Giovanni Bovara, un funzionario genovese di origine siciliana inviato dai “piemontesi” in Sicilia per imporre il rispetto della legge sui mulini, quella della famigerata “tassa sul macinato”. Individuato nella campagna un enorme mulino che macina illegalmente, Bovara invia i reali carabinieri per eseguirne il sequestro. Arrivati sul posto, i carabinieri constatano che non vi è alcun mulino, bensì un nudo terreno che alcuni contadini stanno arando e seminando. La mafia aveva provveduto a far smontare pezzo per pezzo il mulino, e il povero Bovara venne fatto passare per matto.
Un bel mattino, chi si recava per fare acquisti al centro commerciale di Via Nomentana, invece dei negozi e dei capannoni, si è trovato davanti la stessa scena dei reali carabinieri del povero Bovara, con la sola differenza che nessuno stava arando o seminando la spianata deserta dove sorgeva il centro commerciale. Ma cosa è successo? Come e perché sono spariti nel nulla migliaia di metri quadri di manufatti, per i quali, però, è tuttora pendente una richiesta di condono? Qualcuno parla di un incendio, ma i conti non tornano: quell’incendio, che avrebbe illuminato la notte nel raggio di chilometri, non lo ha visto nessuno. In un tale incendio, inoltre, insieme alle strutture sarebbe andata distrutta merce per milioni di euro: possibile che nessuno abbia visto gli autocarri che portavano via le tonnellate di rottami? E dove è stata smaltita tutta questa roba? Infine, last but not least, non si ha notizia di alcun intervento dei Vigili del Fuoco. Ancora oggi, chi vada a guardare con i suoi occhi non vedrà altro che un terreno abbandonato, malamente recintato, senza la minima traccia di bruciature.
E’ un mistero che non sembra appassionare nessuno, nemmeno i residenti della zona: c’è chi afferma di aver assistito ad un frettoloso ma ordinato smantellamento delle strutture e chi, semplicemente, allarga le braccia ed alza gli occhi verso il cielo. Sembra proprio una storia da Sicilia del XIX secolo o, se preferite, da America Latina. Ed è proprio l’America Latina il vecchio amore degli amici dei fidanzati della morte che popolano gli strati alti della torta di Alemanno. Ma l’inchiesta prosegue.
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