Ecco la manovra da 47 miliardi: 1,8 quest’anno
di Marco Mobili e Dino Pesole
Non più tagli lineari, ma dal 2012 un avvio di «spending review» per definire i «fabbisogni standard» di tutte le amministrazioni dello Stato. Se tuttavia si verificheranno scostamenti rilevanti degli obiettivi sarà il ministro dell’Economia a intervenire direttamente sugli impegni di spesa dei singoli ministeri «entro limiti percentuali determinati in misura uniforme rispetto a tutte le dotazioni di bilancio», oppure selezionando e ricalibrando le singole dotazioni. Via XX settembre però non avrà mano libera, visto che prima di intervenire con i tagli dovrà incassare una delibera formale del Consiglio dei ministri. Partirà in contemporanea una vera e propria stretta sull’utilizzo dei residui passivi: in particolare verrà soppressa la possibilità di conservare nel conto residui somme non utilizzate, perché vengano spese nell’esercizio successivo.
Sono alcune delle novità della manovra per complessivi 47 miliardi, limitata a 1,8 miliardi per il 2011 e a 5,5 miliardi per il 2012, e dunque concentrata per gran parte nel biennio 2013-2014 così da raggiungere tra tre anni un deficit vicino al pareggio.
Lavori in corso e confronto
Le consultazioni politiche preliminari di ieri a livello di maggioranza e di Governo confermano l’impianto della manovra che, dopo gli ulteriori ritocchi che saranno apportati nella giornata di oggi, sarà domani mattina all’esame del Consiglio dei ministri insieme alla delega fiscale. Intanto, nel confronto del tardo pomeriggio di ieri a Palazzo Chigi, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti ha indicato ai colleghi dell’Esecutivo i tagli dei vari dicasteri per il piano triennale: per il 2011 la riduzione delle spese si assesterebbe sui 262 milioni, per il 2012 toccherebbe 1,4 miliardi, due miliardi e mezzo per il 2013 e quasi cinque miliardi per il 2014.
Il grande assente della bozza fatta circolare ieri da Via XX Settembre è l’intero capitolo della riduzione dei costi della politica, che comunque dovrebbe aprire il testo del nuovo provvedimento d’urgenza che sarà varato nelle prossime ore.
La manutenzione 2011-2012
Il quadro delle «spese indifferibili» per il 2001 inserite nella bozza del decreto legge mobilita nel totale 1,8 miliardi. In primo piano la proroga della partecipazione italiana alle missioni militari internazionali: vengono stanziati 700 milioni che integrano il finanziamento del primo semestre, in scadenza domani. Ulteriori 36,4 milioni vengono stanziati per assicurare anche nella seconda parte dell’anno il concorso delle forze armate alle attività di controllo del territorio, mentre 314 milioni vengono dirottati alle regioni «per le esigenze del trasporto pubblico locale». In questo stesso capitolo del decreto è inserita la norma che dispone l’introduzione di un sovrapprezzo al canone per l’alta velocità, così da consentire «uno sviluppo dei processi concorrenziali nel settore dei trasporti ferroviari». Ulteriori 200 milioni sono diretti al consentire l’adempimento degli impegni dello Stato italiano che derivano dalla partecipazione a banche e fondi internazionali. Infine, sono in arrivo 64 milioni per la gestione dei mezzi della flotta area della Protezione civile.
Il controllo della spesa
Le analisi che dal 2012 dovranno portare l’Economia e la Ragioneria ad individuare i fabbisogni standard per le singole amministrazioni centrali, serviranno ad evitare la duplicazione di strutture e allo stesso dovranno individuare le best practices da esportare. Fabbisogni che dall’anno successivo dovranno essere rispettati sulle base di piani triennali per il superamento della spesa storica sulla base di valori peredeterminati secondo una tabella allegata al decreto (la bozza non la prevede ancora). Per chi non lo farà, scatterà ancora una volta la scure dei tagli lineari. A fare eccezione saranno i fondi per il finanziamento ordinario delle università, nonché le risorse destinate alla ricerca, all’istruzione scolastica e al finanziamento del 5 per mille dell’Irpef. Nel processo di razionalizazione della spesa pubblica un ruolo strategico, secondo i tecnici di via XX Settembre, sarà affidato alla centralizzazione degli acquisti.
Enti e organismi pubblici
Aziendalizzazione della Croce rossa italiana, federalizzazione dell’Anas, commissariamento dell’Istituto sul credito sportivo e accorpamento dell’istituto Luce e Cinecittà. Ancora tutta da scrivere, invece, la norma sull’Istituto per il commercio estero di cui nei giorni scorsi si ipotizzava la soppressione. La razionalizzazione degli enti pubblici partirà, dunque, dalla Croce rossa: dal 1° gennaio 2012 la Cri svolgerà la sua attività in regime di diritto privato come associazione umanitaria a carattere volontario. Dal 1° gennaio 2012, infine, dalle ceneri di Anas Spa sarà costituita Anas Holding Spa la quale parteciperà alla costituzione di società per lo svolgimento all’estero di attività infrastrutturali, nonché alla gestione delle partecipazioni in società concessionarie autostradali, anche regionali
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La stangata ad orologeria
di MASSIMO GIANNINI
UNA LEGGE-TRUFFA per galleggiare fino alla fine di questa legislatura. Poi l’abisso, a spese di quelli che verranno. La manovra che il governo Berlusconi approverà domani in Consiglio dei ministri colpisce non per la sua entità (con la quale soddisfa effettivamente i target quantitativi concordati con la Ue) ma per la sua “slealtà” (con la quale scarica colpevolmente gli impegni qualitativi sui prossimi governi). Questa manovra illude gli italiani, inganna l’Europa e imbroglia i mercati.
Il centrodestra, che ha inventato a suo tempo la “finanza creativa”, lancia adesso la “finanza tardiva”. La perfida ipocrisia del decreto è racchiusa non tanto nella sua nella sua dimensione economica, ma nella sua scansione temporale. Dei 47 miliardi di sacrifici totali che lo compongono, i pannicelli caldi saranno somministrati nel primo biennio (1,8 miliardi nel 2011 e 5,5 nel 2012). Le lacrime e il sangue, invece, saranno concentrate nel secondo biennio (20 miliardi nel 2013 e altri 20 nel 2014). La frode politica contenuta nell’operazione è chiarissima. Nei due anni che restano alla coalizione Pdl-Lega i contribuenti sentiranno le carezze. Dall’anno successivo, cioè in concomitanza con il ciclo elettorale, patiranno le stangate. Stangate a orologeria, dunque.
La responsabilità del doloroso ma doveroso rientro dal deficit e dal debito pubblico, in altri termini, sarà in carico al futuro governo, perché quello in carica non ne vuole sapere. E i costi più dolorosi del risanamento dei conti non lo sosterranno i contribuenti che hanno votato per l’alleanza forzaleghista il 13 aprile 2008. Li pagheranno invece le future generazioni, come da collaudata tradizione dei politicanti della Prima Repubblica, abbracciata senza riserve dai replicanti della Seconda.
Nel metodo, alla vigilia del vertice di Palazzo Grazioli la domanda cruciale era: chi vincerà il duello, tra il rigorista Tremonti e il lassista Berlusconi? Alla luce di ciò che vediamo, non ha vinto nessuno dei due contendenti. Ha perso l’Italia. Lo scontro in atto non era tra due irriducibili forze, ma tra due resistibili debolezze. Tremonti – isolato nel governo, privato del sostegno di Bossi e sostenuto solo dalla sponda indiretta di Bruxelles e delle agenzie di rating – ha dimostrato di non avere la forza per mettere alle corde i suoi troppi nemici interni. Berlusconi – azzoppato dagli scandali, fiaccato dall’epistassi della sua piattaforma politica e gravato dal peso del “vincolo esterno” – ha dimostrato di non avere la forza di mandare al tappeto il suo ministro dell’Economia. Il risultato di questo match non poteva che essere un compromesso al ribasso, in perfetto stile doroteo. Nel merito, è vetero-democristiana l’abitudine a infarcire di ipocrisia le manovre a cui manca la fantasia. Due soli esempi: il ripristino dei ticket sulla sanità e il blocco del turn-over nel pubblico impiego.
Non c’è stato governo Andreotti dei fetenti Anni Ottanta che non abbia inserito misure del genere nella sue Finanziarie balneari. Misure che colpiscono i soliti ceti medio-bassi e preferibilmente del pubblico impiego, per altro già ampiamente bastonati dalla Legge di stabilità da 25 miliardi varata l’anno scorso, e notoriamente schierati nell’area elettorale del centrosinistra. La famosa “Italia peggiore” di Brunetta, da colpire senza pietà e senza equità. Per il resto, le norme buone stingono dentro un quadro di incertezza contabile. L’accelerazione degli interventi sulle pensioni è positiva, ma presupporrebbe un intervento contestuale a vantaggio delle prestazioni minime (ormai da fame) e delle prestazioni integrative (ancora da implementare). Il taglio dei costi della politica sarebbe eccellente, se l’operatività degli interventi non fosse (anche in questo caso) rimandata nel tempo, come nel caso della riduzione degli stipendi dei parlamentari (ma solo a valere dalle prossime elezioni) o della limitazione delle auto blu (ma solo ad esaurimento del parco macchine attualmente in circolazione).
Come si raggiungeranno i 47 miliardi nel quadriennio? Il capitolo della previdenza, quello della sanità, e quello dei ministeri, dovrebbero valere grosso modo 6 miliardi ciascuno. Il totale fa 18. Da dove arriveranno gli altri 29? È un mistero. Dal mistero alla beffa: che dire dell’ulteriore colpo di scure su una scuola già distrutta, con l’accorpamento delle cattedre e il dimezzamento dei docenti di sostegno? E dalla beffa alla farsa: che dire dell’ennesima norma sulle liberalizzazioni? Si prevede un “accesso più facile al settore delle professioni”, ma esclusi “i notai, gli architetti, gli ingegneri, i farmacisti e gli avvocati”. Non si capisce quali professioni restino, tra quelle da liberalizzare: salvata la rendita delle corporazioni più potenti, il governo aggredirà forse quella dei barbieri, degli idraulici, dei fisioterapisti.
Su queste basi, la legge delega sul fisco non promette niente di buono. E su queste basi, non è affatto certo che le “locuste della speculazione”, invece di essere confortate, non si sentano autorizzate ad aggredire questa povera Italia, fragile nell’economia e irresponsabile nella politica. Del resto, a dispetto degli allarmi e dei penultimatum, questa manovra non è che l’ultimo “test”, per verificare se la crisi di governo si apre subito e si va a votare in autunno. Il compromesso doroteo implicito in questa legge-truffa consente al Cavaliere di resistere, almeno fino al 2012. Se poi sul Paese si scatena il diluvio, poco male. Saranno problemi del centrosinistra, se vincerà le elezioni. Perché devo fare qualcosa per i posteri? Cosa hanno fatto questi posteri per me? Un tempo era il motto di Groucho Marx. Oggi è la regola di Silvio Berlusconi.
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