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Monti prova a comprarsi la Val Susa. Il 23 marzo sciopero generale

Lo aveva già suggerito il ministro Cancellieri, e poi ci era tornato Catricalà: se volete piegare la resistenza della Val Susa – hanno suggerito ai loro colleghi dell’esecutivo i due – al bastone bisogna associare una carota che permetta a un pezzo di valle di giustificare e rendere appetibile al resto della popolazione la loro dissociazione dalle mobilitazioni No Tav.
Nei giorni scorsi la proposta è diventata un punto di programma per il governo Monti che infatti ha tenuto una riunione – sui cui risultati ci informa naturalmente la Repubblica – in cui sono stati approntati tre ami: sgravi fiscali, compensazioni e posti di lavoro. Certo, la prospettiva che a occupare le stanze d’albergo della Val Susa rimaste vuote a causa delle proteste e della militarizzazione ci vadano gli operai delle ditte incaricate di scavare i tunnel fa sorridere, e appare quantomeno irrealistica. E pure la scarsità delle risorse che il governo vorrebbe destinare all’acquisto del consenso di una parte della Val di Susa – appena 50 milioni – appare inadatta a vincere una resistenza popolare e trasversale che coinvolge buona parte della popolazione. Finora infatti la ‘disponibilità’ a collaborare alla grande opera in cambio delle compensazioni promesse si limita a registrare poche e scontate adesioni tra chi è da sempre a favore della Tav mentre non si registrano rotture vere e proprie nel movimento di resistenza. Anche la versione pro-Tav di quella che fu la marcia pro-Fiat dei famosi 40 mila di Torino sembra perdere appeal, almeno per ora. Ed anzi qualche esponente politico locale, probabilmente più pragmatico e realista di chi la spara grossa senza preoccuparsi dei risvolti concreti di ciò che si propone, ha cominciato a dire che forse una marcia Si-Tav sarebbe controproducente, perché concederebbe argomenti insperati a coloro che sono contrari. E ieri alcuni quotidiani pro-tunnel parlavano della necessità di esplicitare ed affermare in Valle e nel Paese una posizione diversa rispetto a quella dei No Tav. Definita – con un salto mortale linguistico e un po’ paraculo – No No Tav (!). Deve essere veramente dura, evidentemente, mettersi a capo di un movimento esplicitamente Si Tav.

Intanto dalla valle arrivano i primi no netti alla strategia del bastone – già ampiamente utilizzato – e della carota – per ora in via di definizione. Tant’è che il movimento No Tav insieme ai sindacati di base starebbe concordando uno sciopero generale in tutta la valle per il prossimo 23 marzo. In modo che la paralisi completa della Val Susa renda manifesto ed esplicito il no della popolazione del territorio alla devastazione senza vantaggi rappresentata da quei chilometri di tunnel scavati in una montagna piena di amianto e uranio. Quel famoso referendum di cui cianciava Bersani ospite di Santoro giovedì scorso.

Sgravi, posti di lavoro e hotel pieni ecco il piano per la pace con i No-Tav

di Paolo Griseri e Liana Milella (Repubblica 5 marzo 2012)

ROMA – Tre “bonus” per addolcire l’amara pillola della Tav. Pensati dal governo e destinati ai comuni della Val di Susa. Quelli direttamente coinvolti dai lavori, un paio. Quelli viciniori, altri tre. Quelli dell’area, tra l’alta e la bassa valle, quasi a toccare quota cinquanta. Sta qui, in tre “bonus”, il piano elaborato a palazzo Chigi nell’ormai nota riunione di venerdì – presenti Monti, Catricalà, Passera, Cancellieri, Severino – in cui ha avuto un ruolo strategico Mario Virano, il commissario di governo per la Torino-Lione. Lo stesso Virano che in tv dall’Annunziata scatena una polemica contro i No-Tav. Dice che non ci sono “infiltrati” nel movimento, ma “invitati”, perché il Comitato “regola il rubinetto della violenza secondo una lucida convenienza valutata di caso in caso”. ll leader No-Tav Perino: “Se ci sono gli estremi quereleremo”.

È lo stesso Virano che porta con sé, tra Roma e Torino, il contenuto dei “bonus” sui quali già si scatena la polemica dei No-Tav. Siamo intorno a una cifra che oscilla tra i 27 e i 54 milioni di euro, visto che i “bonus” dovrebbe corrispondere a un importo tra l’1 e il 2% del costo dell’opera, quantificato dal cotè italiano, e cioè 2,7 miliardi di euro.

Primo bonus: poderosi sgravi fiscali per i Comuni coinvolti, in base alla vicinanza. Secondo bonus: un sistema di convenzioni tra la stazione appaltante e i Comuni per

cui tutti i dipendenti dei cantieri mangerebbero e dormirebbero presso i Comuni medesimi. Considerati i tempi dell’opera, dieci anni, è facile intuire quali sarebbero i vantaggi per l’indotto alberghiero. Terzo bonus: i corsi di formazione per gli abitanti della valle che, una volta riqualificati, verrebbero occupati nei cantieri.

Non ha ancora forma definitiva, ma già il progetto divide la politica. Per un Roberto Cota, il governatore del Piemonte, che chiede di suo “misure fiscali e compensazioni per il territorio”, per un Antonio Saitta, il presidente della Provincia, che parla di “idea utile” e rilancia un suo piano del 2009, già si accodano le voci contrarie. No a “monetizzare” per la vendoliana Monica Cerutti; no a “comprare il consenso” per Davide Bono del Movimento Cinque stelle. Ma all’opposto arriva il sì del vice capogruppo Pdl alla Camera Osvaldo Napoli, pure sindaco di Valgioie, che si batte da anni “per chiedere la defiscalizzazione per le attività turistiche e d’impresa”. Alla vigilia di un incontro sul tema tra Cota, Fassino e Saitta un sì pieno arriva anche dal Pd Stefano Esposito.

Soldi dunque. Ai quali si dovrebbero aggiungere i primi 20 milioni di euro del Cipe per le compensazioni. Fatti che dimostrano la volontà del governo di andare avanti. Quella di cui parla Antonio Catricalà, il sottosegretario alla presidenza che ieri ha ribadito la linea Monti, “il dovere morale, politico e civico di andare avanti per non essere allontanati dall’Europa e da una credibilità riconquistata con estrema difficoltà”. Da lui niet deciso al referendum.

Il movimento reagisce con Perino quando manda a dire al premier: “Caro Monti, noi non ci facciamo spaventare da te, tu dei valsusini non ha capito niente”. Parole dure da un contesto pacifico, la “polentata” che ieri s’è svolta nel campo sportivo di Giaglione, dove si sono raccolti militanti e famiglie, tutti col fazzoletto al collo con il treno crociato. Ma la tensione è sempre dietro l’angolo. Luca Abbà migliora lentamente, ma spunta un suo emulo. A sera è Turi Vaccaro, un pacifista che simpatizza coi No-tav, a salire sullo stesso traliccio da cui Abbà è precipitato. Ma stavolta la corrente viene staccata all’istante.

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