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La riforma di Fornero: “pagherete tutto voi”

L’incontro di ieri ha sollevato “incertezze” perfino nelle inossidabili facce di bronzo che guidano i tre sindacati “ufficiali”.

In pratica, visto che si è parlato soltanto di ammortizzatori sociali, Fornero ha spiegato che saranno aboliti. Non subito, altrimenti Marcegaglia piange, ma tra 18 mesi. Quando, il linea di fatto, questo governo non ci sarà pià e sarà stato eletto un altro Parlamento.

Per sostituirli, sempre Fornero pensa a un'”indennità di disoccupazione” a carattere universale, alimentata soltanto con i contributi dei lavoratori. Stato e imprese, infatti, pretendono di non metterci una lira.

La riforma di Fornero:titolo: «Pagherete tutto voi»

Il nuovo ammortizzatore sociale congegnato dal governo è un’«indennità su base assicurativa» che Stato e imprese non finanzieranno
Francesco Piccioni
Erano entrati con le migliori intenzioni di «far presto e bene». Sono usciti «con più interrogativi che certezze», dopo una discussione «molto faticosa». Per i sindacati (compresa Confindustria), l’incontro di ieri con il ministro Elsa Fornero e altri rappresentanti del governo è rimasto un rebus. Ma alcune cose si sono capite lo stesso.
Sul tavolo, ieri, al ministero del lavoro, c’erano gli ammortizzatori sociali. Da giorni al centro di segnali contrastanti («li cambiamo», «no, per ora no»), tengono con il fiato sospeso migliaia di imprese in crisi (tra cui la nostra) e un numero spropositato di dipendenti. Avere o no una «tutela», per entrambe le figure, è fondamentale per progettare il futuro. Apparentemente un punto di chiarezza è stato raggiunto: «la riforma degli ammortizzatori non potrà partire prima dell’autunno 2013», è la frase attribuita al ministro. Ben al di là della scadenza della legislatura. Motivo: siamo in recessione, non si può cambiare in corsa il sistema. Ma sono molti di più i punti allucinanti squadernati – per timidi accenni, senza uno straccio di documento «nero su bianco» – dal governo.
L’idea di «riforma» ha preso una forma molto più radicale delle attese. In pratica, Fornero parla di lasciare la sola cassa integrazione ordinaria (destinata alle sole «crisi temporanee» dovute a motivi eccezionali, come un’alluvione), mentre tutto il resto (cig straordinaria, in deroga, mobilità, ecc) verrebbe semplicemente abolito e sostituito da un’«indennità per disoccupazione involontaria». Un istituto tendenzialmente a carattere universale, esteso intanto ai settori del credito e del commercio, ma per i quale il governo ripete sempre: «non ci sono i soldi».
Due particolari aiutano a capire. Tutte le forme di «cassa» (tranne quella in deroga e la mobilità) sono co-finanziate da imprese e lavoratori. Lo stato mette la mano in tasca (all’Inps) solo negli altri due casi. Su questa misteriosa «indennità» Fornero è stata categorica: «è parte di una riforma che non potrà beneficiare di soldi pubblici». Altrettanto categorica Marcegaglia, presidente degli industriali: «non dovrà prevedere aumenti di costi per le imprese». Chi diavolo mai, dunque, dovrà finanziarla? Avete indovinato. Si parla di un «nuovo sussidio su base assicurativa». In pratica, nei periodi in cui lavori paghi una tassa supplementare per poter avere un (micro)sussidio quando sei a spasso.
Depurata delle frasi di circostanza, dunque, è qualcosa di indigeribile anche per stomaci forti come quello di Raffaele Bonanni, segretario della Cisl: «quello che vogliamo capire è che se il governo vuole una riforma o una controriforma; senza risorse tutto diventa più nebuloso». Idem per Susanna Camusso, pari grado nella Cgil che, pur premettendo di «non volersi alzare dal tavolo della trattativa», ha avvertito: «se vogliamoc ostruirse un sistema di ammortizzatori, servono risorse; se non ci sono, non ci sarà nessun accordo».
Problemi seri anche per l’accenno fatto al tema della «flessibilità in entrata», ovvero alla possibile drastica riduzione dei contratti atipici. Qui il governo e i sindacati sembrano meno lontani («rendere meno vantaggioso il lavoro precario», o aumentando la retribuzione minima obbligatoria o incentivando fiscalmente l’assunzione a tempo indeterminato»). Ma è Confindustria a dire di non voler sentir parlare di «costi maggiori per chi assume a tempo determinato», perché «questa è la flessibilità buona».
L’ultima coltellata ai lavoratori arriva con l’ipotesi, ventilata sempre da Fornero, di ridurre la «contribuzione figurativa» (quella pagata dall’Inps per i periodi di soccupazione o cig) «nello spirito del contributivo». Insomma: meno contributi per la pensione.
Naturalmente, il tutto nella chiave del «confronto». È vero, Monti – dalla location di Piazza Affari – ha ripetuto per la decima volta che «a marzo il governo presenterà al parlamento la riforma del mercato del lavoro, con o senza l’accordo con i sindacati: noi speriamo con, ma non possiamo consentire poteri di blocco troppo paralizzanti». Può farlo tranquillamente, perché come spiega Luigi Angeletti – segretario generale della Uil – «sarebbe curioso che il governo dicesse che governa solo col consenso dei sindacati». Barricadiero…
da “il manifesto”

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