È l’immagine che salta fuori con prepotenza dal caso degli “esodati”, lavoratori che sono usciti dal lavoro alla fine dell’anno scorso in base ad accordi aziendali, secondo la dinamica prevista dai pre-pensionamenti. Ma che sono incappati nella tagliola di una “riforma delle pensioni” fatta con l’accetta e senza pensare. L’aumento improvviso dell’età pensionabile, senza alcuno strumento per gestire la “transizione” da un regime all’altro, ha lasciato un numero fin qui imprecisato di lavoratori in età decisamente matura – quindi non riassumibili da altre aziende – senza più il lavoro ma anche senza assegno pensionistico.
Vittime di una truffa in piena regola da parte dello Stato, che in base a una legge li ha fatti licenziare anzitempo, mentre faceva una seconda legge – “per il bene e l’interesse generale del paese”, ovviamente – che rendeva impossibile il ritiro dal lavoro.
Fin qui si era parlato di 70.000 persone prese in mezzo a questa tagliola. Gli “estremisti” della Cgil avevano abbozzato un calcolo in base alle vertenze, e parlavano di oltre 100.000. Ora un convegno ha reso noto la cifra semi-ufficiale: 350.000. Una città come Firenze improvvisamente messa sul lastrico, senza un reddito certo, se non quello proveniente dai risparmi di una vita (quando ci sono).
Abbiamo scelto di commentare la cosa inframezzando l’articolo de Il Sole 24 Ore sull’argomento. Perché lo sforzo titanico dell’autore di “ammorbidire” la realtà è veramente il segno di un servilismo dell’informazione degno di altre epoche ed altri regimi.
Entro giugno il decreto sul «caso-esodi»
MILANO – Il numero di lavoratori usciti dalle aziende in vista di un traguardo previdenziale che si è allontanato con la riforma di Natale «è molto superiore a quello preventivato», e di conseguenza «bisogna ritarare le forme di tutela» previste dalla normativa e «trovare criteri equi per proteggere i più deboli».
Red. La prima ammissione è proprio del ministro Elsa Fornero, “ideatrice” dell’esperimento sulla carne viva di tanta gente. La frase «il numero è molto superiore a quello preventivato» ci restituisce intanto due informazioni. a) Si sapeva perfettamente che si sarebbe creata una fascia di persone senza più reddito; b) I calcoli effettuati erano del tutto sbagliati. A un’intenzione criminale (“tecnicamente”: si è deciso di truffare e impoverire radicalmente una certa quantità di persone), insomma, si è unita un’incapacità “tecnica”, di fare i conti. E non doveva essere complicatissimo, con i dati dell’Inps in mano e qualche buon software… Complimenti alla cattedratica che con tanta supponenza ci apostrofa dal suo scranno!
Nel suo intervento al TuttoPensioni 2012, il convegno che Il Sole 24 Ore, in collaborazione con ministero del Lavoro e Inps, ha dedicato ieri alla riforma previdenziale, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero ha affrontato fin dall’inizio il nodo degli «esodati», cioè di quanti rischiano un lungo periodo senza reddito perché sono usciti dal mondo del lavoro, facendo affidamento sul vecchio calendario per il pensionamento, ora rivoluzionato dalla riforma. Il ministro Fornero è intervenuta verso le 11, in collegamento-video da Roma. «Mi spiace non essere a Milano con voi, ma ho dovuto anticipare il mio arrivo a Roma per gli impegni collegati alla trattativa sulla riforma del lavoro». Il convegno era stato aperto alle 10 da Donatella Treu, amministratore delegato del Sole, ed è stato moderato dal direttore Roberto Napoletano.
Red. Fermate i cattivi pensieri. Donatella Treu non è figlia del Tiziano che ci ha regalato il primo “pacchetto” di leggi che hanno legalizzato il caporalato in Italia.
Il primo problema per garantire i vecchi requisiti della pensione per molti lavoratori, coinvolti per esempio in procedure di mobilità o in accordi individuali con uscita incentivata dall’impresa, è legato al numero dei possibili interessati, dettato dalle conseguenze occupazionali della crisi economica vissuta nel 2010-2011. La versione originale del decreto «Salva-Italia» aveva previsto che il paracadute si aprisse per 50mila persone, poi la legge di conversione e il Milleproroghe hanno sostituito la previsione con un contingente ancora da calcolare sulla base delle risorse messe a disposizione (245 milioni per il 2013, a crescere fino ai 1.220 per il 2016). In base ai calcoli condotti in queste settimane dall’Inps (che tuttavia non conferma ufficialmente il dato), gli ex lavoratori in mezzo al guado rischiano di attestarsi poco sopra quota 350mila, un numero ingestibile con la dotazione finanziaria prevista dalla legge. Di qui il ragionamento del ministro, che si dice «consapevole della grande ansia personale vissuta da chi ha accettato l’uscita dal lavoro in vista di un traguardo previdenziale non lontano» ma chiede «pazienza fino al 30 giugno per l’emanazione del decreto» che fisserà le regole per chiedere l’esonero dalla riforma. Occorrerà, in quella sede, calibrare le tutele anche perché il finanziamento extra passa da un incremento delle aliquote contributive, che rischia di cozzare contro la riforma del mercato del lavoro in discussione in questi giorni. Nonostante le difficoltà, che nei mesi scorsi hanno spinto il Parlamento a intervenire più volte sulla questione ridisegnando i parametri per ambire alla tutela (si veda anche l’articolo a pagina 11), Fornero rivendica però la scelta di mettere in campo «una riforma di grande impatto strutturale» in una fase di emergenza in cui fra i rischi c’è stato anche quello di «non pagare una parte delle pensioni o degli stipendi pubblici». Alla base della decisione adottata, nella ricostruzione del ministro, c’è poi l’esigenza di superare una fase in cui «gli esodi incentivati hanno rappresentato uno strumento troppo facile per mettere a carico della collettività forme di pensionamento anticipato. Queste regole, oggi, non sono più sostenibili».
Red. Passaggio faticoso e contorto, sia per il ministro che per il povero cronista. Intanto viene quantificato l’errore: il governo, nella persona della Fornero, pensava di mandare a spasso “appena” 50.000 lavoratori. Siccome non sono bravissimi nel pensare le norme – lo dicessero: stiamo improvvisando… – hanno compromesso la vita di 350.000 famiglie. Bell’aiuto alla “crescita”, no?
Le “risorse” previste, chiaramente, si sono rivelate insufficienti. Sette persone là dove doveva essercene una sola sola… Qui il colpo di genio italico soccorre sempre: “abbiate pazienza fino a giugno” perché il ministro dalla lacrima facile si rende perfettamente conto della vostra “grande ansia personale”. Anzi, l’aveva messa in conto…
A giugno come si pensa di mettere riparo? Con un decreto, e vabbeh; ma con quali risorse?. Mistero. Certo servirà un “nuovo contributo”. Non è detto a carico di chi ma ve lo possiamo dire noi: di chi lavora. Tutte le “riforme” fin qui pensate, infatti, seguono il principio del “risparmio” o quanto meno del “costo zero” per l’erario. Insomma, le risorse in più devono venir fuori non dalla fiscalità generale o dal recupero dell’evasione, ma dai redditi dei lavoratori rimasti attivi.
Nonostante questi disastri, il ministro non ha cambiato idea: “i pre-pensionamenti non sono più possibili”, dice. E infatti ha dovuto inserire una norma, nella sua “riforma del mercato del lavoro”, che prevede di costituire fondi – ancora una volta tramite contributi a carico di aziende e lavoratori, ovvero soltanto dei lavoratori (immaginate di andare a trattare per aumenti salariali: vi risponderanno “o i contributi o l’aumento, tutti e due no”) – per finanziare un’uscita anticipata dal lavoro per gli “anziani” che le aziende non vogliono più tenersi in servizio. Il genio di Fornero è quindi evidente: allungo l’età pensionabile di 4-5 anni, metto per strada senza nulla 50.000 persone (sono invece 350.000), poi – siccome le imprese non sanno che farsene degli over 60 – istituisco un fondo per “accompagnare alla pensione” (ossia pre-pensionare) questi vecchietti spremuti come limoni. Dov’è il guadagno, ci chiedete? Ma è chiaro: gli daranno molto meno di quanto prevede la cassa integrazione, la mobilità e persino il nuovo “Aspi”. O la pensione, naturalmente.
Rimane aperto, poi, anche il capitolo delle ricongiunzioni, rese onerose nel 2010. Il ritorno alla gratuità è reso impossibile dal costo (oltre 1,4 miliardi all’anno, secondo la Ragioneria generale); sul punto il ministro non va oltre la sottolineatura che «occorre affrontare questo argomento con equilibrio, tenendo conto degli interessi in gioco». La strada alternativa, secondo il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl), è quella di «puntare sulla totalizzazione, riducendo i vincoli e i disincentivi economici che la caratterizzano nel calcolo dell’assegno».
Red. Tra le tante truffe di questo governo, ce n’è una che va addebitata al precedente, Berlusconi-Sacconi. La ricongiunzione della vita contributiva era stata resa “onerosa” – ovvero con un costo da pagare all’atto della “ricongiunzione” dei vari periodi – perché si pensava che con la precedente riforma delle pensioni (che innalzava improvvisamente l’età pensionabile per le donne impiegate nel settore privato) ci sarebbero state un sacco di richieste di passaggio dal privato al pubblico. Non è avvenuto, ma la “ricongiunzione onerosa” è rimasta. Ma quanto può costare? Gli esempi sono ormai numrosi, ma per i casi-limite si arriva anche a 250-300.000 euro. Ovviamente si tratta di figure di livello dirigenziale, per i normali impiegati si arriva a 50.70.000 euro. In pratica, ti chiedono indietro la liquidazione per mandarti in pensione con tutti gli anni di servizio che ha effettivamente prestato.
Una curiosità finale. Tutte le “ricongiunzioni onerose” riguardano lavoratori che nel corso della loro vita hanno cambiato almeno una volta occupazione (es: da dipendente a sindacalista, dal pubblico al privato o viceversa). Immaginate quale sorte attende i giovani – che Fornero e Monti dicono di voler “aiutare” – quando toccherà a loro di “ricongiungere” una carriera contributiva saltabeccante tra 20 o 30 lavori diversi, con contratti diversi, con numerosi passaggi dal precariato pubblico a quello privato. Un crimine sociale a orologeria.
Naturalmente il ministro dice che la ricongiunzione non può tornare gratuita perché “costa 1,4 miliardi”. È falso ancora un volta: si tratta di calcoli da effettuare in automatico, all’interno del medesimo istituto di previdenza (visto che ormai l’Inps sta assorbendo l’Inpdap, che aveva fin qui gestito i dipendenti pubblici). Al massimo si tratterebbe di “mancati introiti”. Ma mica rinunciano al bottino della rapina, questi…
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
marco arfaioli
qualsiasi asino, senza voler offendere gli asini, avrebbe fatto una vera e seria riforma, curando sia gli aspetti di risparmio che gli adeguamenti di eta’(graduali, in fondo l’obiettivo e’ 2060 -libro bianco UE) ma la professorina doveva fare la prima della classe, far vedere al suo Monti quanto era brava e rendere felici i suoi amici banchieri. Condivido, i tecnici di devono occupare di cose tecniche, le riforme le devono fare i politici e ne rispondono agli elettori. e le Rifirme si fanno con la concertazione, questa oltre che evidentemente incapace e’ pure arrogante e ignorante. I politici li devono costringere a modificare in toto il massacro pensioni e come minimo inserire tutele per chi aveva fatto un accordo con lo stat
Roberto Maria Bacci
i politici sono doppiamente maiali…non solo non dovevano permettere che ci fosse una Fornero di turno…ma quello che ha fatto la Fornero loro l’hanno votato, dimostrando che la politica e i politici di oggi hanno dimostrato di essere incapaci, codardi e ancora interessati agli interessi biecamente personali.
Speriamo che domenica 25 marzo Report sappia fotografare il dramma degli esodati.
gino chiffi
E tutti questi misfatti e canagliate sotto la sponsorizzazione eccellente del Capo dello Stato che ha fortemente voluto il Governo Monti; ora il suo silenzio assordante lo rende complice di questa ciurma di delinquenti, non trovo altra definizione per chi devasta la vita di 350.000 famiglie.