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Signori della guerra afghani: chi ci parla, chi no, chi maledice il pasticcio

Siamo andati alla fonte – evitando, noi sì, di parlare con Mahaqiq perché non ce n’era motivo – e riportiamo le voci di chi voleva partecipare all’incontro e di chi l’ha boicottato.

L’onorevole Jean Leonard Tuadì del Partito Democratico, membro della Commissione Affari Esteri e della Commissione Affari Nato, uno dei mancati interlocutori di Mohaqiq definisce la vicenda “Un brutto pasticcio. Quando Romulo Salvador, consigliere aggiunto per il Comune di Roma, mi ha chiesto l’adesione riferiva di un incontro con la comunità afghana senza far cenno alla presenza dei Mohaqiq. Personalmente mi sentivo rassicurato dall’invito del Comune perché sapevo, avendone fatto parte con la precedente Giunta, che esisteva un severo vaglio delle iniziative internazionali. Quando sono scoppiate le polemiche sollevate da alcune associazioni stavo rientrando da una trasferta in India. Le proteste di quelle associazioni riprese dai colleghi di partito (Della Seta e Ferrante, ndr) sono diventate anche le mie rimostranze. Su talune vicende e certi personaggi bisogna essere chiari e denunciare i criminali di guerra”. Chiediamo il pensiero di Tuadì sul sistema della cooperazione internazionale che a volte si presta a iniziative autoreferenziali e accetta i finanziamenti assieme alle missioni militari, come avviene in Italia. “E’ vero accade, ma non lo ritengo scandaloso. Le iniziative umanitarie e di ricostruzione sono ben distinte da quelle militari. Ormai la strada è consolidata dai tempi delle missioni nei Balcani. Se prendiamo la situazione dell’Afghanistan c’è chi come Intersos si presta a ricevere finanziamenti per la cooperazione votati in aula assieme a quelli per la missione Isaf e chi come Emergency sostiene il proprio intervento umanitario svincolato da quei finanziamenti. Sono filosofie diverse ma penso che lo scopo umanitario sia reciproco. Comunque fondi differenziati per il sostegno delle azioni civili eviterebbero l’ambiguità che la cooperazione si strascina dietro”.

Nino Sergi, rappresentante della struttura di cooperazione internazionale Intersos, non si crea problemi “E’ vero che Afgana e Intersos sono stati invitati dal consigliere comunale responsabile per l’Asia a un incontro col Presidente della Commissione Giustizia del Parlamento afghano. E’ vero che abbiamo accettato. Il personaggio, discutibile come l’80 % degli altri personaggi politici afghani, è pur sempre l’espressione di un’Istituzione che merita rispetto. In ogni caso, dato che per esempio in Somalia sono andato a parlare con persone iscritte nella lista internazionale dei terroristi, per capire la loro visione e per dire loro la mia visione sul possibile processo di pacificazione, non capisco perché non dovrei farlo con questo politico afghano”. Più chiaro di così. Sulla stessa lunghezza d’onda Emanuele Giordana animatore di un’altra componente della cooperazione italiana nel Paese mediorientale denominata Afgana. “Quando sono stato invitato alla tavola rotonda del Campidoglio non mi era stata riferita la presenza del signor Mohaqiq. Poi l’incontro è venuto meno per le polemiche sollevate da alcune associazioni e per la retromarcia dei politici del Pd. Io e l’amico Sergi avremmo comunque partecipato al colloquio perché il passato pur sanguinario di Mohaqiq non è diverso da quello di numerosi esponenti del Parlamento e delle Istituzioni afghane. Il vicepresidente Khalili ha alle spalle molte imprese criminali ma come Mohaqiq è attualmente un rappresentante afghano con cui i politici occidentali non possono fare a meno d’interloquire, e nepure noi impegnati nella cooperazione. Perciò ieri Afgana e Intersos hanno avuto un colloquio, pur privato con questo signore. Mentre Staffan De Mistura ne ha avuto uno ufficiale, a nome del governo italiano. A chi compie distinguo sulla classe politica afghana chiedo chi siano i personaggi pubblici di quel Paese che incontra. Nella migliore delle ipotesi sono coinvolti in casi di corruzione, Karzai è l’esempio più illustre. Nei peggiori si tratta di Signori della Guerra. In politica estera il purismo porta a una deleteria immobilità. La cooperazione internazionale ha minor peso di coalizioni e nazioni ma non è detto che non venga ascoltata. Porto quest’esempio. Nell’incontro privato abbiamo chiesto a Mohaqiq se fosse d’accordo col “Codice di condotta”, un recente editto degli Ulema che Karzai ha avallato. L’ha fatto personalmente, usando la decisione per rapporti di forza interni. Abbiamo fatto presente che una simile decisione riporta indietro la condizione della donna all’epoca talebana, rilanciando l’obbligo di accompagnamento di un uomo della famiglia durante le uscite dall’abitazione. Mohaqiq ci ha risposto che il Parlamento potrà rifiutarsi di tramutare in legge questo codice. Insomma il dialogo non può venire meno se si vogliono riconquistare spazi in quella nazione”. E sugli intralazzi di tanta cooperazione internazionale cosa pensate? “Il problema esiste. Si disperdono fondi e la popolazione è la vera vittima di certe cattive gestioni ma non mi pare una buona ragione per sospenderla. Se attualmente diversi giovani afghani vanno a scuola, se la popolazione, magari non numerosissima, può curarsi è grazie alla cooperazione internazionale. L’impegno militare può contare su 2 milioni di euro al giorno, la cooperazione su 37 milioni l’anno, c’è una sperequazione è assoluta eppure andiamo avanti. Perché se eliminiamo anche questi fondi dove finiranno i denari? Al ponte sullo Stretto? Anch’io concordo sull’opportunità di svincolare i finanziamenti dei veri aiuti ai civili da quelli militari così ciascuno può rispondere solo di ciò che fa”.

Perentoria la posizione del Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) che si è spesa per ostacolare l’iniziativa pubblica di Mohaqiq, centrando l’obiettivo. Dichiara Patrizia Fiocchetti, attivista romana del gruppo “Quando ti siedi a un tavolo con un assassino diventi comunque un suo connivente. La nostra associazione sostiene in Occidente l’impegno che Rawa (Revolutionary Association Women Afghanistan) attua in Afghanistan. Per comprendere quanto siano lontane le posizioni di Rawa, e nostre, dal criminale Mohammed Mohaqiq riporto alcune recenti note riprese dal sito web di Hezb-e-Wahdat, il partito di cui Mohaqiq è motore.”… dobbiamo far capire a questo gruppo (Rawa) criminale e mafioso che se in Afghanistan operano con i nemici del popolo hazara e delle altre etnie, in Europa non gli permetteremo di approfittare dell’atmosfera di libertà per fare propaganda contro il nostro popolo…”. E ancora “La rete internazionale hazara chiede agli hazara in Italia, Olanda e nel resto dei Paesi europei di attivarsi contro questo gruppo fascista… (Rawa, ndr)”. Personalmente ho conosciuto e parlato con parenti delle vittime delle truppe di Mohaqiq che mi hanno ricordato gli scempi di quest’uomo. Non voglio impressionare, però non dimenticherò mai lo sguardo disperato di una donna diventata anzitempo anziana per il dolore. Riferiva della crudeltà con cui Mohaqiq le fece portare davanti da alcuni scagnozzi una cesta che conteneva le orbite prelevate ai giovani catturati che rifiutavano di combattere con le sue truppe. Sicuramente c’erano anche gli occhi di suo figlio. Per questo siamo categoriche: non si può parlare con un criminale, come è impossibile qualsiasi dialogo con altri Signori della Guerra, si chiamino Sayyaf, Hekmatyar, Khalili. Non ci si può parlare neppure se ora si ammantano di incarichi istituzionali. Un passo del genere ci farebbe sentire collusi. A chi pensava di partecipare a quel consesso dico: come si fa a sostenere un impegno umanitario e poi rivolgersi a quest’individuo che ha appoggiato quella legge contro le donne sciite che ammette lo stupro fra le mura domestiche? Come si può colloquiare con un carnefice che impartiva ordini per massacrare persone indifese? Mohaqiq è uno degli assassini del popolo afghano che ha evitato di comparire davanti ai Tribunali Internazionali in virtù di un’amnistia generale promossa da Karzai, avallata dagli Stati Uniti e dall’alleato italiano che aveva il mandato, nell’ambito della missione Isaf, della ricostruzione del sistema giudiziario. Non ci potrà essere ricostruzione del sistema statale se non ci sarà una ricucitura delle ferite mortali inferte al popolo afghano attraverso la condanna penale e politica di simili personaggi. Mohaqiq è uno dei molti assassini riciclati nell’establishment afghano per volere anche occidentale, il nostro dovere è denunciarne il passato di quest’accozzaglia, smascherare le pratiche attuali, non consegnargli una patente rappresentativa. Se lo fanno i governi, la cooperazione internazionale dovrebbe distinguersi. Come quei parlamentari che parlano di pasticcio hanno il dovere istituzionale d’informarsi. Siedono nei Palazzi anche per questo”.

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