Il caso giudiziario arriva nel momento peggiore per il Carroccio, tramortito dall’uscita repentina dal governo e ora isolato sulla scena politica, diviso sempre più chiaramente al vertice (tra “maroniani” e il cosiddetto “cerchio magico” che gestisce un Bossi ridotto al lumicino), ma anche abbastanza scollato tra base e vertice.
Crisi di prospetiva politica e “crisi morale” si sommano improvvisamente. E diventano quasi ingestibili per un partito con una cultura politica troppo semplificata – i “ladroni” erano sempre e solo gli altri, “quelli di Roma” – per poter sfoderare argomenti credibili.
Lo stato delle cose in uno dei tanti articoli usciti in questi giorni.
Il Carroccio col vizietto del capannoneGiovanni Facchinetti MILANO
MILANO
La base leghista, che anche ieri mandava messaggi di solidarietà al suo «grande» Davide Boni, è ancora pronta a giurare che il presidente del consiglio regionale lombardo sia «vittima di una campagna d’odio mediatico-politica». Ma le parole dei pubblici ministeri, con il condizionale d’obbligo, dicono invece che dalle indagini per il giro di tangenti che coinvolge Boni «emergerebbe un sistema Pdl-Lega». Sistema che lega l’inchiesta a carico dell’esponente del Carroccio a quella che portò all’arresto dell’altro membro dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale lombardo, il pidiellino Franco Nicoli Cristiani.
In pratica secondo i pm Lega e Pdl, politicamente alleati, erano complici di un sistema illegale che dall’alto della giunta di Roberto Formigoni diramava i suoi tentacoli in tutto il territorio lombardo. Del resto non è l’iscrizione nel registro degli indagati di Boni a sancire la fine della «diversità dagli altri partiti» della Lega.
La storia del Carroccio è puntellata da episodi che, già da anni, dimostrano che la Lega, al netto delle parole urlate per acchiappare consensi, ha fatto proprie le ambizioni della vecchia politica: l’utilizzo spregiudicato dei posti di potere, sistematicamente occupati.
A Cassano d’Adda, il paese che con l’inchiesta sul suo Pgt ha fatto saltare il tappo, uno dei protagonisti della locale tangentopoli è Marco Paoletti, assessore leghista in paese e consigliere provinciale a Milano. In provincia di Brescia, a Castel Mella, lo scorso anno furono arrestati l’assessore leghista ai lavori pubblici e il capo dell’ufficio tecnico, a sua volta assessore del Carroccio nel vicino comune di Rodengo Saiano. I reati contestati riguardavano delle irregolarità nella concessione di permessi per la costruzione di centri commerciali. Perché è nel settore urbanistico e del territorio che il sistema agisce. Non è un caso che Boni è stato, nella precedente giunta regionale, assessore all’urbanistica, e che i reati che gli vengono contestati riguardano proprio quegli anni.
Come riguardano l’urbanistica altri avvenimenti che, anche se non hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati esponenti del Carroccio, dimostrano la loro complicità. Nella Brianza dei capannoni in due comuni simbolo come Desio e Giussano, gli esponenti locali del Carroccio furono convinti a non opporsi a mega progetti di centri commerciali voluti dal Pdl. A occuparsi di questo compito, il consigliere regionale Massimiliano Romeo, nominato nelle intercettazioni di Massimo Ponzoni, Pdl, anche lui ex assessore formigoniano, finito in manette qualche tempo fa, definito «quello che sta convincendo la Lega a dare il via libera al progetto». A Bolgarello, in provincia di Pavia, grande sponsor della costruzione di un mega centro commerciale è stato Angelo Ciocca, consigliere regionale lombardo. Anche in questo caso non indagato, ma nell’inchiesta «Infinito», quella sulla ‘ndrangheta al Nord, ci sono intercettazioni che lo dipingono vicino al direttore dell’Asl pavese Chiriaco, a sua volta vicino ai boss della locale della ndrangheta. E ancora, a Monza, il sindaco leghista Marco Mariani proprio in questi giorni sta facendo fare un tour de force ai suoi consiglieri per approvare in tempi utili la variante del Pgt che permetterà la cementificazione di un’area verde del territorio comunale, la «Cascinazza». Guarda caso, di proprietà di società riconducibili, come scatole cinesi, a Paolo Berlusconi.
A tutto questo si aggiunga che due attuali assessori regionali leghisti, Monica Rizzi e Daniele Belotti, sono indagati per vari reati. Chissà se qualcuno definirà ancora la Lega partito anti-sistema.
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